La sua infanzia è piuttosto difficile e problematica: una sorella e due fratelli maggiori muoiono in giovane età, così la madre decide di affidarlo, appena nato, a una balia del vicino paese di Montecucco salvo poi riprenderlo con sé negli anni successivi. Il padre muore nel gennaio del 1914 quando Cesare ha soltanto 5 anni.
Intanto frequenta la scuola elementare a Santo Stefano Belbo ma poi si trasferisce a Torino per le medie e il Liceo Classico dove inizia ad appassionarsi alla letteratura e alla poetica di D’Annunzio. Nel 1926 si diploma e si iscrive alla Facoltà di lettere dell’Università di Torino scrivendo e traducendo anche in inglese grazie alla passione per le opere di Sherwood Anderson, Sinclair Lewis e soprattutto Walt Whitman.
È il periodo in cui intensifica la sua attività di traduttore che alterna all’insegnamento della lingua inglese: per un compenso di 1000 lire traduce “Moby Dick” di Herman Melville e “Riso nero” di Anderson. Nel 1934, intanto, prende il posto di Leone Ginzburg, arrestato dalla polizia fascista, alla direzione della rivista “La Cultura” e inizia a collaborare con la casa editrice Einaudi. L’anno successivo, nel 1935, viene arrestato per i suoi rapporti con il gruppo antifascista “Giustizia e Libertà” e viene inviato per un anno a Brancaleone Calabro.
Da Borges a Calvino, il ‘900 letto sui libri di Kerbaker
È del 1936 la prima importante opera di Cesare Pavese che si intitola “Lavorare stanca”: si tratta di una raccolta di poesie dove sono già evidenti alcuni dei temi semantici che caratterizzeranno anche le produzioni successive. Tra questi, quello della solitudine e quello del silenzio e il suo rapporto di amore e odio nei confronti delle Langhe e dei luoghi della sua infanzia.
Nel frattempo inizia a scrivere i racconti che verranno pubblicati postumi, prima nella raccolta “Notte di festa” e poi, nel 1939, completa la stesura del suo primo romanzo breve tratto dall’esperienza del confino intitolato “Il carcere”. In quello stesso anno scrive “Paesi tuoi”. È la prima opera di narrativa data alle stampe nonché il primo grande successo dello scrittore che viene definitivamente assunto dalla casa editrice Einaudi nel 1942.
Durante l’occupazione tedesca si rifugia in un paese del Monferrato, dalla sorella. Dopo la Liberazione, si iscrive al partito Comunista e comincia a collaborare all’Unità. Sempre nel dopoguerra l’attività letteraria di Pavese prosegue con grande intensità. Sono diverse le opere pubblicate tra le quali spicca “La casa in collina”.
“La luna e i falò” e la vittoria del Premio Strega con “La bella estate”
Nel 1950 pubblica “La luna e i falò”, romanzo con cui torna ad affrontare il tema della guerra partigiana, già trattato ne “La casa in collina”. In quello stesso anno, a giugno, vince il Premio Strega con “La bella estate”: una raccolta di tre romanzi brevi scritti in tempi diversi e pubblicata da Einaudi nel 1949. Un’opera che comprende “La bella estate” (1940), “Il diavolo sulle colline” (1948), e “Tra donne sole” (1949).
La morte
Il 27 agosto 1950, due mesi dopo aver vinto il Premio Strega, Cesare Pavese muore a Torino. Colpito da un profondo disagio esistenziale e tormentato da una cocente delusione amorosa per via di Constance Dowling, attrice americana di cui lo scrittore era innamorato e alla quale dedicò i versi di “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, Pavese si toglie la vita in una camera dell’albergo Roma di Piazza Carlo Felice a Torino. Sul tavolino della sua camera viene trovato un libro, “Dialoghi con Leucò”. Sulla prima pagina aveva scritto: “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”.