Accadde oggi: 20 anni fa ci lasciava Gino Bartali, campione del ciclismo e della solidarietà (AUDIO)

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Gino Bartali nacque il 18 luglio 1914 a Ponte a Ema (Firenze), terzogenito (Anita e Natalina, il quarto e ultimo figlio, Giulio, nacque nel 1916), da Torello e Giulia Sizzi. Dal padre, sterratore e scalpellino di ideali socialisti, apprese il valore del lavoro, della solidarietà e dell’onestà; la madre, domestica, lo crebbe nella religione. Si appassionò al ciclismo tredicenne, alunno della sesta elementare a Firenze, lavorando al pomeriggio come apprendista nell’officina di Oscar Casamonti, ex corridore e meccanico del paese natale, utilizzando la bicicletta sia per i tragitto casa-scuola sia per le consegna ai clienti, tranne scoprirsi un campione in erba sulla bici “tanto sospirata e comprata proprio soldino su soldino” (Franzinelli 2014, p. 141).

La sua vita in pillole

Esordì tra i professionisti alla Milano-Sanremo del 19 marzo 1935, ventunenne, come ‘indipendente’, senza una casa ciclistica che lo sponsorizzasse. Eberardo Pavesi, direttore sportivo della Legnano, lo reclutò per la stagione 1936 nella squadra guidata dal veterano Guerra, assegnandogli il ruolo di capitano in seconda. Il ciclismo – che insieme alla famiglia e alla religione rappresentò il centro della sua esistenza – lo precipitò nella disperazione quando l’amatissimo fratello Giulio, di due anni più piccolo, dilettante dal promettente avvenire, fu investito da un’auto contromano durante un finale di gara e morì il 16 giugno 1936 dopo due giorni di agonia. Il colpo fu talmente dura da fargli meditare il ritiro dall’attività agonistica, che tuttavia proseguì su incoraggiamento dei suoi cari. In quel dramma, lo aiutò la fede. Il 1948 fu l’apogeo di Bartali, con la strepitosa vittoria al Tour de France. Nelle ultime stagioni agonistiche vinse nel 1959 per la quarta volta la Milano-Sanremo, nel 1952 il campionato su strada a punti, nel 1953 il Giro della Toscana. Si spense serenamente nella sua abitazione fiorentina, assistito dai suoi familiari, il 5 maggio 2000.

Gli anni della guerra

Purtroppo, la seconda guerra mondiale lo ha bloccato all’apice della sua carriera: ma, per quanto suoni strano, è stato quello il momento in cui ha affrontato la gara più importante della sua vita. Gino Bartali è ricordato non solo per essere stato un grande ciclista, ma anche come eroe della Seconda Guerra Mondiale. Un giovane Gino mise a rischio la sua vita per salvare quella di centinaia di ebrei. Bartali trasportò, all’interno della sua bicicletta, dei documenti falsi per aiutare gli ebrei ad avere una nuova identità. Nel maggio 2005 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha consegnato alla moglie di Bartali la medaglia d’oro al valore civile allo scomparso campione per aver aiutato e salvato molti ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Il 2 ottobre 2013, inoltre, Bartali è stato inserito tra i Giusti dell’Olocausto, sempre per l’aiuto offerto agli ebrei.

Interris.it ha voluto ricordare Bartali, a 20 anni dalla sua morte, con la doppia testimonianza di Mario Venezia, presidente della Fondazione Museo Shoah e Renato Di Rocco, Presidente Federazione Italiana Ciclismo (FCI).

Giusto tra i giusti è un importantissimo riconoscimento che viene dagli abdashed di Israele ed è riservato a coloro i quali non ebrei hanno rischiato la propria vita per salvare gli ebrei durante quel triste periodo che fu la seconda guerra mondiale e lo hanno fatto oltretutto senza vantarsene. É con grandissimo piacere e soddisfazione che oggi uno dei nostri eroi del ciclismo e dello sport italiano si è dimostrato un eroe anche dal punto di vista umano. Questa è la grande soddisfazione. Di un uomo profondamente italiano che diventa esempio di quella che è la grande generosità umana a livello internazionale e l’ha fatto utilizzando quelle che al momento erano le sue capacità. Gino faceva decine e decine di chilometri in bicicletta portando i documenti riservati e se fosse stato scoperto avrebbe rischiato la vita. Ecco perché lo ricordiamo con grande piacere insieme a tutti i suoi familiari” così Mario Venezio ricorda il grande ciclista.

