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Aifa: “Nessun antibiotico è approvato né raccomandato per il Covid”

In una nota l’Agenzia italiana del farmaco richiama prescrittori e cittadini a usare le terapie antibiotiche solo ove indicate

“L’azitromicina, e nessun antibiotico in generale, è approvato, né tantomeno raccomandato, per il trattamento del Covid“, scrive in una nota l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), sottolineando che “fin dall’inizio della pandemia, Aifa ha scoraggiato fortemente l’uso dell’azitromicina per il Covid”, in riferimento alle difficoltà di reperire nelle farmacie il medicinale Zitromax e ed il generico.

Prescrizioni fuori dalle indicazioni

“La carenza attuale di azitromicina non deriva da esportazioni o altre anomalie distributive, ma dalla prescrizione del farmaco al di fuori delle indicazioni previste“, chiarisce l’agenzia. Che prosegue richiamando “tutti, prescrittori e cittadini, alla responsabilità di usare le terapie antibiotiche solo ove indicate”. “Utilizzare gli antibiotici con attenzione e prudenza deve essere un impegno e un dovere per tutti, dai professionisti sanitari alla popolazione generale, come principale arma di contrasto al problema della resistenza agli antibiotici”.

Le evidenze

Nella sua nota l’Aifa aggiunge che “come ampiamente dimostrato da numerosi e ben condotti studi clinici pubblicati sulle migliori riviste internazionali, non vi è alcuna evidenza che l’utilizzo dell’azitromicina abbia un effetto protettivo sulla evoluzione di Covid, né in termini di riduzione della trasmissione, né dei tempi di guarigione, o della mortalità”. “Esistono evidenze chiare e inequivocabili per non utilizzare più in alcun modo azitromicina o altri antibiotici nel trattamento del Covid – continua – come chiaramente indicato da tutte le linee-guida internazionali per il trattamento dell’infezione da SarS-CoV2.

L’agenzia ricorda inoltre che “gli antibiotici non sono efficaci per il trattamento di nessuna infezione virale, inclusa l’influenza stagionale”. “L’uso indiscriminato dell’azitromicina o di ogni altro antibiotico, oltre a non avere alcun fondamento scientifico, espone al duplice rischio di creare condizioni di carenza di antibiotici per i soggetti che ne abbiano effettivamente bisogno per trattare infezioni batteriche e di aumentare il rischio di sviluppo e diffusione di batteri resistenti agli antibiotici”.

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