Per la prima volta nella storia dei giubilei ordinari c’è una porta santa in carcere: l’ha aperta il 26 dicembre papa Francesco alla casa circondariale di Rebibbia. Il 26 dicembre 1958, Papa Giovanni XXIII fece visita al carcere di Regina Celi. Per comprendere la portata storica della visita bisogna sapere che erano 90 anni che un Pontefice non varcava la soglia di un penitenziario. Sotto molti aspetti il Giubileo di Francesco realizza e completa le intuizioni conciliari di papa Roncalli. “Ho messo i miei occhi nei vostri occhi” è il passaggio principale del discorso che papa Giovanni XXIII rivolse ai detenuti del Carcere di Regina Coeli. Mentre si avvia all’uscita della prigione, Papa Giovanni vede un uomo staccarsi dal gruppo dei reclusi raccolti attorno all’altare. Quegli lo guarda con occhi arrossati dal pianto e, cadendogli ai piedi, domanda: “Le parole di speranza che lei ha pronunciato valgono anche per me, che sono un grande peccatore?”. Roncalli non risponde. Si china sull’uomo, lo solleva, lo abbraccia e lo tiene a lungo stretto a sé. Giovanni XXIII, da poco eletto, aveva confidato al Segretario di Stato, Domenico Tardini, l’intenzione di convocare il Concilio vaticano II. “Deve la mistica navicella di Cristo rimanere in balia dei flutti ed essere spinta alla deriva, o non è piuttosto da essa che ci si attende non solo un nuovo monito ma anche la luce di un grande esempio?”.
Intuendo ciò che si andava preparando sulla scena del mondo, Giovanni XXIII – il Papa che un po’ tutti, per l’età avanzata, consideravano un “Papa di transizione” – aveva preso quella decisione, pur così rischiosa. E poi, nemmeno tre mesi dopo l’elezione, l’aveva annunciata ai cardinali di Curia. Era il 25 gennaio 1959. E, nel cenobio benedettino accanto alla basilica di san Paolo, i porporati, a sentire quella parola, Concilio, erano rimasti scioccati, increduli. E, aveva commentato ironicamente il Pontefice, avevano reagito con un “impressionante devoto silenzio”. Era la reazione di una Chiesa che non voleva cambiare nulla, perché aveva paura di cambiare. E che, nella fase preparatoria, avrebbe compiuto sistematicamente un’opera di contenimento, di opposizione, al fine di condizionare i vari schemi in una direzione ben precisa. Ma Giovanni XXIII non si era scoraggiato. Non era passato al contrattacco, e però, in questo modo, si era riservato uno spazio di libertà e di azione che gli aveva permesso di portare avanti il suo programma di “aggiornamento”.
Programma che Roncalli confermerà tutto nel suo eccezionale discorso all’apertura delle assise. Quel giorno, quell’11 ottobre, cominciò infatti qualcosa di nuovo, di inarrestabile. La storia non sarebbe più tornata indietro. Senza stravolgimenti, certo, ma anche con determinazione, con fermezza, componendo insieme fedeltà alla Tradizione e rinnovamento profetico, ritorno alla purezza delle fonti e nuovo approccio con il mondo e con i problemi degli uomini. E, quel cambiamento, fu ancora più evidente la sera. Tutto accadde in maniera inaspettata. Piazza san Pietro si riempì di gente, Giovanni XXIII non voleva affacciarsi ma alla fine cedette. E, sulle sue labbra, sbocciò quello splendido discorso alla luna. “Si direbbe che anche la luna si è affrettata stasera. Guardatela là in alto”. Con l’invito ai papà, quando fossero tornati a casa, a dare una carezza ai loro bambini e a dirgli che gliela mandava il Papa. Parole semplici ma che andavano subito al cuore.
Parole della vita di ogni giorno, ma che la Chiesa per tanto tempo aveva come dimenticato, per adottare invece un linguaggio tutto suo, astratto, lontano dalla quotidianità del popolo. Dopo quel discorso improvvisato, Giovanni XXIII rientrò commosso nella sua stanza. “Non mi aspettavo tanto”, confidò al suo segretario, mons. Capovilla. “Mi sarebbe bastato di annunciarlo, il Concilio. Dio mi ha permesso di avviarlo”. Morì pochi mesi dopo, ma la sua parte l’aveva fatta, e questo probabilmente era il ruolo che la Provvidenza gli aveva riservato: convocare il Concilio, aprirlo e tracciarne le grandi traiettorie pastorali ed ecumeniche. Insomma, l’inizio di una nuova storia, per la Chiesa cattolica ma anche per l’umanità.