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Come nacque la tradizione di celebrare l’Anno Santo

credito: STEFANO CAROFEI

Papa Francesco aprirà la Porta Santa della basilica di San Pietro la notte di Natale e con questo gesto inizierà il Giubileo del 2025 che ha come tema “Pellegrini della Speranza”. Ma come nacque la tradizione di celebrare l’Anno Santo? Il popolo di Israele celebrava, secondo la legge di Mosè, nel 1391 a. C. il primo anno “giubilare”, come è riportato nel libro del Levitico, quell’anno che doveva succedere alle sette settimane di anni, ossia il cinquantesimo.

Gli israeliti lo chiamavano “anno di giubileo”, si volle spiegare questa denominazione con la voce “jobàl” che significa remissione, oppure facendola derivare dal verbo “jobil”, che vuol dire ricondurre. Senza pensare a interpretazioni strane e complicate è il caso di ricordare che la voce “jobèl” si riferisce al corno dell’ariete, strumento che si usava suonare quando appunto era proclamato l’anno del giubileo.

In questo anno gli schiavi venivano liberati e ogni cosa venduta o impegnata ritornava al vecchio proprietario. Fu certo riallacciandosi a quell’antica tradizione che la Chiesa Cattolica seguì negli anni santi la consuetudine del giubileo ebraico, spiritualizzandone l’azione e perdonando i peccati dei fedeli con straordinarie pratiche e con inconsueti esercizi di pietà.

Sfogliando qualche libro del passato leggiamo che esisteva “l’indulgenza dei Cent’anni” e secondo alcune fonti del 1299 in chiusura di secolo una folla inverosimile si recò a Roma presso la tomba di San Pietro, per ottenere il perdono di tutte le colpe commesse.

Il Papa dell’epoca Bonifacio VIII (1294-13039 non era a conoscenza di questa usanza, ma nei racconti del cardinale Jacopo Caetani degli Stefaneschi (1270-1341) nel documento “De centesimo sive Jubileo anno liber”, si fa riferimento a un vecchio di 107 anni, forse originario della Savoia, che interrogato dal papa, asserisce che cento anni prima, il 1° gennaio del 1200, all’età di sette anni, insieme al padre, si sarebbe recato davanti al pontefice Innocenzo III (1198-1216) per ricevere “l’indulgenza dei Cent’anni”.

E troviamo forse conferma nella voce, iniziata a circolare nel dicembre 1299, secondo la quale nell’anno centenario i visitatori della basilica di San Pietro avrebbero ricevuto una “pienissima remissione peccati”. Per tale motivo o circostanza Bonifacio VIII con la Bolla “Antiquorum habet fida relatio”  emanata il 22 febbraio 1300, indisse il primo Anno Santo della storia.

Lo stesso pontefice, stabilì che tutti quei cittadini che nel corso dell’anno avessero visitato per trenta volte la basilica di S. Pietro e quella di S. Paolo e allo stesso tempo quei forestieri che avessero compiuto tale visita per quindici volte, avrebbero potuto lucrare l’indulgenza. Le cronache dell’epoca ci parlano di oltre due milioni di pellegrini provenienti dalla Spagna, dall’Inghilterra, dalla Germania, dalla Francia e da tutta l’Italia. Si racconta che i pellegrini, quando in distanza, dall’alto delle colline, vedevano la fitta selva di torri che si elevavano per ogni quartiere della città, gridavano: “Roma! Roma!” e, inginocchiati, pregavano in silenzio, per prorompere poi in un nuovo grido: “San Pietro, San Paolo, fateci grazia!”. I pellegrini erano chiamati “romei” e per la maggior parte viaggiavano a piedi, i più ricchi a cavallo e le famiglie su carri e bagagli.

Molti personaggi illustri vennero nella città Eterna: Carlo Di Valois (1270-1325) fratello di Filippo il Bello (1268-1314) re di Francia, giunse a Roma insieme alla moglie Caterina, portando con sé un seguito numeroso e sfarzoso. La sua presenza sottolineò l’importanza politica dell’evento.

Il celebre pittore italiano Cimabue (1240-1303) considerato uno dei padri della pittura italiana, si ritiene che abbia contribuito alla decorazione della Basilica di San Pietro, tra gli artisti anche il grande Giotto (1267-1338) volle visitare le tombe degli Apostoli.

Sicuramente la presenza più rilevante fu quella di Dante Alighieri (1265-1321) il Sommo Poeta, in quel periodo esule da Firenze, visse a Roma e ne rimase profondamente colpito. L’esperienza del Giubileo e la visione della città eterna influenzarono profondamente la sua opera, in particolare la “Divina Commedia” scritta tra il 1304 e il 1307.

C’è da rilevare, che poiché la via che conduceva a S. Pietro, risultava molto angusta, venne praticata un’apertura alle mura lungo il fiume, sulla sinistra di ponte S. Angelo, presso il bastione di S. Spirito dove esisteva una sola porta di accesso. E proprio Dante ce lo ricorda nella Divina Commedia: “…come i Roman per l’esercito molto,/ l’anno del giubileo, su per lo ponte/ hanno a passar la gente modo colto, / che da l’un lato tutti hanno la fronte / verso ‘l castello e vanno a Santo Pietro, / da l’altra sponda verso ‘l monte”.

Giovanni Villani (1280-1348) mercante, storico e cronista fiorentino, nella sua “Nova Cronica”, egli stima che ogni giorno si aggiungessero alla popolazione romana duecentomila persone provenienti da ogni parte d’Europa e inoltre descrive un’atmosfera di grande fervore religioso, con i pellegrini che si recavano a pregare nelle basiliche di San Pietro e San Paolo, compiendo penitenze e cercando la riconciliazione con Dio.

Quello del 1300 fu dunque il primo Anno Santo. Ne rimase un ricordo nell’affresco di Giotto in S. Giovanni in Laterano e che rappresenta Bonifacio VIII nell’atto di indire il Giubileo.

Gualtiero Sabatini: