“In questi momenti concitati che vedono gli afghani cercare rifugio, prego per i più vulnerabili tra loro”. Papa Francesco non dimentica i sofferenti dell’Afghanistan, in un momento storico di incertezza e paura. Nell’Angelus domenicale in Piazza San Pietro, il Santo Padre prega per “gli sfollati interni, affinché abbiano l’assistenza e la protezione necessarie”. E per i giovani, affinché possano “ricevere l’istruzione, bene essenziale per lo sviluppo umano. E possano tutti gli afghani, sia in patria, sia in transito, sia nei Paesi di accoglienza, vivere con dignità, in pace e fraternità coi loro vicini”.
L’Angelus del Papa
Una preghiera che il Papa rivolge al termine della riflessione sull’episodio evangelico della guarigione di una persona sordomuta da parte di Gesù. Un racconto in cui colpisce il modo in cui il gesto prodigioso viene compiuto. Gesù “prende in disparte il sordomuto, gli pone le dita negli orecchi e con la saliva gli tocca la lingua, quindi guarda verso il cielo, sospira e dice: ‘Effatà’, cioè ‘Apriti!'”. Un modo di agire diverso rispetto ad altre guarigioni. “Perché fa questi gesti? Forse perché la condizione di quella persona ha una particolare valenza simbolica. Essere sordomuti è una malattia, ma è anche un simbolo”. Un simbolo, quello della sordità, che dice qualcosa a tutti noi. “Quell’uomo – ricorda il Papa – non riusciva a parlare perché non poteva sentire. Gesù, infatti, per risanare la causa del suo malessere, gli pone anzitutto le dita negli orecchi, poi alla bocca, ma prima negli orecchi”.
Il risanamento del cuore
Ognuno di noi possiede gli orecchi ma non sempre riusciamo ad ascoltare. A volte, spiega Papa Francesco, “c’è una sordità interiore, che oggi possiamo chiedere a Gesù di toccare e risanare. E quella sordità interiore è peggiore di quella fisica, perché è la sordità del cuore”. La fretta del quotidiano ci fa dimenticare l’importanza dell’ascolto. Ecco perché bisogna interrogarsi sulla nostra capacità di ascoltare, di lasciarsi toccare dalla vita della gente. Ascoltare e poi rispondere: “Pensiamo alla vita in famiglia: quante volte si parla senza prima ascoltare, ripetendo i propri ritornelli sempre uguali… La rinascita di un dialogo, spesso, passa non dalle parole, ma dal silenzio, dal non impuntarsi, dal ricominciare con pazienza ad ascoltare l’altro, ascoltare le sue fatiche, quello che porta dentro. La guarigione del cuore comincia dall’ascolto. Ascoltare. E questo risana il cuore“.
Guarire dall’impazienza
Lo stesso vale con il Signore. “Facciamo bene a inondarlo di richieste, ma faremmo meglio a porci anzitutto in suo ascolto. Gesù lo chiede…. Siamo cristiani ma magari, tra le migliaia di parole che sentiamo ogni giorno, non troviamo qualche secondo per far risuonare in noi poche parole del Vangelo“. L’ascolto e il silenzio sono una vera medicina: “Ogni giorno un po’ di silenzio e di ascolto, qualche parola inutile in meno e qualche Parola di Dio in più. Sempre con il Vangelo in tasca, che aiuta tanto”.