 

Nell’audio Mario Venezia ricorda Gino Bartali

“Gino Bartali è stato un grande personaggio, un’icona dello sport mondiale ed in particolare del ciclismo italiano in assoluto, un galantuomo, una persona generosa che ha sempre pensato a dare tutto quello che poteva con il cuore e con l’anima. Un momento di grande entusiasmo, di passione che risolleva il morale a molti italiani dopo la sofferenza patita in quel periodo, poi arriva la pagina più bella per quel suo modo di agire. C’era uno slogan che diceva sempre ‘il bene si fa, ma non si racconta’ ed è stato ripreso nelle ultime legislazioni qualche anno prima di morire, e ce lo portiamo dentro noi del ciclismo. É un personaggio di un certo livello che ha salvato diverse vite umane in un periodo difficilissimo, si fermava a darti consigli, anche con i corritori più giovani. Per chi ha avuto la grande fortuna di conoscerlo ti rimane questo, la sua generosità assoluta. Dovrebbe però essere ricordato di più, mi meraviglio di come mai oggi sui libri di storia non ci siano ancora pagine dedicate anche a lui” dichiara Renato Di Rocco, Presidente Federazione Italiana Ciclismo (FCI).

 

Nell’audio Renato Di Rocco ricorda Gino Bartali

Oggi, come tutti gli sport, anche il mondo del ciclismo si è fermato. Quali sono i prossimi programmi nell’attesa di poter tornare a correre?
“C’è una grande voglia da parte di tutte le società sportive, sia italiane che mondiali, e di tutti gli atleti di tornare a correre. Ovviamente i tempi li stabiliscono i rispettivi governi. Sappiamo che Francia, Olanda, Belgio, Germania e in ultimo la Svizzera hanno sospeso tutti gli eventi fino a fine Agosto, o almeno in Svizzera si possono fare con un pubblico di massimo mille persone mentre in Francia è stato stabilito un massimo di cinquemila presenza. Per cui abbiamo programmato come scenario possibile le gare italiane nei primi di agosto come la Milano-Sanremo per poi dedicarci al Tour de France e dopo poi avremo, ai primi di ottobre, il Giro d’Italia e subito dopo il giro di Lombardia”.

Cosa rappresenta oggi la bicicletta?
“Io spero che la bicicletta venga vista anche un modo per riuscire ad uscire al meglio e quanto prima da questa pandemia, perché fa bene all’ambiente oltre che a sé stessi. Questo è uno straordinario giocattolo, una compagna di giochi in assoluto perché noi così la interpretiamo. É una conquista e così deve essere, poi piano piano se ci si affeziona e si scopre di avere del talento e soprattutto tanta passione può diventare la propria vita a tutti gli effetti. A 17/18 anni si fanno tre ore, tre ore e mezzo di allentamento che è difficile riscontrarle nelle altre discipline, però vedo che tutti quelli che lo fanno ne traggono sempre ampia soddisfazione. Oggi un po’ come tutti i manager e i grandi imprenditori in assoluto vanno in bicicletta, perché la bicicletta aiuta e per fortuna piace a tante persone, soprattutto ragazze. Tante bambine chiedono la bicicletta come regalo dell’esame di terza media e questo lo dicono le statiche istat”.

Qual è il legame tra ciclismo, territorio e turismo?
“La bicicletta richiama la centralità anche rispetto all’ambiente, è uno strumento ecologico, che fa bene alla salute e con il tempo il ciclismo riesce a promuovere anche il territorio, le bellezze paesaggistiche e anche l’enogastronomia e il settore agroalimentare che è un’eccellenza assoluta in tutta la nazione. Senza far pagare un biglietto passiamo sotto i balconi di migliaia milioni di persone facendo divertire la gente, con una carovana di colori, si promozionano le mondo le immagini della nostra straordinaria Italia”.

Rossella Avella: