La tragedia avvenuta in mare lo scorso 8 settembre mette in luce il problema dei tanti viaggi clandestini dove sono molte le persone a perdere la propria vita. Il Mediterraneo e anche l’Atlantico diventano la tomba dei sogni dei molti che si mettono in viaggio alla ricerca di un futuro pieno di speranze
L’ultimo naufragio è di qualche giorno fa
“Non solo il Mar Mediterraneo miete vittime anche l’Atlantico è la tomba della speranza”: ad affermarlo oggi in un comunicato è l’Associazione Don Bosco 2000 di piazza Armerina (Enna), commentando l’ennesima tragedia in mare, 26 morti in un naufragio occorso nelle acque dell’Oceano Atlantico a largo del Senegal. Paese, quest’ultimo, dove i volontari dell’associazione sono impegnati in progetti di cooperazione circolare dal 2016, così come in Gambia e in Mali. La tragedia risale all’8 settembre scorso e secondo le autorità locali, l’imbarcazione trasportava almeno 150 passeggeri, molti dei quali risultano ancora dispersi.
Le rotte migratorie continuano
Tra i sopravvissuti, vi è anche il presunto organizzatore del viaggio, arrestato il 9 settembre. Si tratta del capitano della barca, già noto per aver organizzato altri viaggi clandestini simili in passato. “Questa tragedia – commenta Agostino Sella, presidente dell’Associazione Don Bosco 2000– ci ricorda che quando una rotta si chiude o viene limitata, un’altra si apre. Nessuna barriera, nessun confine sembra essere in grado di fermare il desiderio di queste persone di cercare un futuro migliore in Europa. Per molti migranti, il rischio di perdere la vita in mare diventa un prezzo accettabile, una scelta drammatica, pur di tentare la fuga dalla povertà, dall’instabilità o dalla mancanza di opportunità nei propri paesi”. “Le rotte migratorie non si interrompono; semplicemente si spostano, costringendo le persone a percorrere vie sempre più pericolose e mortali. Il Mediterraneo è spesso sotto i riflettori, ma l’Oceano Atlantico, soprattutto nelle acque al largo dell’Africa occidentale, è teatro di altrettante tragedie, meno note perché meno raccontate” conclude Sella.
Fonte: Angesir