Schengen torna al centro del dibattito europeo. Il commissario agli Affari interni, Dimitris Avramopoulos, ha chiesto di tornare al “normale funzionamento” dell’area, ponendo fine ai controlli alle frontiere interne introdotti nel 2015 da Germania, Austria, Danimarca, Svezia e Norvegia per la crisi dei rifugiati. “Penso che le principali ragioni per tutti questi Paesi per il prolungamento dei controlli alle frontiere interne non ci siano più, ma ne discuteremo”, ha detto.
No di Germania e Austria
Sul punto, però, Germania e Austria continuano a essere in disaccordo. Thomas de Maizière, ministro dell’Interno tedesco, ha annunciato l’intenzione di mantenere i checkpoint attivi oltre la scadenza prevista dalle regole comunitarie. “Abbiamo i controlli su base europea attivi fino a novembre. Quattro settimane prima, dovranno essere prese diverse decisioni“, ha spiegato prima di una riunione con gli altri ministri dell’Interno dell’Ue. “La posizione della Germania continua a essere la stessa: fino a quando le frontiere esterne europee non saranno sufficientemente sicure, serviranno controlli alle frontiere interne”. Stesso concetto espresso dal suo omologo austriaco, Wolfgang Sobotka. “Il pericolo latente delle attività terroristiche e della radicalizzazione ci mostrano che migrazione, integrazione, ed estremismo sono interconnesse. Abbiamo bisogno dei controlli per osservare meglio i movimenti in Europa“. Secondo l’esponente di Vienna “la Commissione europea valuterà la nostra proposta e a fine settembre riceveremo la loro contro-proposta, su cui poi continueremo a discutere”. Il ministro austriaco si è mostrato anche piuttosto scettico all’idea dell’ingresso di Bulgaria e Romania nell’area Schengen a breve.
La proposta
All’irrigidimento di Austria e Germania, Avramopoulos ha risposto annunciando la presentazione di “un pacchetto per rafforzare l’area di libera circolazione Schengen, incluso un aggiornamento del Codice delle frontiere“. Pur rimarcando che i controlli legati alla pressione migratoria nei Balcani occidentali dovranno concludersi a novembre, il commissario Ue ha riconosciuto “le nuove sfide alla sicurezza, così come dimostrato dai recenti attacchi a Barcellona e Turku. Il codice delle frontiere Schengen potrebbe non essere sufficiente a affrontarle”.
La posizione francese
Più moderata la posizione della Francia. “Da noi la questione del terrorismo è ancora acuta – ha spiegato il ministro dell’Interno, Gerard Collomb – Dobbiamo avere i mezzi per controllare le frontiere. Abbiamo sollevato la questione qualche tempo fa col collega tedesco e da quello che ho sentito dal commissario, ha intenzione di ammorbidire il codice Schengen senza rimettere in questione la libera circolazione, ma permettendo il controllo delle frontiere contro il terrorismo. I controlli finiscono a novembre perché abbiamo ottenuto un tempo limitato e quindi l’idea che sviluppiamo è di avere un po’ più di tempo ed abbiamo indicato un periodo di due anni. Penso che la proposta che era sostenuta da un pugno di Paesi, oggi sia sostenuta da molti Stati e penso che ci sarà un’accoglienza favorevole”.
Slovacchia favorevole
Favorevole alla riapertura di Schengen è, invece, la Slovacchia. “Quest’anno celebriamo i dieci anni del grande allargamento di Schengen e penso che i controlli interni non siano il giusto regalo per questo anniversario. Penso sia necessario interromperli” ha detto il ministro dell’Interno slovacco Robert Kalinak – “Credo che questa richiesta sia più una questione politica, che una necessità reale. Vedremo dopo le elezioni, penso che la situazione sarà abbastanza diversa“. Kalinak ha detto anche di essere “fortemente a favore dell’ingresso di Romania e Bulgaria nell’area Schengen. E’ un passo importante e l’abbiamo chiesto per gli ultimi due anni”.