“Sento le vostre grida e prego per voi”. Papa Francesco non dimentica le “migliaia di migranti, rifugiati e altri bisognosi di protezione in Libia”. E, al termine dell’Angelus domenicale, il Santo Padre rinnova il suo appello alla Comunità internazionale, affinché mantenga “le promesse di cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli per la gestione dei flussi migratori in Libia e in tutto il Mediterraneo“. Senza scordare coloro che sono respinti, così come le loro sofferenze: “Ci sono dei veri lager lì. Occorre porre fine al ritorno dei migranti in Paesi non sicuri e dare priorità al soccorso di vite umane in mare con dispositivi di salvataggio e di sbarco prevedibile, garantire loro condizioni di vita degne, alternative alla detenzione, percorsi regolari di migrazione e accesso alle procedure di asilo”. Una preghiera che, spiega il Pontefice, è anche un’assunzione di responsabilità.
La preghiera di Bartimeo
Le parole del Santo Padre arrivano al termine di una riflessione incentrata sull’episodio evangelico del mendicante cieco Bartimeo. Un incontro importante, poiché “l’ultimo prima dell’ingresso del Signore a Gerusalemme per la Pasqua“. L’uomo, al passaggio di Gesù, inizia a gridare: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me”. Grida che, come ricorda Papa Francesco, generarono un rimprovero da parte dei discepoli. Ma Dio “ascolta sempre il grido del povero, e non è per nulla disturbato dalla voce di Bartimeo”. Gesù si accorge che la voce dell’uomo è piena di fede, una fede che “non teme di insistere, di bussare al cuore di Dio, malgrado l’incomprensione e i rimproveri”. Una fede che traspare nella preghiera.
Il Papa: “La preghiera non sia convenzionale”
Quella di Bartimeo, spiega Papa Francesco, “non è una preghiera timida, convenzionale… Non ha paura di Gesù, non prende le distanze. E così, dal cuore, grida al Dio amico tutto il suo dramma”. L’uomo “non chiede una grazia, ma presenta sé stesso: chiede misericordia per la sua persona, per la sua vita”. Una richiesta che “invoca la pietà, cioè la compassione, la misericordia di Dio, la sua tenerezza”. Non usa tante parole, “dice l’essenziale e si affida all’amore di Dio, che può far rifiorire la sua vita compiendo ciò che è impossibile agli uomini”. La sua era una preghiera fatta con il cuore. “E noi? Quando domandiamo una grazia a Dio, mettiamo nella preghiera anche la nostra propria storia, le ferite, le umiliazioni, i sogni infranti, gli errori, i rimorsi?”.
Il coraggio
Una preghiera da fare anche oggi. Anzi, chiedersi qual è lo stato della nostra preghiera. Se sia coraggiosa, con un’insistenza buona, sostanziosa, che mette a nudo il nostro cuore davanti al Signore. Non “quelle preghiere tiepide che non aiutano per niente”. Quando la fede è viva, ricorda Papa Francesco, “la preghiera è accorata: non mendica spiccioli, non si riduce ai bisogni del momento… A Gesù che può tutto va chiesto tutto, con la mia insistenza davanti a Lui. Egli non vede l’ora di riversare la sua grazia e la sua gioia nei nostri cuori, ma purtroppo siamo noi a mantenere le distanze, forse per timidezza o pigrizia o incredulità”. La soluzione è il coraggio, come la preghiera di Bartimeo.