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L’importanza di accogliere tutti i “passerotti” di questa Terra

Sessant’anni fa un giovane Paul Simon compose una canzone inserita in un album del celebre duo Simon & Garfunkel che non ebbe immediato successo, tanto da determinare lo scioglimento del sodalizio fino a quando non fu ripreso tre anni dopo per la notorietà derivata dal film Il laureato, con Dustin Hoffman ed Anne Bancroft in cui svettano due arcinote canzoni, Mrs. Robinson e The Sound of Silence.

Questa canzone, invece, intitolata Sparrow, ha la struttura di un madrigale, composizione lirica tipica del rinascimento italiano, derivata dal sonetto trecentesco di scuola siciliana ma di forma e contenuto più libero, del tutto inusitata nella New York battuta dal rock and roll di quegli anni Sessanta che interpretava la protesta giovanile. Parlava di un passerotto (in inglese nel titolo) che cercava riparo e conforto dopo un lungo viaggio, ma la quercia, sorda al suo pianto, non volle ospitarlo poiché non voleva nidi tra i suoi rami, il cigno non spese una parola di conforto perché aveva vergogna di farsi vedere insieme a lui e la spiga gli negò il cibo per non sprecare il suo grano. La voce narrante sente respingere il suo accorato appello di aiuto al quale, in ultimo, rispose solo la Terra, con un risoluto: “lo farò io, perché tutti da me siete venuti e tutti a me ritornerete!

Il brano musicale con un penetrante arpeggio, articolato su di una struggente alternanza di cadenze sospese e di inganno, suona come un martello nella mente per richiamare alla sacralità della vita, troppo spesso dimenticata dall’egoismo, dalla vanità e dall’ipocrisia che il giovane autore identifica nella quercia, nel cigno e nella spiga ed anticipa di decenni quell’atteggiamento oltranzista che constatiamo nei confronti di chi chiede accoglienza dopo un lungo ed estenuante viaggio migratorio.

Ben conosciamo le speculazioni non solo economiche che girano intorno a questo fenomeno, ben sappiamo che ci sono organizzazioni che ne gestiscono gli interessi, infastidisce la pretesa di avere gratis beni e servizi che altrove sono centellinati, osserviamo una sistematica incapacità di programmazione e di organizzazione per regolare decentemente i flussi ed evitare i tragici episodi di violenza derivante dall’esasperazione. Vediamo tutto e ci riempiamo la bocca, ma dimentichiamo che sono persone e questo da solo basterebbe per riscrivere l’agenda.

La Terra ci accoglie tutti, intuiva decenni fa il cantautore, perché da essa veniamo, siamo polvere e tale ritorneremo: in essa non c’è spazio per le impennate di egoismo, per le celebrazioni della vanità e tanto meno per le manifestazioni di ipocrisia, se solo riuscissimo a guardare oltre la pubblicità, magari cambiando canale ma lo facciamo solo con il televisore, poi i social ci imbottiscono di ammiccanti istruzioni e pelosi consigli.

Poi viene il Natale che insieme ai tanto criticati doni che invece fanno la felicità di tutti, anzitutto nel darli prima ancora che nel riceverli, con i pensieri che vanno ai destinatari, agli ospiti, ai familiari, con la ricerca del regalo gradito, con l’ascolto dei desideri, ci porta la gioia dello stare insieme, di condividere gli affetti, di abbracciare le persone care ed accoglierne di nuove nella magia di quest’atmosfera, perché per quanto ci possano negare o distoglierci, la venuta di Cristo al mondo ha portato l’amore per gli altri e lo festeggiamo con il cuore gonfio di trepidazione fino a quando anche noi, esausti ma felici, arriveremo alla meta, avendoci vissuto insieme.

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