Recovery fund: in arrivo aiuti e prestiti per risollevare l’economia

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Il piano Marshall della Commissione europea per risollevare l’economia dell’Unione è pronto. Tutto compreso, riuscirà a mobilitare più di 2.000 miliardi nei prossimi sette anni, cioè più del doppio di un bilancio europeo tradizionale. Anche se la maggior parte dei fondi saranno disponibili a partire dal prossimo anno, già nel 2020 si riuscirà ad anticipare qualcosa di quel Recovery fund che dovrebbe aggirarsi sui 500 miliardi. Ursula von der Leyen ha cercato di accontentare tutti: chi voleva per lo più sovvenzioni a fondo perduto e chi vuol concedere aiuti solo in cambio di riforme. Ci saranno entrambi gli aspetti, sperando che per i 27 sia una proposta accettabile, a cui dare il via libera in tempi rapidi. Perché i fondi potranno cominciare ad arrivare alle capitali solo dopo un accordo definitivo al Consiglio europeo. Come anticipato dalla von der Leyen stessa mesi fa, il Recovery plan userà il prossimo bilancio Ue come base. Si chiederà agli Stati di aumentare un po’ lo sforzo ‘teorico’, cioè non quanto versano davvero nel bilancio ma quanto sono chiamati a impegnare (headroom). É una voce, appunto, teorica, grazie alla quale la Commissione andrà sul mercato a raccogliere fondi, garantiti a tutti gli effetti dal bilancio comune. Per motivi di tempistica, questa operazione potrà partire solo dal 2021, quindi per far partire degli aiuti subito per ora bisognerà aumentare il tetto dell’attuale bilancio. Bruxelles intende distribuire i fondi attraverso tre canali, anch’essi già noti dai giorni scorsi: il principale è il Recovery and resilience instrument, che darà soprattutto sovvenzioni, e poi prestiti, ai Paesi più colpiti dalla crisi. Le proporzioni potrebbero essere 70 a 30, oppure 60 a 40. Ogni Paese potrà richiedere il suo sostegno, se lo vorrà, preparando un piano di investimenti e riforme che segua le raccomandazioni Ue pubblicate a maggio, da sottoporre a Bruxelles per l’approvazione. Il Recovery Instrument, quarto pilastro che si aggiunge alle tre ‘gambe’ della risposta europea alla crisi, ovvero Mes, fondo Sure e piano Bei, si basera’ su tre pilastri: un primo pilastro con cui finanziare direttamente investimenti all’interno delle regole del semestre europeo, un secondo pilastro che punta a facilitare gli investimenti privati in settori strategici che vanno dal 5G alle rinnovabili, con delle particolari attenzioni ai settori più delicati come l’industria farmaceutica (Margrethe Vestager ha anche annunciato nei giorni scorsi uno strumento che aiuterà a ricapitalizzare le imprese colpite dal lockdown) mentre un terzo pilastro sarà dedicato a rafforzare le ‘riserve’ europee che all’inzio della crisi si sono rivelate insufficienti sul piano sanitario e medico e punterà a migliorare il meccanismo di protezione civile della Ue (il programma RescUe) e la ricerca attraverso finanziamenti al programma Horizon. La Commissione vuole essere sicura che i Paesi spendano in modo coerente con gli obiettivi comuni, cioè nel digitale e nella transizione energetica.

Come si distribuiranno i fondi

Gli altri fondi verranno poi distribuiti attraverso il programma ‘InvestEU’ che punta agli investimenti strategici, e su uno strumento per la ricapitalizzazione delle imprese (Solvency) entrate in difficoltà con la crisi Covid, che farà arrivare fondi attraverso le banche di promozione nazionale. L’obiettivo della Commissione è ridurre l’attuale frammentazione economica, dove chi aveva più spazio di bilancio ha potuto spendere di più, e chi non ne aveva è rimasto indietro. Non a caso, da un sondaggio del Parlamento Ue è emerso che gli italiani sono i più insoddisfatti della solidarietà dimostrata finora tra gli Stati membri dell’Ue, e assieme agli spagnoli sono quelli che hanno avuto i maggiori problemi finanziari. La proposta di Bruxelles sarà solo l’inizio del confronto tra i leader, che avrà il suo momento verità nel vertice del 18 giugno. Il premier Giuseppe Conte si è portato avanti con il lavoro diplomatico e ha sentito il collega olandese Mark Rutte. Conte ha insistito sulla necessità che l’Europa in questo momento si doti di un Recovery Fund “ambizioso”, utile anche a tutelare il mercato interno in maniera adeguata. Un’allusione, probabilmente, anche all’annosa questione del dumping fiscale olandese. Ma, almeno per ora, i Paesi Bassi assieme agli alleati ‘frugali’ non cambiano posizione sugli aiuti: il fondo d’emergenza deve fornire solo prestiti, “senza alcuna mutualizzazione del debito”, ha ribadito Rutte.

Un nuova potenza

Con il Recovery Fund il bilancio 2021-27 dell’Unione Europea sarà “adattato alla nuova realtà economica e avrà una potenza di fuoco aggiuntiva per finanziare investimenti massicci”, ha detto il vicepresidente della Commissione, Maros Sefcovic dopo una riunione con i ministri per gli Affari europei dell’Ue. Ma lo stesso Sefcovic ha parlato di “negoziati complessi” e ha lasciato chiaramente intendere che le posizioni dei paesi membri restano ancora distanti anche su come e se anticipare una parte dei finanziamenti: “abbiamo bisogno di un accordo politico rapido. Per lanciare i nuovi programmi non c’è tempo da perdere. Abbiamo bisogno di un accordo a giugno sui programmi”, ha aggiunto definendo la proposta della Commissione “la più ambiziosa mai messa sul tavolo”.

Cosa succederà domani?

La partita che inizia domani è complessa e molto politica e si giocherà sia sul modo in cui il Recovery Isntrument sarà strutturato e finanziato sia sulla composizione del bilancio pluriennale. Da una parte i paesi del Sud, i più colpiti dalla crisi, a partire da Italia e Spagna, chiedono sovvenzioni e in tempi brevi per rispondere al devastante tsunami scatenato dalla pandemia, dall’altro i cosiddetti ‘frugali’, Austria, Olanda, Danimarca e Svezia escludono ogni possibilità di mutualizzare il debito e chiedono che ai paesi colpiti vengano concessi solo prestiti in cambio di riforme. In mezzo il blocco di paesi dell’Est, beneficiari netti di fondi europei, che si batteranno affinché dal bilancio non vengano tagliate risorse all’agricoltura o alla coesione a scapito di altre voci. Sullo sfondo la potenza politica della proposta franco tedesca: Parigi e Berlino, con la presa di posizione della Merkel che ha di fatto depotenziato l’asse dei frugali, propongono un fondo da 500 miliardi di euro, la metà dei quali composta solo di trasferimenti. Il Parlamento europeo, a larghissima maggioranza, ha approvato la settimana scorsa una risoluzione con cui chiede un fondo da 2mila mld. Domani arriveranno le cifre della commissione, ma il piano von der Leyen sarà solo il fischio d’inizio di una partita ancora difficile da giocare.

Rossella Avella: