Non Zingaretti e nemmeno Matteo Renzi. Il Pd gioca subito al totonomi per un'eventuale campagna elettorale e, dal cilindro, potrebbe uscire un nome che andrebbe (o dovrebbe) a mettere d'accordo tutti. A patto che sia d'accordo anche lui visto che Paolo Gentiloni, indicato come possibile leader della coalizione che si presenterebbe alle elezioni, per il momento non sarebbe interessato a ricoprire tale ruolo, preferendo in caso tornare a fare il ministro degli Esteri, ruolo che ricopriva prima che l'ex premier Matteo Renzi rassegnasse le dimissioni e il Presidente della Repubblica assegnasse a lui l'incarico di traghettare il governo verso un voto che, anziché risolvere l'impasse politica del nostro Paese, è incappato nella crisi a tempo quasi di record.
La situazione
Un'occasione, quella del voto, che il Pd potrebbe però essere arrivata troppo presto, considerando che le divisioni interne, al netto della nuova segreteria di partito, sembrano ancora troppo marcate per permettere ai dem di presentarsi alle urne con un blocco talmente solido da competere con la Lega. Anche per questo, già nelle ore della certificazione della crisi, il segretario Zingaretti si è rivolto direttamente a Matteo Renzi affinché le divergenze vengano accontonate per fornire agli italiani un'alternativa di governo credibile. Allo stesso modo, il governatore del Lazio ha alzato il muro rispetto a qualsiasi possibile ipotesi di un governo ponte, scongiurando un'eventuale alleanze coi Cinque stelle che, a ben vedere, è quasi più una risposta a Salvini (che l'aveva ipotizzata) che ai pentastellati.
Prove di coalizione
Al momento, la situazione del Pd appare ancora troppo instabile per consentire ai dem la costruzione di una coalizione, requisito necessario per la nomina stessa di un candidato premier. Problema che, ad esempio, ha già mostrato di non avere la Lega, con Matteo Salvini che, da Pescara, nella notte della crisi aveva già avanzato la sua candidatura, concretizzando mesi di governo in cui, a fasi alterne, era stato accusato dagli oppositori di aver sempre proseguito la sua campagna elettorale. Per il Pd, invece, la prova del nove sembra essere proprio quella di trovare la quadra per una coalizione, la sfida più urgente (e anche quella decisiva) per il nuovo segretario, quella da cui si capirà se i dem possano tornare a costituire una forza politica credibile o correre verso una nuova (e forse definitiva) sconfitta.