Noi adulti fabbrichiamo croci insopportabili e le poniamo sulle spalle dei giovani“. Così don Aldo Buonaiuto – direttore editoriale di In Terris e prete della Comunità “Giovanni XXIII” (Apg23) fondata da don Oreste Benzi – a “Storie Italiane“, format di Rai1 condotto da Eleonora Daniele.
Minori lasciati soli
La puntata odierna del programma ha dedicato ampio spazio a fatti di cronaca riguardanti presunti casi di relazioni sessuali fra adulti e minori. “Il mondo sembra essersi rovesciato – ha spiegato il sacerdote – siamo in piena crisi di valori. Questi adulti che vogliono comportarsi come ragazzini rivelano un'immaturità clamorosa, anche se spesso ci troviamo di fronte a situazioni patologiche“. I giovani, ha sottolineato, oggi sono spesso abbandonati a se stessi. “Siamo noi adulti i responsabili di tutto questo – ha ribadito – penso ai genitori che non accompagnano i figli, ma anche a quei docenti che si comportano più da amici che da insegnanti”. I giovani lasciati soli “grazie al web possono accedere a qualunque nefandezza o obbrobrio. L'ipersessualizzazione dei ragazzini, poi, è un problema grave. Siamo in piena emergenza”.
Eleonora Daniele e don Aldo Buonaiuto
Ferite
Don Buonaiuto ha poi invitato a mettersi nei panni delle vittime. “Questi ragazzi – ha evidenziato – si porteranno dietro per sempre la terribile esperienza vissuta. Il sistema normativo, fra l'altro, non aiuta. In Italia non c'è una legge sul plagio e provare la circonvenzione d'incapace è molto difficile. Quando c'è di mezzo un minore non andrebbero concesse le attenuanti, ma le pene dovrebbero essere ancora più severe”. E' giusto, ha concluso, “che chi ha commesso un errore abbia la possibilità di ravvedersi. Io stesso incontro i detenuti e ascolto il loro sincero pentimento. Quindi dico: ben vengano le comunità educanti (come i Cec dell'Apg23 ndr). Questo, però, non deve diventare il pretesto per lanciare segnali sbagliati. Le attenuanti previste dalla legge, in casi come questo, rischiano di far passare messaggi contraddittori, se pensiamo alle ferite che le vittime, forse, non supereranno mai”.