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IA e mercato del lavoro: i metodi per gestire il cambiamento

Foto di Nahrizul Kadri su Unsplash

Con l’avvento dell’intelligenza artificiale (IA), il mondo del lavoro sta attraversando una trasformazione profonda e in rapida accelerazione. Se da un lato l’IA promette di incrementare l’efficienza e di creare nuove professioni, dall’altro solleva preoccupazioni riguardo alla perdita di posti di lavoro, specialmente tra le classi sociali più vulnerabili. Questa tecnologia sta ridisegnando il mercato del lavoro globale, ma il suo impatto è complesso e non privo di contraddizioni: mentre alcune categorie di lavoratori vedranno un aumento delle opportunità, altre potrebbero subire conseguenze negative a causa dell’automazione e della ridistribuzione del lavoro.

Uno degli effetti più immediati dell’intelligenza artificiale riguarda l’automazione di molti processi produttivi, che può portare alla perdita di milioni di posti di lavoro. Mansioni ripetitive, manuali o legate alla logistica sono tra le più a rischio. In fabbrica, nei magazzini e nei servizi di trasporto, le tecnologie basate sull’IA come i robot e i veicoli autonomi stanno gradualmente sostituendo i lavoratori, rendendo alcuni ruoli obsoleti. Il problema non è solo economico, ma anche sociale. Nelle economie sviluppate e in via di sviluppo, molte persone con redditi bassi o medie qualifiche trovano occupazione proprio in settori vulnerabili all’automazione. La perdita di posti di lavoro può generare insicurezza economica, ampliando il divario tra chi possiede competenze avanzate e chi ne è privo. Inoltre, il processo di sostituzione non è compensato dalla creazione immediata di nuove posizioni, lasciando intere fasce di lavoratori senza alternative.

Nonostante i rischi legati all’automazione, l’IA sta creando nuovi posti di lavoro e interi settori emergenti, offrendo ruoli legati allo sviluppo, alla gestione e alla manutenzione delle tecnologie avanzate. Tuttavia, queste nuove opportunità richiedono competenze digitali specifiche e una conoscenza tecnologica avanzata, elementi che non sono facilmente accessibili a tutti. Per le classi sociali più svantaggiate, che spesso non hanno le risorse per accedere a formazione e istruzione di alta qualità, questo crea un ostacolo significativo. Senza politiche di supporto che promuovano l’accesso alla formazione, è probabile che l’IA contribuisca ad ampliare il divario tra i lavoratori qualificati e quelli con competenze limitate. Per questo motivo, alcune aziende e governi stanno già investendo in programmi di formazione professionale mirati, offrendo corsi di riqualificazione per aiutare i lavoratori a sviluppare competenze digitali che rispondano alle nuove esigenze del mercato del lavoro.

Un interessante sviluppo nell’evoluzione del lavoro riguarda il concetto di lavoro ibrido, ovvero ruoli in cui l’essere umano collabora con macchine intelligenti per svolgere compiti complessi. Questo modello potrebbe offrire opportunità di crescita ai lavoratori, ma richiede una trasformazione del modo in cui concepiamo il lavoro. Le persone dovranno sviluppare competenze trasversali e imparare a lavorare a fianco delle macchine, usando l’IA per aumentare la produttività e migliorare la qualità dei servizi.

Un esempio concreto di lavoro ibrido è rappresentato dal settore sanitario, dove l’IA è già utilizzata per analizzare grandi quantità di dati e supportare i medici nella diagnosi e nel trattamento. Tuttavia, per quanto promettente, il lavoro ibrido solleva sfide riguardo al ruolo centrale dell’essere umano e alla distribuzione delle responsabilità, poiché è ancora in fase sperimentale e non applicabile a tutti i settori. L’IA ha avuto un impatto significativo sulla crescita della gig economy, un settore in cui i lavoratori svolgono lavori occasionali o su richiesta tramite piattaforme digitali. La gig economy è spesso vista come una fonte di flessibilità per coloro che cercano un reddito extra o che vogliono organizzare il proprio tempo. Tuttavia, questa flessibilità porta con sé anche incertezze economiche e mancanza di benefici per i lavoratori, come la sicurezza sociale, l’assicurazione sanitaria e le pensioni.

Per i lavoratori svantaggiati, la gig economy rappresenta un’arma a doppio taglio: sebbene offra opportunità di guadagno, è spesso caratterizzata da compensi ridotti e dall’assenza di protezioni legali. I rischi aumentano con l’automazione e l’IA, poiché queste piattaforme utilizzano algoritmi che determinano in modo automatico la distribuzione dei lavori e la remunerazione. Le aziende possono quindi stabilire le condizioni di lavoro dei gig workers senza dover rispondere a regolamentazioni standard, aumentando la precarietà di queste occupazioni.

Uno dei modi più efficaci per affrontare i cambiamenti nel mercato del lavoro è investire in formazione continua e in educazione accessibile. L’intelligenza artificiale richiede competenze che cambiano rapidamente e solo una formazione costante può permettere ai lavoratori di adattarsi a queste trasformazioni. Alcuni governi e aziende stanno avviando progetti di upskilling (miglioramento delle competenze) e reskilling (riqualificazione) per garantire che i lavoratori possano trovare nuovi ruoli compatibili con le esigenze dell’economia digitale. Programmi di riqualificazione professionale, spesso supportati da collaborazioni pubblico-privato, stanno emergendo in diversi Paesi per ridurre il rischio di disoccupazione tecnologica. Tuttavia, affinché tali programmi abbiano un impatto significativo, è essenziale che siano accessibili a tutti, inclusi i lavoratori delle classi meno abbienti, che spesso non possono permettersi corsi di formazione a pagamento.

L’introduzione dell’IA nel mondo del lavoro deve avvenire in modo etico, rispettando i diritti dei lavoratori e favorendo l’inclusione sociale. Alcune aziende stanno sviluppando politiche di IA etica che promuovono la trasparenza e l’equità nella gestione dei dati e delle decisioni prese dagli algoritmi. Ad esempio, molte imprese stanno adottando algoritmi che considerano il benessere del lavoratore e riducono i rischi di discriminazione nella selezione dei candidati o nell’assegnazione dei turni di lavoro. Una gestione etica dell’IA deve anche prevedere l’implementazione di regolamenti che limitino l’uso improprio della tecnologia e tutelino i lavoratori dalle forme di sfruttamento. Solo attraverso un approccio inclusivo sarà possibile garantire che l’IA diventi uno strumento di progresso e non una fonte di disuguaglianza.

L’intelligenza artificiale rappresenta una forza dirompente nel mercato del lavoro, capace di trasformare profondamente le dinamiche occupazionali. Sebbene essa possa aprire nuove opportunità e migliorare la qualità dei servizi, pone anche rischi significativi per le classi sociali più vulnerabili. La sfida è riuscire a implementare soluzioni che proteggano i lavoratori, promuovano la riqualificazione e garantiscano una distribuzione equa dei benefici dell’IA. Solo un impegno collettivo e una gestione responsabile di queste tecnologie possono assicurare che il futuro del lavoro sia davvero accessibile a tutti.

Paolo Berro: