Se il passo indietro di Lorenzo Fioramonti aprirà un fronte di crisi per il governo non è ancora certo. Di sicuro, l'aperta critica alla Manovra da parte del dimissionario ministro dell'Istruzione costituisce un importante deterrente al lavoro fatto per l'approvazione del testo alle due Camere, certificando, a giudizio di Fioramonti, un importante deficit in uno dei settori strategici per la società: “Sarebbe servito più coraggio da parte del Governo – scrive il dimissionario dall'Istruzione – per garantire quella 'linea di galleggiamento' finanziaria di cui ho sempre parlato, soprattutto in un ambito così cruciale come l'università e la ricerca“. Un ambito che, secondo Fioramonti, è “il vero motore del Paese, che costruisce il futuro di tutti noi. Pare che le risorse non si trovino mai quando si tratta della scuola e della ricerca, eppure si recuperano centinaia di milioni di euro in poche ore da destinare ad altre finalità quando c'è la volontà politica”.
Un incoraggiamento
Resta comunque filo-Conte Lorenzo Fioramonti (che, secondo alcune indiscrezioni, potrebbe lasciare il M5s per fondare un gruppo politico autonomo vicino al governo), assicurando che il governo “può fare ancora molto e bene per il Paese se riuscirà a trovare il coraggio di cui abbiamo bisogno” e che il mancato supporto specifico all'istruzione non deve essere tradotto come una resa per i giovani del Paese: “Alle ragazze ed ai ragazzi che fanno vivere la scuola e l'università italiana chiedo di non dimenticare mai l'importanza dei luoghi che attraversano per formarsi, senza arrendersi alla politica del non si può fare… Come diceva Gianni Rodari, dobbiamo imparare a fare le cose difficili. Perché a volte bisogna fare un passo indietro per farne due in avanti”.
Il passo indietro
L'obiettivo dichiarato del ministro dimissionario era di ottenere in Legge di bilancio almeno 2-3 miliardi a sostegno di università e ricerca, mettendo sul piatto le proprie dimissioni qualora nella Manovra non vi fosse stato posto per il supporto alla pubblica istruzione e ai dottorati di ricerca in ambito accademico. Concetto nuovamente ribadito per spiegare le ragioni del passo indietro: “Ho accettato il mio incarico con l’unico fine di invertire in modo radicale la tendenza che da decenni mette la scuola, la formazione superiore e la ricerca italiana in condizioni di forte sofferenza. Mi sono impegnato per rimettere l’istruzione – fondamentale per la sopravvivenza e per il futuro di ogni società – al centro del dibattito pubblico, sottolineando in ogni occasione quanto, senza adeguate risorse, fosse impossibile anche solo tamponare le emergenze che affliggono la scuola e l’università pubblica”. Obiettivo che ha ritenuto mancato.