Afroamericano ucciso, la protesta infiamma gli Stati Uniti: un morto a Detroit

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C’è stata una vittima nelle proteste che hanno infiammato gli Stati Uniti, con centinaia di persone in strada, furiose per l’uccisione di George Floyd. Un giovane di 19 anni ha perso la vita a Detroit, nel Michigan, colpito da una serie di spari che, a quanto pare, sarebbero stati esplosi da un Suv. Nel frattempo, l’autopsia sul corpo del giovane afroamericano ha reso noto che il poliziotto che lo teneva bloccato a terra ha premuto il ginocchio sul suo collo per almeno nove minuti, anche se, al momento, la diagnosi escluderebbe un decesso per “asfissia traumatica o strangolamento“. L’agente è stato in seguito arrestato, mentre la famiglia di Floyd ha già fatto richiesta di un altro esame autoptico indipendente.

La furia

Da Minneapolis, dove il Pentagono si prepara a schierare i militari, arrivano a Washington le proteste della comunità afroamericana contro la Polizia degli Stati Uniti, a seguito della morte di George Floyd, rimasto ucciso per soffocamento per mano di un agente. Le tensioni, dopo quanto visto negli ultimi due giorni sia nel Minnesota che a New York, dove in giornata era andata in scena un’altra protesta, si sono trasferite dinnanzi alla Casa Bianca, dove un nutrito gruppo di manifestanti si è riunito contro l’episodio che ha provocato la morte dell’afroamericano, soffocato a morte con un ginocchio. Secondo la Cnn, almeno un centinaio di persone si sono schierate davanti alla sede presidenziale, invocando giustizia per quanto accaduto a Floyd. Un assembramento che avrebbe costretto lo staff della Casa Bianca a decretare il lockdown fino a tensioni finite.

Il caos

Momenti di grande apprensione ma che, alla fine, non hanno degenerato. Rischio più elevato quando, per motivi ancora da chiarire, un giovane bianco è stato portato via dalla Polizia, provocando ulteriori attriti tra Polizia e dimostranti. La situazione è rientrata dopo qualche ora, quando la folla si è allontanata in direzione di Capitol Hill, probabilmente per concludere la protesta, proprio a due passi dal National Mall e dal Lincoln Memorial, davanti al quale, il 28 agosto del 1963, Martin Luther King pronunciò il suo “I have a dream”. Un dissenso feroce, che sta portando in strada, nonostante gli allarmi per il coronavirus, sempre più persone in diversi Stati degli Stati Uniti, per un’ondata di protesta che rischia di pesare non poco nell’economia dell’elettorato a stelle e strisce in vista delle prossime elezioni.

DM: