Sono momenti concitati quelli che fervono a Palazzo Chigi per la creazione del governo cosiddetto “giallo-rosso”. Nelle ore decisive delle consultazioni, fra questioni aperte e recriminazioni – velate o meno – da ambo le parti, il prossimo autunno appare come una stagione foriera di tensioni. L'incertezza interna del Paese riflette un'indeterminatezza ancora più scontornata se si guarda al raggio europeo. Certamente, a Bruxelles si tasta l'attesa dei risvolti politici italiani, perché sul piatto tricolore i temi sono, come plausibile, condivisi: a partire da quello dell'immigrazione, con la questione – mai sopita – della ripartizione dei migranti che approdano nei porti italiani; vi sono i commissari europei da nominare, così come la Legge di Bilancio da varare quale prima, incisiva azione o canto del cigno del prossimo governo.
Il legame con l'Europa
Che il Paese sia legato all'Europa a doppio filo, lo dimostra anche l'andamento economico generale. Se, infatti, è vero che – come rende noto il quotidiano Il Sole 24Ore – il Centro studi di Confindustria ritrae un'Italia che fatica la sua ripresa, ciò tiene conto di una velocità rallentata della stessa Europa, con la Germania in frenata e gli Stati Uniti che tracciano un'incertezza commerciale a seguito della cosiddetta guerra dei dazi con la Cina. Rinsaldare la struttura del Paese Italia significherebbe, dunque, tracciare una strada maestra del Vecchio Continente. Per l'ex-presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, il benessere quale marchio distintivo d'Europa può rappresentare un paradosso se quella stessa realtà prospettata da De Gasperi e Croce rischia di perdere i valori fondanti della società. Intervistato da In Terris, il vice-presidente di Forza Italia ha ribadito come quest'incertezza economica, tanto quanto politica, ha bisogno di segnali di ripresa. Sono passati 26 anni dalla fondazione di Forza Italia, ma per Tajani mai come ora il centro-destra deve opporre una visione alternativa e vincente che faccia da argine ai sovranismi e populismi che rischiano di cicatrizzare le fratture dell'Europa.
Onorevole Tajani, davanti alle derive estremiste, toccherà al centro-destra riformarsi?
“Il centro-destra non può essere sovranista. Davanti ai sovranismi, noi abbiamo posto un problema politico, che ci vede come parte politica unita. Ciò che ci permette di essere vincenti, è la nostra anima liberale, riformista e cattolica”.
Eppure, è indubbia una crescita di consensi dell'estrema destra, come avvenuto in Germania.
“Abbiamo visto cos'è successo alla destra in Francia e lo stesso si può dire della Germania: i sovranisti hanno ottenuto più consensi, ma non sono in grado di vincere, né di dare una prospettiva futura. Per questo, il centro-destra punta alle elezioni regionali. Ci interessa sconfiggere la sinistra, ma opponendovi un modello di centro-destra in cui non esista un'egemonia sovranista”.
Di recente, Berlusconi ha detto che è, piuttosto, necessario “rafforzare il centro-destra”
“Assolutamente sì. Noi apparteniamo al centro-destra perché crediamo nei suoi valori fondanti. Il più importante è la libertà e la libertà – come diceva Benedetto Croce – 'è stata sempre garantita e valorizzata dalla presenza del Cristianesimo', che era anche quello che diceva René de Chateaubriand sul 'primato del principio di libertà nella cultura europea, che permette alla persona di realizzarsi'”.
Perché, secondo lei, Salvini ha aperto la crisi?
“Bisognerebbe chiederlo a lui. Forse andava fatta prima e non bisognava cercare di ridar vita a quel governo, con tentativi di accordo sottobanco con i 5 Stelle”.
Riferendosi alla Lega, lei ha dichiarato che “la sindrome di autosufficienza non porta alla vittoria necessaria per governare”: ha mai pensato a un Nazareno-bis?
“No. Io sono un uomo di centro-destra, ho dedicato la mia vita a difendere i valori del mio partito, non sono propenso ad accordi con il centro-sinistra ed escludo che qualcuno del mio partito voglia farlo”.
In merito ai valori cristiani, ha anche detto che non basta acchiappare like baciando Crocifissi.
“Sì, perché il Cristianesimo non è solo una manifestazione esteriore, ma anche un modello per la società, una visione della società. La visione cristiana si basa sulla centralità della persona, sulla sussidiarietà, sull'economia sociale di mercato, sulla dottrina sociale della Chiesa”.
Oggi c'è bisogno di considerare questi valori all'interno della politica?
“Assolutamente sì. Quando le forze politiche dimenticano la loro tradizione, cioè la nostra storia e i valori fondanti della nostra società a cominciare dalla religione, la nostra politica s'indebolisce. Non si dimentichi che, indipendentemente dal fatto religioso, il Cristianesimo ha garantito la tutela delle libertà in Europa”.
Perché? C'è il rischio che oggi quegli stessi valori vengano dimenticati?
“In questa società, mi rammarica dire che tali valori sono già dimenticati. Purtroppo, si è andata gradualmente ridimensionando una visione della società dove il Cristianesimo ha avuto un ruolo fondamentale, non solo per i credenti. Lo stesso Croce non è stato un filosofo cattolico, eppure ha sempre sostenuto che il Cristianesimo è un garanzia per la difesa della libertà. Per l'Europa e l'Italia perdere queste radici significa anche indebolire la libertà nel nostro Paese”.
Le sembra normale che, per ripartire, il Paese debba attendere un consenso sulla piattaforma Rousseau?
“Credo che si debba difendere ad ogni costo la democrazia parlamentare. 1 vale 1 è un principio che non funziona ed i destini del governo non li decidono 30, 40mila persone, altrimenti tutto diventa una farsa. La democrazia diretta non esiste, esiste quella parlamentare. Certo, si può decidere di eleggere direttamente il Presidente della Repubblica, ma la cosiddetta democrazia telematica è una pseudo-democrazia”.
Secondo lei, alla fine si farà questo governo?
“Beh, io mi auguro di no, ma temo proprio di sì”.