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Giustizia sociale e carità universale: l’impegno della Chiesa

In questo periodo storico fortemente segnato dall’emergere di nuove conflittualità risulta, più che mai, urgente ricostruire un ordine internazionale in cui gli Stati non debbano governare isolati, in quanto uno Stato non può avere diritti illimitati. È nella natura dell’uomo e delle istituzioni umane la necessità della convivenza che implica sempre dei limiti d’azione. La ricerca della pace e la soluzione del problema dello sviluppo richiede la cooperazione tra le singole comunità politiche, perché è necessario che gli Stati contribuiscano allo sviluppo degli altri Stati.

Alla luce di ciò, la Dottrina sociale incoraggia forme di cooperazione capaci di incentivare il dialogo tra i popoli, l’accesso al mercato internazionale dei Paesi segnati da povertà e sottosviluppo. Lo spirito della cooperazione internazionale richiede che, al di sopra della stretta logica del mercato, vi sia la consapevolezza di un dovere di solidarietà, di giustizia sociale e di carità universale. La Comunità internazionale, quindi, deve essere regolata dal diritto, ordinata al bene comune e rispettosa del principio di sussidiarietà. Tale assioma è evocato anche nella regolazione dei rapporti tra poteri pubblici delle singole comunità politiche e poteri pubblici della comunità mondiale.

Rispetto alla Comunità internazionale, per Papa Francesco il quale è da sempre molto preoccupato per la povertà nel mondo, è connesso il problema dei conflitti e delle guerre. Il Santo Padre ha più volte ricordato che dove c’è un’aggressione ingiusta, si può soltanto dire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto. L’affermazione del Papa si colloca sulla linea tracciata da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, nell’ambito del principio di responsabilità di proteggere, formalmente accettato da tutti gli Stati membri dell’ONU, in occasione del Summit mondiale del settembre 2005. Tale principio prevede la responsabilità di ciascuno Stato di proteggere la sua popolazione dal genocidio, dai crimini di guerra, pulizia etnica e crimini contro l’umanità.

Al vertice, i leader mondiali convengono che, quando uno Stato non riesce a rispondere a tale responsabilità, la Comunità internazionale ha la responsabilità di aiutare le persone minacciate di tali crimini a proteggersi. Col tempo ci sono state modificazioni ed adattamenti alla costruzione originale, in futuro, per garantire quel cambiamento auspicato, è necessario porre precisi limiti temporali alla permanenza in posizioni di potere nel contesto delle organizzazioni internazionali o soprannazionali, avendo anche cura di istituire organismi indipendenti qualificati cui rivolgersi per intervenire su questioni altamente specialistiche.

Qualora i mezzi pacifici, tra cui diplomatici, umanitari e altri, sono inadeguati e le autorità nazionali risultano “manifestamente incapaci” di proteggere le proprie popolazioni, la Comunità internazionale deve agire collettivamente in un “modo tempestivo e decisivo” – attraverso il Consiglio di sicurezza dell’ONU e in conformità con la Carta delle Nazioni Unite – caso per caso e in collaborazione con le organizzazioni regionali. Nella sua dichiarazione Papa Francesco, correttamente, sottolinea, che una sola Nazione non può giudicare come si ferma un aggressore ingiusto. Tale precisazione è evidentemente conforme a quanto stabilito dall’ONU, con il chiaro intento di evitare il rischio che un singolo Stato utilizzi l’intervento umanitario come copertura per perseguire altri interessi.

Rispetto agli attuali conflitti, Papa Bergoglio auspica per le aree di conflitto il rispetto del diritto umanitario e del diritto internazionale, nell’ambito della Comunità internazionale, a cui assegna un ruolo fondamentale e, pertanto, una soluzione negoziale tra le parti coinvolte. Papa Francesco, più volte, ha ribadito che “ancora oggi dobbiamo pensare con attenzione al concetto di ‘guerra giusta’. Abbiamo imparato in filosofia politica che per difendersi si può fare la guerra e considerarla giusta. Ma si può parlare di ‘guerra giusta’? O di ‘guerra di difesa’? In realtà la sola cosa giusta è la pace“. Questo principio, guardando al Natale che ci apprestiamo a vivere, deve rappresentare il fulcro dell’azione globale, partendo dalle nostre comunità fino ad arrivare ai più elevati contesti internazionali.

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