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Il cinese ha mangiato la banana

Foto di Ussama Azam su Unsplash

Il percorso di dissacrazione dell’arte mediante la negazione delle regole e l’avvento della provocazione, iniziato con l’impressionismo, è giunto al suo apice qualche anno fa con l’opera Comedian di Maurizio Cattalan, che è una banana fissata con il nastro adesivo ad una parete. L’opera si definisce concettuale poiché attraverso quell’oggetto ed il modo con cui viene rappresentata stimola nell’osservatore una riflessione, in questo caso sulla riduzione dell’arte solo al valore commerciale.

Esempi del genere sono innumerevoli nel secolo trascorso e ne testimoniano l’evoluzione, dalla rappresentazione della natura alla manifestazione del pensiero, mentre le ragioni vanno ricercate nella risposta della persona di fronte all’avvento della tecnologia derivata dalla industrializzazione, che la mortifica ed umilia. Il discorso è noto: l’avanzata del progresso mediante le nuove scoperte scientifiche e le conseguenti applicazioni tecniche hanno messo da parte l’uomo, meno funzionale di una macchina agli scopi produttivi. Il dibattito prosegue con l’intelligenza artificiale. Ma l’uomo c’è e rimane tale anche se travolto dai progressi tecnologici. L’arte lo difende contro il suo appiattimento.

Il mio amico Liborio ha notato che l’esasperazione commerciale, indubbiamente colta da Cattelan esponendo una banana, ha spostato l’attenzione dal significato intrinseco dell’arte, che ne attribuiva il valore e di conseguenza ne determinava il prezzo, elevando solo quest’ultimo ad indice del valore prescindendo dai suoi pregi: la logica è stata capovolta giacché non è più il valore che determina il prezzo ma quest’ultimo indica il valore! Questo meccanismo illogico si ritrova in moltissime espressioni laddove per qualunque oggetto da valutare, tra cui cose, luoghi, pietanze, capi di abbigliamento, doni, quadri, spettacoli, non si dà più importanza ai pregi, al soddisfacimento dei bisogni, dei gusti, dei piaceri, alle qualità piuttosto che alle idee ed ai significati, ma si assume quale primario elemento di valutazione solo il suo prezzo: più è alto migliore è il valore! E questo fenomeno comprende anche la valutazione della persona, che viene considerata quasi interamente in base alla quantità di danaro di cui dispone tanto che in un ristorante ho letto un cartello: cercasi marito che abbia soldi!

Ecco la notizia: il cinese, poiché oggi nel pensiero diffuso la Cina rappresenta la vera potenza mondiale surclassando l’America, e quindi il ricco non è più l’americano (seguito poi dal russo postcomunista) ma il cinese, vero soggetto da considerare plutocrate. Ed il gesto di mangiare la banana, dopo aver acquistato l’oggetto d’arte (non il frutto) al prezzo di oltre sei milioni di dollari, diventa l’argomento di ammirazione poiché solo chi ha tanti soldi può permettersi di gettarli via con tale disprezzo ed arroganza. E c’è anche la morale, quella imposta in maniera subdola ed indiretta: cerca di essere tanto ricco da poter anche tu gettare i soldi e diventare oggetto dell’altrui invidia, perché anche tu saprai disprezzare con pari arroganza. La negazione di tutti i valori che l’umanità ha conquistato durante il corso dei millenni è categorica.

Siamo quindi di fronte a due realtà completamente opposte che coesistono: si è già parlato di mondo a due, forse anche tre velocità, distinguendo la realtà dei ricchi da quella dei poveri ed inserendo anche il valore intermedio di chi non appartiene a nessuno dei due estremi che è la stragrande maggioranza delle persone. Ma qui dobbiamo aggiungere che le diverse velocità riguardano anche i destinatari delle notizie, poiché quella che abbiamo riportato, con il suo contenuto etico negativo, se non addirittura spregevole, non riguarda la stragrande maggioranza delle persone ma viene spinta e sostenuta solo da chi ha interesse a siffatte notizie, non certo di interesse generale, neanche particolare, men che meno utile o significativo, che non solo qualsiasi mente umana, ma finanche una intelligenza artificiale seriamente programmata, dovrebbe respingere neanche con un sonoro sberleffo che comunque esprime considerazione, ma con la più totale indifferenza.

Forse è proprio qui la soluzione del problema che angustia in questi tempi tantissime persone: vogliono che siamo numeri, consumatori, utenti, lettori, amici virtuali, sostanziali acquirenti. Ignoriamoli, ciascuno di noi con il proprio idioma, così i loro interessi caleranno, e taceranno, lasciandoci lo spazio per esprimerci, in maniera più umana.

Roberto de Tilla: