L’autore della strage di Monaco, Ali Sonboly, si è suicidato con la sua pistola sotto gli occhi di agenti di polizia che cercavano di parlargli: il particolare è fornito in un comunicato della polizia del capoluogo bavarese diffuso in serata. “Verso le 20:30” di ieri una volante della polizia “ha avuto un contatto” con lo sparatore “a nord del centro commerciale Olympia”: “quale reazione alle parole dei funzionari, ha preso immediatamente l’arma da fuoco, se l’è portata alla testa e si è sparato”, riferisce la nota che ha ricostruito l’episodio – già emerso con meno dettagli la notte scorsa – sulla base delle testimonianze rese dai poliziotti coinvolti.
E’ finita così l’esistenza di un killer “per caso”, non un terrorista ‘classico’, indottrinato da qualche ideologia jihadista o comunque estremista, ma un giovane con problemi psichiatrici e vittima di bullismo, con una passione per le stragi alla Breivik.
E’ il ritratto che emerge del 18enne tedesco di origini iraniane, con la faccia da bambino, responsabile della strage dei suoi coetanei a Monaco.
La pista islamica dell’attentato al centro commerciale, in cui sono rimaste uccise nove persone, si è dissolta con il passare delle ore, anche perché è stato accertato che Ali Sonboly, questo il nome del killer, ha agito da solo, prima di togliersi la vita. Le autorità hanno confermato che non risultano al momento legami con l’Isis, che invece si era schierato con l’attentatore di Nizza ed il giovane afghano responsabile dell’assalto ad un treno regionale tedesco. Ali, in effetti, non proveniva da un ghetto. Con la sua famiglia – il padre tassista, la madre impiegata in un grande magazzino ed un fratello – viveva in un quartiere dignitoso alla periferia della città.
Non era un profugo, ma godeva della doppia cittadinanza. Almeno all’apparenza, un tipo tranquillo, sorridente, che andava a scuola vicino casa e consegnava giornali per arrotondare, come riferiscono i vicini ed i compagni. Non aveva mai avuto problemi con la polizia. Sotto questa patina di normalità, invece, covava una personalità oscura. A partire dai problemi psichiatrici ed una depressione, per i quali era in cura. A scuola, inoltre, le cose non andavano bene. Non aveva superato l’esame finale, venerdì scorso. E soprattutto, era stato vittima di bullismo da parte dei compagni.
Delle nove vittime, otto avevano un’età compresa tra i 13 e i 21 anni (due ragazzine e sei giovani). Solo la nona vittima, una donna, aveva 45 anni. Ali Sonboly, 18enne tedesco-iraniano, figlio di un tassista, mirava proprio ai giovani, probabilmente ai bulli che lo avevano vessato “per 7 anni”, come lui stesso ha gridato durante le fasi concitate dell’attacco. Tanto che aveva messo anche un annuncio su Facebook per attirare quanti più studenti possibile nel Mc Donald’s che poi avrebbe preso d’assalto. E nessuna delle sue vittime era un turista, ma quasi tutti giovani della zona, che avevano come punto di ritrovo proprio quel centro commerciale alla periferia nord della città, popolata in gran parte da immigrati.
“Per sette anni, a causa vostra”, ha denunciato lui stesso in un concitato scambio di battute con una persona ripreso in un video. Anche un ex compagno ha rivelato che Ali prometteva sempre di uccidere i bulli che lo tormentavano. Come se non bastasse, la passione per le stragi: molto tempo trascorso davanti al pc utilizzando giochi di sparatorie e del materiale a casa su Winnenden (15 morti in una scuola vicino a Stoccarda per mano di uno studente) e su Utoya, in Norvegia, compiuta dall’estremista di destra Anders Breivik (69 morti), di cui proprio ieri cadeva il quinto anniversario. Nei suoi scaffali, anche un libro del titolo premonitore ‘Furia nella testa: perché gli studenti uccidono’.
Dall’Italia alla Francia, tutta l’Europa si stringe attorno alla Germania all’indomani dell’attentato di Monaco. Il nuovo episodio di violenza gratuita contro cittadini indifesi scuote gli animi già provati – solo per restare all’ultimo mese – dalla strage di Nizza e dall’attacco sul treno a Wurzburg. Nonostante l’autore della sparatoria di Monaco non sia legato al terrorismo islamico, la tensione resta alta assieme alla consapevolezza che la violenza chiama violenza, e quindi altri ‘lupi solitari’ mossi da follia, ideologia o spirito d’imitazione, potrebbero colpire nel momento in cui la scia di sangue è già lunga nelle strade d’Europa. Per questo il presidente francese Francois Hollande e la cancelliera Angela Merkel hanno discusso di “operazioni di sicurezza comuni” per intensificare il controllo sui loro territori. Hollande ha parlato di Monaco come di un “atto ignobile per diffondere orrore in Germania”, e ha offerto alla Merkel “l’amicizia e la cooperazione della Francia.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso al Presidente tedesco, Joachim Gauck, “la più sincera vicinanza dell’Italia” per “l’ennesimo, barbaro atto omicida che ha nuovamente colpito il cuore dell’Europa. Gesti che continuano a sconvolgere le nostre coscienze e che richiedono risposte ferme e unitarie”.
“Completo supporto al Governo tedesco e alle autorità nella lotta alla violenza e in favore della democrazia e libertà”, fa sapere il Governo spagnolo. E anche il presidente della Commissione Jean Claude Juncker, del Consiglio Donald Tusk e l’alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini esprimono sostegno e vicinanza. E il Ppe ricorda la natura di questi attacchi, perpetrati da ‘lupi solitari’: “Non permetteremo loro di frantumare le nostre libertà e il nostro modo di vivere”, ha scritto il presidente Joseph Daul in una nota.