Accadde oggi: nel 2003 la prima mappatura del genoma umano

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Era il 14 aprile del 2003 quando per la prima volta in Italia si arrivò ad avere la mappatura del genoma umano, una delle imprese scientifiche più importanti della storia dell’umanità per ambizione e risorse impiegate. Fu il coronamento di decenni di ricerca biologica da cui ha preso inizio una nuova era “post-genomica”. L’idea di fondo del Progetto è stata l’acquisizione di conoscenze che fossero di fondamentale importanza per la comprensione dei meccanismi della genetica umana e per l’implicazione dei geni nello sviluppo delle malattie umane. Lo scopo era quello di sviluppare metodi più efficienti e veloci di sequenziamento del DNA, al fine di mettere a punto software per gestire, assemblare e analizzare l’immensa mole dei dati di sequenza prodotti e infine di considerare gli aspetti etici, sociali e legali legati dalla disponibilità di dati così delicati relativi alle persone.

Ma perché sequenziare l’intero genoma umano? Cosa è cambiato dopo questa scoperta? Interris.it ne ha parlato con Paolo Vezzoni, responsabile del Laboratorio di Biotecnologie Mediche dell’Istituto Clinico Humanitas e membro del Comitato Etico dell’IRCCS “Medea” di Bosisio Parini.  La conoscenza dell’intero genoma umano conduce a possedere tutte le pagine del manuale necessario per costruire il corpo umano, ma la cosa importante è come si vadano a leggere il contenuto di queste pagine e comprendere come le singole parti funzionano e interagiscano tra loro. Avere a disposizione l’intera sequenza del genoma permette di sviluppare metodi diagnostici efficaci con la finalità di inquadrare meglio le necessità sanitarie delle persone, basandosi sulla composizione genica dell’individuo permettendo lo sviluppo di nuovo farmaci più efficaci e mirati”.

Cosa è cambiato dopo questa scoperta?
Il significato, oggi, di avere la sequenza del genoma è enorme. Grazie a questa scoperta adesso anche il genoma dei tumori viene sequenziato e non solo più quello delle persone. É ormai noto che il tumore è una malattia del dna, che ha subito delle mutazioni e in questo caso alcuni geni molto importanti sono stati alterati. Questa alterazione fa si che durante l’evoluzione della malattia, la cellula proliferi continuamente, fino a creare delle metastasi”.

Avere a disposizione l’intera sequenza del genoma permette di sviluppare metodi diagnostici efficaci ?
Alcune scoperte diagnostiche possono, in alcuni casi, indirizzare verso determinate terapie. Ad esempio, nel caso dei tumori, la presenza di alcune di queste mutazioni, come nel polmone, indicano quale terapia utilizzare. La sequenza del genoma è la base che ci serve per capire come funzioni tutta la nostra cellula perché la base di funzionamento della cellula è nel suo genoma. Oggi nessuno fa una ricerca senza avere così a disposizione il genoma della cellula, solo così si possono avere enormi vantaggi perché se si riesce a capire la malattia di una persona la si riesce a curare anche meglio. Questo non è possibile per tutte le malattie però in molti casi serve e da la possibilità di conoscerle meglio per applicare nuove terapie”.

Le scoperte fatte allora hanno aiutato nel corso degli anni per la ricerca dei vaccini? Quanto può essere utile ai fini dello studio dell’attuale coronavirus?
Quando si parla di vaccini e di virus nuovi come nel caso del covid bisogna capire che ci vuole un grande studio di base per raggiungere studi che portino a obiettivi diversi e sempre più alti. Si pensi che nel caso del covid, se non esistesse la possibilità di sequenziare questo virus, noi non saremmo capaci neanche di capire con che malattia ci stiamo confrontando. Nello specifico anche il coronavirus ha il suo genoma e questo entra nelle cellule attraverso il recettore dell’ace, ma noi non potremmo sapere che cos’è il recettore dell’ace se non avessi sequenziato il genoma. Si spera di riuscire ad utilizzare le conoscenze sviluppate fino a questo momento per creare un vaccino, ma purtroppo ci vogliono i tempi giusti. Oggi per esempio si è arrivati a parlare di cura della talassemia o di cura di altre malattie del midollo osseo che una volta erano incurabili, ma per poter dire che un farmaco funziona ci vogliono anni. Alla fine non sono trascorsi ancora 20 anni dalla prima mappatura, si spera che entro i prossimi cento anni si possa avere una mappatura completa di tutto il sistema”.

Rossella Avella: