Categories: Primo piano

ATTENTI AL CANE… E AL PADRONE

Logo Interris - ATTENTI AL CANE... E AL PADRONE

Logo INTERRIS in sostituzione per l'articolo: ATTENTI AL CANE... E AL PADRONE

Sono i nostri migliori amici: affettuosi, giocherelloni, fedeli. Ci restano vicini quando siamo ammalati o tristi, sempre pronti a coccolarci e a comunicarci che loro, in qualsiasi circostanza loro ci sono. Ci accompagnano nella vita quotidiana dalla notte dei tempi, un tempo aiutavano i nostri progenitori nella caccia e nella difesa della famiglia. Oggi, se ben addestrati e curati, possono svolgere anche una rilevante funzione sociale e terapeutica, specie a favore dei disabili. Il connubio uomo-cane è talmente radicato che spesso ci dimentichiamo della loro natura. Del fatto che sono animali e, come tali, mantengono tratti e abitudini diversi dai nostri, con cui bisogna sapersi confrontare. Soprattutto quando si ricordano di essere lupi e di avere nel dna l’istinto del predatore. Basta poco, un gesto sbagliato, un odore o una mossa avvertiti come pericolosi per provocare una tragedia. Come quella che ha coinvolto domenica sera una bambina di 11 anni a Pino Torinese, azzannata al volto dal rottweiller di alcuni amici di famiglia con cui stava, innocentemente, giocando. Un ringhio e le mascelle dell’animale si sono serrate attorno al suo volto, rendendo necessario l’intervento degli adulti per salvarle la vita e, successivamente, una delicata operazione di plastica maxillo facciale.

Un caso che riapre il dibattito sul rapporto tra uomo e animale, troppo spesso improntato in modo paritario, come se un cane smettesse di essere tale solo perché gli mettiamo un cappottino o lo trattiamo come un figlio. Perché quando smettiamo di essere “padroni” e cominciamo a essere “papà” o “mamma” la bestia diventa dominante, esattamente come farebbe in natura. E si comporta come vuole, specie con gli estranei e a maggior ragione se si tratta di minori. I precedenti, purtroppo, non mancano. Pochi giorni fa a Lecce una bimba di tre anni è stata costretta a subire l’amputazione della gamba, dilaniata dall’attacco del pitbull dello zio, ora indagato per omessa custodia.

Ancor peggio è andata a una ragazzina di due anni e mezzo di San Martino al Tagliamento (Pordenone), sbranata da un pastore belga di proprietà di alcuni familiari il 25 maggio scorso. Inutile è stata la corsa in ospedale: le ferite al collo erano talmente profonde che la piccola non ce l’ha fatta. Stesso destino che sarebbe, probabilmente, toccato a un bimbo di Monza, azzannato a gennaio da uno dei tre rottweiler della famiglia mentre stava giocando in giardino e salvato da tre passanti, richiamati dalle urla disperate della madre. Andando indietro nel tempo, nel 2014, c’è la terribile storia della piccola di tre anni sbranata dal suo stesso pastore tedesco a Fiano Roma, vicino Roma. Pochi mesi prima un altro minore, a Lampedusa, era stato assalito e morso nelle strade dell’isola, dove stava trascorrendo una in vacanza con i genitori, riportando gravi ferite al viso e alla testa.

Ma perché i cani attaccano così spesso i bambini? Se si tratta di neonati capita che, talvolta, non li riconoscono come persone. Sono più piccoli, non camminano su due zampe ed emettono suoni diversi da quelli degli adulti che vengono scambiati per i richiami di una preda. Nel caso abbiano un’età superiore sono i movimenti bruschi e le molestie, spesso inconsapevoli, a mettere a rischio il ragazzino. Per questo gli esperti consigliano di insegnare al pargolo a rispettare l’animale, a non maltrattarlo, in modo da evitare possibili, fatali, reazioni. Un’altra regola aurea è di non lasciare mai soli bimbi e cane e di tenerli sempre sotto controllo. Non va dimenticato che il migliore amico dell’uomo considera la famiglia il suo branco e, quindi, è tendenzialmente geloso dei nuovi arrivati, figli compresi.

Le aggressioni, in ogni caso, possono riguardare anche le persone adulte. Atroce è la storia di Lidia Bider, 83enne di Carisio (Vercelli), scoperta, il 19 giugno 2013, dai carabinieri della stazione di Santhià e della Compagnia di Vercelli. Quando i militari arrivarono nell’abitazione si trovarono davanti una scena raccapricciante: la signora era stata sbranata nel suo letto da un dalmata di razza spagnola e da un rottweiler tenuti nella stanza della pensionata. Pochi tempo prima una 60enne era stata assalita da due pitbull mentre portava a passeggio il suo cane. Nell’aprile del 2013, poi, un uomo del Pavese è stato ucciso dal Dogue de Bordeaux di un amico che glielo aveva affidato per alcuni giorni. Infine ricordiamo il caso di un uomo di Massa Carrara, assalito nel 2012 da un gruppo di rottweiler e ricoverato in in gravi condizioni nell’ospedale cittadino, con ferite profonde al viso e al braccio.

Vicende diverse nella genesi. A volte è l’eccessivo permissivismo o la cieca fiducia dei padroni (“accarezzalo tanto è buono”) a favorire l’aggressione. O l’incivile trasgressione di leggi che impongono guinzaglio e museruola quando l’animale esce. In altri casi sono i maltrattamenti subiti, l’isolamento, l’abbandono da parte degli esseri umani ad accrescerne l’aggressività. Su tutti c’è l’enorme problema del randagismo che attanaglia diverse aree geografiche italiane. Secondo i dati diffusi dalla Lega anti vivisezione, attualmente sul nostro territorio ci sarebbero almeno 600 mila cani sciolti. Molti si trovano nelle città, ma tanti circolano liberamente nelle zone di campagna o nei pressi di spiagge e pinete, specie nel Sud Italia. La questione non va sottovalutata perché i cani, una volta tornati allo stato ferino, si riuniscono in branchi diventando molto più pericolosi degli stessi lupi. E quando l’istinto torna a farla da padrone e l’odore del sangue si fa largo nelle narici dimenticano di essere stati, un tempo, i nostri migliori amici.

Luca La Mantia: