La giustizia norvegese ha respinto la domanda di libertà condizionata presentata dall’estremista di destra responsabile della strage di Utoya. Breivik, 42 anni, resta quindi nel carcere di massima sicurezza di Skien. Nel 2012 è stato condannato a 21 anni di detenzione.
Gli attentati
Era il 22 luglio 2011 quando 8 persone morirono e altre 209 rimasero ferite per l’esplosione di un’autobomba nel quartiere di Regjeringskvartalet, a Oslo, capitale della Norvegia. Poco dopo Breivik, con indosso un’uniforma da poliziottia raggiunse l’isola di Utøya, nel Tyrifjorden, dove si stava svolgendo un campus giovanile del Partito laburista norvegese, e qui prima uccise con una pistola Glock i direttori del campo, poi con un fucile automatico aprì sui giovani, facendo in totale 69 vittime. All’arrivo della polizia si consegnò spontaneamente.
Le sentenze
Condannato al massimo della pena prevista nel Paese scandinavo, nel marzo 2016 Breivik citò in giudizio il governo con l’accusa di aver violato i suoi diritti umani per averlo sottoposto a un regime di stretto isolamento. Il mese successivo il tribunale di Oslo aveva sentenziato che l’uomo aveva ricevuto un “trattamento inumano e degradante” in quanto mantenuto in isolamento dal giorno del suo arresto. Sentenza ribaltata in appello dalla Corte di Borgarting, la quale ha stabilito che che la Norvegia non ha violato i suoi diritti umani. Secondo la Corte, le condizioni rigide di detenzione sono sono giustificate dal fatto che l’uomo non avrebbe mai mostrato segni di pentimento e pertanto costituisce una minaccia. L’autore delle due stragi si era poi rivolto alla Corte europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo affermando che la Norvegia stesse violando i suoi diritti a causa delle condizioni di detenzione. La Cedu ha dichiarato “inammissibile” il ricorso, affermando che “dall’esame del ricorso non ha rilevato alcuna violazione e ha quindi dichiarato lo stesso manifestamente infondato e irricevibile“.