Aldo Moro, il sequestro 43 anni fa. Il ricordo di Mattarella

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Il sequestro Moro è uno di quei fatti che diventa subito storia, che quando vivi ricordi per sempre il preciso istante in cui eri quando hai sentito per la prima volta la notizia. 

Era il 1978, l’anno dei tre papi, delle dimissioni del Presidente Leone per lo scandalo Lockeed, le elezioni di Sandro Pertini e, appunto, l’anno del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana. 

Esattamente 43 anni fa, il 16 marzo, Moro veniva rapito dalle brigate rosse e la sua scorta trucidata a Roma, in via Fani dove oggi c’è la targa che ricorda quanto accaduto e dove oggi il Capo dello Stato Mattarella ha deposto una corona di fiori.

L’omaggio del Presidente Mattarella

“Ci separano – dice il Presidente della Repubblica – quarantatré anni dal disumano assassinio in Roma, ad opera dei terroristi delle brigate rosse, di Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino. Difensori dello Stato di diritto, della libertà e della democrazia della Repubblica, pagarono con la vita il mandato loro affidato di proteggere Aldo Moro, statista insigne, presidente della Democrazia Cristiana, il cui calvario sarebbe durato sino al successivo 9 maggio quando il suo corpo venne fatto ritrovare in via Caetani. Una data, quella del 16 marzo 1978, incancellabile nella coscienza del popolo italiano”.

Mattarella: lacerazioni insabili

“Lo sprezzo per la vita delle persone, nel folle delirio brigatista, lo sgomento per un attacco che puntava a destabilizzare la vita democratica italiana – afferma Mattarella – rimangono una ferita e un monito per la storia della nostra comunità. Sono vite strappate agli affetti familiari da una violenza sanguinaria, sono lacerazioni insanabili. Alle vittime va un pensiero commosso e ai familiari la solidarietà più intensa, che il trascorrere degli anni non ha mai indebolito”. 

Quando lo Stato seppe unirsi per davvero

La democrazia italiana, sostiene il Capo dello Stato, “venne privata, in quell’agguato, di uno dei leader più autorevoli e capaci di visione. Il corso della storia repubblicana ne fu segnato. In quei terribili giorni si fece strada un forte sentimento di unità, diffuso nel Paese e che fu decisivo per isolare le bande del terrore, per respingere i loro folli progetti e le insinuazioni della loro propaganda. Una unità che si tradusse in più avvertita responsabilità verso il valore delle istituzioni democratiche, garanzia delle libertà scolpite”.

Serena Livoli: