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Garantire l’accessibilità al voto è un impegno sociale

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Il diritto di voto è uno dei capisaldi della democrazia, eppure per le persone con disabilità rappresenta spesso una corsa ad ostacoli che non trova soluzione adeguata. In Italia, le leggi antidiscriminazione e quelle che regolano l’accessibilità sono molteplici: l’articolo 3 della Costituzione, la Legge 104 del 1992, la Legge Stanca del 2004, la Legge 67 del 2006 e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia nel 2009. Tuttavia, tra la normativa e la sua applicazione esiste ancora un divario profondo. Le persone con disabilità, indipendentemente dalla loro condizione, vivono esperienze di esclusione che impediscono o limitano la possibilità di esercitare questo diritto fondamentale.

Prendiamo ad esempio chi ha una disabilità fisica o motoria. Per loro, il primo grande ostacolo si presenta spesso ancora prima di entrare nel seggio elettorale. Nonostante le normative italiane prevedano che i seggi debbano essere accessibili, la realtà racconta qualcosa di diverso. Esistono sedi situate in edifici privi di ascensori o con scale impossibili da superare in autonomia. Anche quando si riesce ad accedere, non è raro che le cabine di voto siano troppo strette per consentire l’ingresso di una sedia a rotelle. I tavoli spesso non sono regolabili e scrivere risulta scomodo o fisicamente impossibile. Questa mancanza di attenzione costringe molte persone a rinunciare a votare o a farlo in condizioni che ledono la loro autonomia. Pensiamo a un elettore con tetraplegia, che non può votare senza un accompagnatore e si ritrova, di fatto, privato della possibilità di esercitare il proprio diritto in completa riservatezza.

Un altro esempio riguarda chi ha disabilità visiva. La legge prevede che le persone cieche o ipovedenti possano essere accompagnate al voto da un familiare o da una persona di fiducia. Questo strumento, però, se da un lato facilita l’accesso, dall’altro compromette la segretezza del voto. Chiunque vota dovrebbe poterlo fare senza che altri siano a conoscenza della scelta espressa sulla scheda, ma per chi non può leggere autonomamente le opzioni e segnare il simbolo giusto, questa libertà è negata. Sebbene esistano soluzioni come le schede elettorali con scritte in Braille o tecnologie che consentirebbero la lettura tramite dispositivi audio, queste opzioni vengono applicate raramente. Molte persone cieche, quindi, si trovano costrette a fidarsi di chi li accompagna, sperando che la loro volontà venga rispettata.

Non meno problematico è il caso delle persone con disabilità uditiva. La barriera, in questo caso, è principalmente comunicativa. I seggi elettorali non sono predisposti per fornire informazioni o supporto tramite operatori che conoscano la Lingua dei Segni Italiana (LIS). Anche un banale chiarimento su come compilare la scheda o dove firmare può diventare una situazione di imbarazzo e incomprensione. Le persone sorde rischiano di trovarsi isolate, con difficoltà nel comunicare con gli addetti e nella comprensione delle procedure. Questo ostacolo, apparentemente secondario, può scoraggiare la partecipazione e far sentire escluso chi già si trova in una situazione di marginalizzazione.

Le problematiche si estendono anche alle persone con disabilità cognitive, come chi presenta disturbi dello spettro autistico o ritardi intellettivi. Per queste persone, il processo elettorale è spesso poco chiaro e complesso. Le informazioni sui candidati e sulle modalità di voto sono scritte in linguaggio burocratico e raramente fornite in versioni semplificate o simboliche. Questo rende difficile comprendere come procedere una volta arrivati al seggio. In assenza di supporto adeguato, chi ha una disabilità cognitiva potrebbe essere confuso, sentirsi inadeguato o addirittura rinunciare al proprio diritto, scoraggiato dalla mancanza di strumenti accessibili.

In questo contesto, la Legge 67/2006 svolge un ruolo cruciale nella tutela delle persone con disabilità, contrastando qualsiasi forma di discriminazione diretta o indiretta. La discriminazione diretta si verifica quando una persona con disabilità viene trattata in modo meno favorevole rispetto agli altri, come accade quando un seggio elettorale privo di accessibilità fisica impedisce l’ingresso a un elettore con disabilità motoria. La discriminazione indiretta, invece, si manifesta quando una norma o una prassi apparentemente neutra crea uno svantaggio oggettivo: un esempio è l’assenza di schede Braille o di strumenti tecnologici assistivi, che rende impossibile il voto autonomo per le persone non vedenti. La Legge 67/2006 offre la possibilità di agire legalmente contro queste discriminazioni, chiedendo non solo la rimozione delle barriere ma anche un risarcimento del danno subito.

La somma di queste difficoltà ci pone di fronte a una realtà scomoda: in Italia votare non è un diritto garantito a tutti con equità. Persone con disabilità fisica, sensoriale o cognitiva devono affrontare ostacoli che la maggior parte degli altri cittadini non vede e nemmeno immagina. Ciò che manca non sono solo infrastrutture fisiche, ma anche strumenti tecnologici e culturali. Sistemi elettronici accessibili, guide semplificate, l’introduzione di assistenti formati e l’uso di tecnologie come il voto digitale potrebbero facilitare il processo e renderlo davvero inclusivo.

Di fronte a questa situazione, ogni cittadino può giocare un ruolo attivo. Segnalare i seggi inaccessibili ai Comuni, sensibilizzare l’opinione pubblica e chiedere che il diritto di voto venga garantito a tutti non è solo un dovere civico, ma anche un atto di responsabilità. Ogni elettore, indipendentemente dalla propria condizione, deve poter votare in autonomia, sicurezza e segretezza. Una democrazia non può dirsi tale se lascia indietro una parte della sua popolazione. Garantire l’accessibilità del voto non è solo un obbligo di legge, ma un impegno sociale che ci riguarda tutti.

La strada per un voto davvero inclusivo è ancora lunga, ma partire dalla consapevolezza dei problemi può essere il primo passo per trovare soluzioni concrete. Se il diritto al voto appartiene a tutti, allora dobbiamo assicurarci che nessuno venga privato della possibilità di esercitarlo. In questo impegno, il futuro della nostra democrazia diventa più equo e più giusto per tutti.

Paolo Berro: