La parola di Dio di questa domenica ritorna sul tema della morte e risurrezione di Gesù. È la seconda volta che Gesù annuncia ai suoi discepoli l’evento tragico della sua morte, che contrassegnerà il suo messianismo. La prima volta, l’aveva fatto presso Cesarea di Filippo, in territorio pagano (8,31). Oggi ripete questo annuncio mentre attraversavano la Galilea (9,31). La terza volta, lo farà sulla strada per salire a Gerusalemme (10,32-34). Tre volte per sottolinearne l’importanza.
La reazione degli apostoli
La reazione degli apostoli a questo annuncio è, ogni volta, l’incomprensione: “Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo”. Tale incomprensione viene sottolineata dall’evangelista, riferendo ogni volta un episodio in cui gli apostoli si comportano in un senso esattamente contrario a quanto Gesù sta dicendo loro. La prima volta è Pietro che lo rimprovera per questa predizione inaudita, provocando una forte reazione di Gesù, che lo chiama “satana”. La seconda volta (oggi) sono gli apostoli che discutono tra loro su chi fosse il più grande. La terza volta saranno Giacomo e Giovanni, che chiederanno a Gesù di sedersi uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra, suscitando l’indignazione degli altri dieci. A questa incomprensione e caparbietà, Gesù risponde ogni volta con una catechesi: la prima volta sulla croce; la seconda (oggi) sulla piccolezza; la terza volta sul servizio.
Come si può spiegare una simile testardaggine? San Marco non ci presenta un’immagine idealizzata degli apostoli. Anzi, ne sottolinea i limiti e le debolezze. Gesù non ha scelto persone perfette, ma persone normali, come noi. San Paolo dirà, addirittura, che Dio ha scelto gli ultimi nella scala sociale per portare avanti il suo progetto: “Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili… Perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio.” (1Corinzi 1,26-29). La difficoltà degli apostoli nel seguire il Signore ci conforta e ci rafforza nella speranza che la grazia di Dio può realizzare in noi quanto ha operato nella vita degli apostoli.
Spunti di riflessione
- Gesù fa i tre annunci camminando. San Marco ama presentare Gesù in movimento, sulla strada. Impartisce il suo insegnamento in cammino. Egli è un rabbi itinerante e viene incontro a noi sulle strade della vita. Si avvicina e cammina con noi come compagno di viaggio, spesso senza farsi riconoscere subito, come nel caso dei due di Emmaus. Il segno del suo passaggio è la rilettura illuminata degli eventi dolorosi della vita e l’ardore che risveglia nel nostro cuore.
- Gesù “insegnava ai suoi discepoli”, rivelando loro il progetto di Dio. “Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo”. Perché avevano timore di interrogarlo? Perché non volevano capire! Capita anche a noi di non voler fargli delle domande su certe situazioni della nostra vita, perché temiamo proprio la risposta. Preferiamo far finta di non capire, perché non siamo pronti ad agire di conseguenza.
- “Quando fu in casa, chiese loro…”. Gesù esce di casa per percorrere le strade e incontrare la gente, ma ama pure ritornare a casa per gustare l’intimità con i suoi. Lì commentano i fatti della giornata e i discepoli chiedono ulteriori spiegazioni su quanto non hanno capito (non questa volta, però!). La casa di Gesù (che poi è quella di Pietro!) è aperta a quanti accorrono per ascoltarlo o per essere guariti. Gesù si lascia scomodare e non fissa orari di appuntamento. Egli ama anche visitare la casa degli amici e di quanti lo invitano, siano loro farisei o pubblicani. Talvolta si fa pure invitare, come con Zaccheo. Questa sua abitudine gli è rimasta incollata. Infatti, nell’Apocalisse dice: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.” (3,20). La casa di Gesù è il luogo dell’incontro della comunità cristiana. Purtroppo oggi è poco frequentata. Forse perché manca il calore umano e la gente non si sente a casa sua. Forse è il tempo di “uscire per le piazze e per le vie della città” (Luca 14,21), sì, ma pure di aprire le nostre case per invitare e farsi invitare. Ahimè, cosa non semplice in una società in cui ognuno tende a chiudersi nella propria conchiglia!
- “Di che cosa stavate discutendo per la strada? Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro su chi fosse più grande”. Per caso, non succede anche tra noi qualcosa di simile? Tutti cerchiamo un posticino al sole della stima e apprezzamento altrui. Tutti vogliono eccellere in qualcosa. E la nostra psiche è davvero ingegnosa nel trovarlo. Sia pure in una situazione di infelicità, attirando la compassione degli altri! Per questo anche noi tacciamo. Ci vergogneremmo di dirlo. Ma perché non chiedercelo personalmente: dove cerco io di primeggiare? Sarebbe una buona occasione per stanare il serpentello della nostra vanagloria.
- “Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro…”. Il Maestro siede in cattedra, li chiama e parla loro. Questa volta lo fa con calma e pazienza. Non come domenica scorsa con il povero Pietro, quando Gesù sembra aver perso le staffe! Ebbene, volete sapere chi è il più grande? “L’ultimo di tutti e il servitore di tutti!”. Quindi, devi andare in coda! E per essere ben chiaro, alla parola aggiunge un gesto: “Preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me…”. Il bambino era il simbolo della piccolezza, di colui che non conta nulla tra i “grandi” della casa. Oggi, però, forse Gesù collocherebbe in mezzo a noi qualcun altro. Chi? Chissà uno di quelli di cui parla in Matteo 25: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”!