Prudenza e amicizie: le salvezze degli anziani durante la pandemia

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La fotografia degli anziani che vivono in Lombardia, protagonisti di una ricerca sulla vita ai tempi del coronavirus, mostra persone prudenti e ‘salvate’ dalle relazioni, fatte più spesso di amici che parenti. L’indagine è stata coordinata dalla Fondazione dell’Istituto neurologico Carlo Besta di Milano in collaborazione con l’Auser Lombardia, l’associazione Nestore e altre che seguono anziani e pensionati.
Al telefono sono state sentite 515 persone (il 56% donne, il 92% pensionati) e sono emerse le strategie di resistenza adottate durante la quarantena, l’impatto dell’epidemia sulla loro qualità di vita e sulle paure. Coinvolti anziani tra 65 e 91anni, sentiti da metà marzo a metà aprile e residenti in tutte le province lombarde (il 54% a Milano). Molti fanno volontariato, il 38% ha un’istruzione media superiore, il 76% vive con qualcuno e il 40% conosce malati di Covid-19.      

Come hanno reagito allo spavento iniziale

“All’inizio erano spaventatissimi, anche perché era consideratala malattia degli anziani – ricorda Matilde Leonardi, direttrice del reparto neurologia della Fondazione Besta -. Molti hanno smesso subito di uscire, non sapendo che fare ma vivendo poi il lockdown come una protezione”. Così il 97% ha detto di essersi lavato più spesso le mani già dal 20 febbraio, la stessa percentuale ha evitato assembramenti e il 95% le zone infette. Nella loro percezione sono più rischiosi il cancro e l’influenza standard rispetto al Covid.

Hanno subito capito l’emergenza imparando ad affrontare la nuova quotidianità

La maggioranza degli anziani ha reagito prendendo atto dell’emergenza e cercando di distrarsi con altri pensieri. Cruciali le relazioni. Vissute a distanza, tra telefono e chat di gruppo come quelle potenziate dai volontari dell’Auser negli ultimi mesi. “Soprattutto tra chi abita a Milano, è emerso che gli amici sono la relazione più significativa – rivela Leonardi -. Ovviamente non sono quelli con cui si fa l’aperitivo ma hanno un valore essenziale, sono chi si occupa di loro”. Non a caso alla domanda su come percepiscono la propria qualità di vita, i più soddisfatti sono gli anziani che vivono con qualcuno e partecipano attivamente ad associazioni. “La morale della ricerca è che una rete sociale ti salva. Sembra l’acqua calda ma non devi aspettare la pandemia per cercarla”, conclude la dottoressa.
Rossella Avella: