Dopo Coldiretti, che lo scorso 2 aprile aveva evidenziato che, con la Pasqua bloccata verranno persi 6 miliardi di introiti a livello turistico, anche la Cna (la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa) fa i conti sui danni provocati dal coronavirus al turismo italiano. E, come si poteva supporre, anche in queste caso le previsioni parlano di gravissime perdite con conseguenti rischi di fallimenti e aumento della disoccupazione.
Cna
L’emergenza sanitaria infatti ha provocato la paralisi dell’intera filiera turistica, settore che da solo genera circa il 12% del Pil italiano: secondo le stime elaborate da Cna nel primo semestre del 2020 i ricavi del turismo subiranno una contrazione del 73%. Il giro d’affari atteso è di appena 16 miliardi di euro rispetto ai 57 miliardi dello stesso periodo dell’anno scorso. Compromessa anche la stagione estiva. Tra luglio e settembre mancheranno all’appello circa 25 milioni di stranieri e addirittura 50 milioni saranno quelli che non visiteranno l’Italia se si considera il periodo tra febbraio e settembre. Il consuntivo del primo trimestre mostra una flessione del fatturato di 15,6 miliardi mentre per il secondo trimestre e si prevede una contrazione di oltre 25 miliardi, anche tenendo conto di un allentamento delle misure restrittive. Un problema ribadito anche dalla Confindustria di Bergamo che lancia l’allarme: senza aiuti economici dallo Stato, metà delle aziende bergamasche chiuderanno. Nello specifico – evidenzia il primo Osservatorio mensile di Confindustria Bergamo sull’impatto dell’emergenza – a causa del Coronavirus il 52% delle aziende bergamasche non ritiene di poter continuare la propria attività se non riceverà immediatamente un supporto dal Governo o più in generale dalle istituzioni. Tra le rimanenti, il 32% pensa di resistere al massimo un anno e solo il 4% ritiene di potercela fare comunque. L’84% delle imprese ha già chiesto o richiederà la cassa integrazione al massimo entro sei mesi.