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Una lettera per Gesù Bambino

Foto di articgoneape da Pixabay

Caro Gesù Bambino, “Bambino”, soprattutto! Scriverti una letterina di Natale dopo più di 40 anni, mi dà l’idea di quanto tempo sia passato da allora. Avevo 7 anni quando, per la prima volta ti ho scritto. La suora ci dette, infatti, il natalizio compito di scriverti una letterina di Natale. Dovevamo invocarti, chiederti qualcosa e, alla fine della lettera, ringraziarti,  sperando d’essere esaudite. Ciascuna di noi aveva portato una letterina di Natale, di quelle comprate dal cartolaio, colorate e col bordo tempestato di lustrini, fiocchi e nevicate. Con qualche errore di ortografia, ti chiesi di crescermi buona, obbediente, giudiziosa; ti chiesi di proteggere i miei genitori, i miei fratelli, tutti i miei parenti e, perfino i miei insegnanti. Quello che anche le altre ti avevano a chiesto.

A sorpresa, però, aggiunsi che tu dovevi anche difendere tutti i bambini del mondo. Tutti i bambini come te. Ho ancora quella letterina ed una foto, in classe, mentre, con altre compagne ed una suora, sto guardando quel “Presepe”.  Tu eri lì, Gesù Bambino, nel Presepe della mia classe, tra il bue e l’asinello, tra Maria e Giuseppe. Eri un bambino di preziosa fattura, bianco, roseo, nudo, con i capelli d’oro boccoluti che sembravano veri. Eri molto piccolo mentre tutte le altre statuine, nessuna esclusa, erano grandi e coloratissime. Ricordo quella sproporzione ancora oggi. Ricordo di aver pensato che per te, così piccolo e bianco, si era mosso tutto quell’universo di grandi figure, animali, oggetti. In alto le stelle, tante, e la Cometa con la coda “pettinata” d’oro che non finiva mai; gli angeli che ti somigliavano e se ne stavano, come grandi uccelli, sospesi in alto con le cedre in mano; la stalla, che sembrava una reggia ricavata dalla grotta ed era comoda e grande; il bue,e l’asino e tutte le altre bestie che popolavano il verde prato  davanti alla mangiatoia: pecore, oche, galline, galli, cani cavalli, cammelli, etc. etc.

Poi c’erano Maria e Giuseppe che sorridevano ed erano vestiti, d’azzurro e bianco lei, di marrone e rosso lui. Sorridevano alla gente che per rendere omaggio al bambino da ogni parte arrivava: poveri e ricchi, contadini, massaie, portatrici d’acqua e di pane e, soprattutto, pastori col gregge. Anche il nonno, ogni anno, a casa nostra, faceva il Presepe. Lo faceva alla “napoletana” con le statuine antiche che aveva ereditato dagli avi. Erano statuine che avevano attraversato ogni fortuna e sfortuna della famiglia, patito, senza troppi danni, i traslochi degli infiniti peregrinaggi. A quelle preziose reliquie di Capodimonte, ciascuna delle quali era un’opera d’arte, il nonno aggiungeva, di anno in anno, le statuine comprate a Spaccanapoli che portavano, nel Presepe di pastori e contadini, l’attualità della vita moderna. Così, quello del nonno, alla fine, era un Presepe con gli operai, i leader politici, i cantanti e le personalità del momento.

Dopo la morte del nonno, io continuai a fare sempre il Presepe: mi sembrava una maniera per ricreare, in casa mia, un mondo di accoglienza intorno ad un bambino. Un mondo che, per una volta, era veramente “a misura di bambino”. Intorno a te, infatti, caro Gesù Bambino, si raccoglievano tutti e tutto aveva un senso: la natura che offriva la grotta al tuo desiderio di farti figlio dell’uomo; gli animali che ti scaldavano affinché il freddo non assiderasse le tue speranze; il cielo con le stelle che illuminavano la notte; gli angeli che erano lì per cantarti la ninna nanna; la Cometa, che per te, indicava la strada ai Magi, ai potenti della terra (“mag” vuol dire potenza) affinché venissero a renderti omaggio insieme alla gente umile, insieme ai contadini, ai pastori, agli operai, alle donne.  Intorno a te e per te, aveva un senso anche la famiglia. Nel tempo e nonostante, anzi, forse, a motivo delle mie laiche convinzioni progressiste, ho sempre pensato che la “sacra famiglia” è la più forte, coraggiosa, umana proposta di famiglia che si possa pensare.

Ci sono, infatti, due genitori che considerano il loro figlio il centro del mondo. Anche se quel loro figlio “non è loro”. Non è una proprietà o un bene o l’espressione della loro continuità oltre la morte. E’ un bambino, venuto “attraverso” di loro che riceve amore, cure, protezione, educazione, malgrado gli orrori e i pericoli e le persecuzioni, in quanto è lui il Re dell’universo; in quanto Lui è un Bambino. Ed ogni bambino è un Re. La maternità e la paternità non sono soltanto un evento biologico. Sono un dare vita alla vita, un dare corpo all’anima. Sono un “fare anima”. E l’anima di ogni famiglia e del mondo sono i bambini. Sono i bambini che trasformano una coppia in una famiglia, il mondo in un Presepe allargato che gira, anzi che dovrebbe girare intorno a loro per “farsi” a loro misura. Così, dopo tanti anni, tornando a scriverti la lettera di Natale, provo una grande commozione e quella bambina che mi abita dentro, mi suggerisce le parole che sto tracciando. Sono le stesse di quando avevo 7 anni. Sono le stesse della mia prima lettera di Natale. Quella che mia madre ha sempre conservato.

Caro Gesù Bambino, E’ Natale e tu sei nato. Ti prego di farmi crescere sempre buona, obbediente, sincera e giudiziosa. Proteggi la mia mamma, il mio papà, i miei fratelli, i nonni e gli zii e tutti gli altri parenti. Proteggi anche i miei insegnanti e, per piacere, difendi tutti i bambini del mondo perché sono bambini come te.

Pubblicato su Famiglia Cristiana

Maria Rita Parsi: