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Sassoli (Pd): “Più Europa per vincere le sfide globali”

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L'Europa ci serve per stare al mondo. Nessun Paese, neppure la grande Germania” da sola potrebbe vincere le sfide globali. La vede così David Sassoli, ex anchorman del Tg1 oggi eurodeputato Pd e vicepresidente del Parlamento europeo. Crescita economica, regolamentazione della globalizzazione e gestione dei flussi migratori, fa capire, sono temi troppo vasti e complessi per pensare di poterli affrontare solo con le proprie forze. E allora –  questo il suo ragionamento – ciò che serve è un rafforzamento dell'Unione europea. Un rilancio che parta dall'analisi degli errori commessi per disinnescare quel diffuso malcontento che ha gonfiato le vele del sovranismo. Sassoli – che torna a candidarsi alle Europee con il Pd nelle liste del Centro Italia – ne ha parlato a In Terris.  

La legislatura europea uscente è quella che ha dovuto affrontare il delicatissimo periodo del post crisi. Cosa non ha funzionato in questi anni e come può l'Europa tornare a crescere? 
“In Europa e specialmente in alcuni Paesi dell'area mediterranea come la Grecia, la Spagna o l'Italia, la crisi economico-finanziaria del 2008 ha provocato forti tensioni sia di carattere politico che sociale. In questi ultimi anni, caratterizzati da un elevato aumento delle diseguaglianze sociali, i cittadini hanno perso fiducia non solo nelle istituzioni ma anche nella politica. Molto è stato fatto ma ancora gli effetti della crisi sono ben visibili. Oggi c’è bisogno di un’Europa che venga apprezzata di più per proposte e politiche diverse rispetto a quelle che sono state adottate fino ad oggi. Penso ad esempio al rafforzamento dell’Europa sociale, al completamento del Mercato Unico, alle politiche che possono favorire maggiore solidarietà o al ruolo dell’Europa come attore globale”.

Quale funzione può svolgere oggi l’Unione sul piano internazionale? 
“Io credo che l’Europa sia molto utile al mondo. Vede, le dinamiche del mondo globale non le possiamo fermare. Ma sono dinamiche spesso ingiuste, perché senza regole. Pensiamo alla finanza, all'uso delle risorse naturali, per citarne solo alcune. Per umanizzare la globalizzazione occorrono delle regole e l’Europa può essere un attore adatto a questa grande sfida. Anzi, questa dovrebbe essere la sua missione. Quale altra realtà può mettere al centro delle nuove regole del mondo globale il valore della persona, della vita, i valori fondamentali, l’aspirazione alla libertà, il significato della democrazia? Se ci guardiamo attorno non ci sono molte spinte che vanno in queste direzioni. L’Europa, invece, può farcela. E deve essere aiutata a riscoprire questa vocazione”. 

Per gli italiani l’Europa appare lontana e castigatrice: come far passare, anche mediaticamente, un messaggio diverso?
“Nel mondo della comunicazione c’è molta confusione. Rispetto ai meccanismi europei, c’è una scarsa informazione, una lacuna che ci portiamo dietro da tanti anni. Di fronte alle diseguaglianze sociali, al lavoro che non c’è e alle dinamiche migratorie, l’Europa viene spesso percepita in modo distorto. Non c’è dubbio che vi sia da recuperare un rapporto con l’opinione pubblica. Dobbiamo avanzare proposte per un’Europa più giusta, un'Europa che ponga al centro la persona umana. Come ha affermato papa Francesco è necessaria 'un’Europa capace di dare alla luce un nuovo umanesimo'. Ciò richiede la ricerca e l'affermazione di nuovi modelli economici più inclusivi ed equi, orientati al bene comune”.

Gli ultimi 5 anni sono stati caratterizzati, fra le altre cose, dal boom dei sovranismi. Quale scenario si sta profilando in Europa con la divisione tra sovranisti ed europeisti?
“Questa fase si sta caratterizzando con l’idea che le piccole patrie siano sufficienti a proteggere i nostri cittadini dagli effetti della globalizzazione e, al tempo stesso, consentano di mantenere il nostro benessere e i nostri stili di vita. Un paradigma che reputo sbagliato e pericoloso. Quale nazione europea potrebbe competere con Paesi che crescono e producono a ritmi per noi insostenibili? Abbiamo bisogno di più Europa, non di meno Europa per affrontare le sfide globali”. 

Le elezioni europee del 2019 rappresentano un appuntamento decisivo che determinerà il futuro della nostra Unione. Come si stanno preparando le forze europeiste a questo appuntamento? 
“Penso che chi ha a cuore il futuro dell’Europa non può e non deve accettare la sfida referendaria dell’“Europa sì-Europa no' perché la lanciano coloro che non vogliono un’Europa più forte. Vede, contrariamente a quanto ci raccontano i giornali, a quell'appuntamento ci arriveremo con delle regole ben precise e dunque tutte le formazioni politiche europeiste saranno chiamate a caratterizzarsi, non ad omologarsi. Il campo europeista è molto variegato, ci sono popolari, socialisti, liberali, verdi ecc. Queste forze, pur essendo tutte europeiste, non possono omologarsi tra loro ma anzi è necessario che si caratterizzino in modo diverso. In questo momento storico incoraggiare il pluralismo vuol dire garantire anche una maggiore rappresentatività”. 

L'affermazione di Sanchez in Spagna può essere un buon segnale per il rilancio dei Socialisti Europei dopo una fase critica?
“Questo risultato ci fa ben sperare. L'elezione di Sanchez rappresenta un modello interessante per tutti i paesi dell'Unione ma soprattutto per quelli che si affacciano sul Mediterraneo. Insieme a Pedro Sanchez, ad Antonio Costa, ad Alexis Tspiras e agli altri alleati europei saremo tutti chiamati a rilanciare l'intero cantiere europeo promuovendo i diritti sociali e del lavoro, la solidarietà e la tutela della persona umana”. 

“Il Pd in 4 anni ha dilapidato quel 40% di consensi guadagnato alle Europee del 2014. Quali errori sono stati commessi? Come si risale la china?”
“Negli ultimi anni sono stati commessi diversi errori. Il nostro Partito non ha saputo intercettare le crescenti diseguaglianze sociali, le sofferenze delle persone, le nuove povertà. Dopo la pesante sconfitta elettorale del 4 marzo 2018, il Partito democratico ha avviato un percorso congressuale che si è concluso pochi mesi fa con l'elezione a segretario di Nicola Zingaretti. Per tornare protagonista il Pd ha il compito di rigenerare il campo largo di centro-sinistra aggregando tutte le forze democratiche e progressiste. In risposta alle scellerate misure economiche e sociali adottate dall'attuale governo Lega-M5S, il Partito democratico deve tornare ad essere l'unica alternativa credibile e responsabile del Paese. Per queste ragioni è necessario investire non solo nel nostro partito e nella sua struttura organizzativa ma soprattutto in una nuova classe dirigente che sappia interpretare la complessità dei problemi e offrire al contempo valide soluzioni”. 

Luca La Mantia:
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