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Amatrice, ci si chiede ancora perché sia accaduto

Il 24 agosto 2016 Amatrice si svegliava distrutta, tra le macerie. Stamattina, dopo otto anni, c’è stata una messa in commemorazione delle tante vittime di un evento che ancora oggi lascia tante domande. Ci si chiede perché è accaduto e il monsignor Piccinonna, vescovo di Rieti esorta i presenti a pregare e a fare comunità, contro la disperazione di prevalere, nonostante tutto

La messa in ricordo

“Oggi è il tempo della preghiera, che può accompagnare il cammino di ciascuno e di tutti. Ma non si tratta di una preghiera facile. A distanza di otto anni non sono cancellate le domande, anzi! Perché Signore? È la domanda che pure chi crede di credere pone alla vita, a Dio, talvolta anche senza più parole e senza più lacrime, e non perché il dolore sia finito…”: così monsignor Vito Piccinonna, vescovo di Rieti, nell’omelia della messa celebrata questa mattina presso l’anfiteatro esterno all’auditorium della Laga ad Amatrice in ricordo di tutte le vittime del terremoto di otto anni fa, il 24 agosto 2016.

Dio non è muto e sordo

Davanti a tanti fedeli, ai familiari delle vittime e ai rappresentanti delle Istituzioni, tra i quali il commissario alla ricostruzione Guido Castelli, il questore della Camera, Paolo Trancassini, e il capo Dipartimento nazionale della Protezione civile, Fabio Ciciliano, il vescovo ha ricordato che “la preghiera che siamo venuti a vivere qui oggi non è certo una panacea. La preghiera che osiamo far nostra è quella che aspira a tenere il cielo aperto, come dice Gesù a Bartolomeo, perché Dio non è muto e sordo dinanzi alle nostre biografie seppur stritolate dal dolore della morte e dalla fatica nel vedere nascere e ri-nascere qualcosa di nuovo che venga a prendere il posto delle macerie interiori ed esteriori”.

La responsabilità di oguno

“Dalla preghiera che osa vedere i cieli aperti, che vuole una speranza più forte della morte, che è capace di sperare contro ogni speranza – ha rimarcato mons. Piccinonna – sgorga la responsabilità di coltivare questa speranza, la determinazione di tenerla desta nel modo più maturo di cui tutti possiamo essere capaci, di non farle del male, di rispettarla, concretizzando quelle risposte che non possono essere più rimandate”. “I cieli aperti”, di cui si parla nel Vangelo, ha aggiunto, “implicano per noi tutti la responsabilità di mettercela tutta, ciascuno per la sua parte, di voler fare bene il bene, di imparare a convergere tutti per l’obiettivo comune, di non risparmiarci e anche di non far prevalere istinti e logiche che fanno solo male a ciascuno e alla collettività, specie a chi qui ci abita ogni giorno dell’anno e non solo il 24 agosto”. Da qui l’esortazione finale: “Manteniamo fermo l’intento di essere e fare comunità, una comunità che non permette alla disperazione di prevalere, nonostante tutto. Ce lo chiedono i nostri cari, come pure questi nostri territori e quanti li abitano, desiderosi di vedere il cielo finalmente aperto”. La messa è stata preceduta dalla deposizione delle corone d’alloro presso il Monumento dedicato alle vittime del terremoto, nel parco Don Minozzi. Nel pomeriggio in programma altre due celebrazioni: alle 15.30 nella frazione amatriciana di Saletta e alle 18 sul sagrato della chiesa parrocchiale dell’area Sae di Accumoli.

Fonte: Angesir

redazione

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