Pè l'assenso di Rousseau, tacitamente desdierato dal M5s che aveva posto il quesito agli iscritti: per il 70,6%, i pentastellati hanno detto “no” alla pausa di riflessione (o meglio, di preparazione agli stati generali) scegliendo di correre alle regionali sia in Emilia-Romagna che in Calabria, senza pensare troppo agli ultimi flop elettorali. E' passato quindi ancora una volta dalla piattaforma Rousseau il cammino politico del Movimento 5 stelle che, dopo le batoste elettorali incassate alle recenti amministrative (l'ultima Umbria) ha chiesto aiuto agli iscritti per capire se valesse o meno la pena presentarsi ai nastri di partenza in Emilia-Romagna e Calabria. Un quesito non da poco, considerando che allo smacco dei precedenti flop ottenuti in solitaria, il voto in Umbria ha certificato anche il fallimento di un tentativo, forse mai troppo convincente nemmeno fra chi ci ha provato, della corsa combinata con il Partito democratico. Per questo, in virtù della “fase di cambiamento” che il Movimento sta attraversando, i Cinque stelle si sono rivolti ai loro sostenitori per sciogliere la riserva. E, almeno in questo, la fase di transizione non deve (o non dovrebbe) trarre in inganno perché, cambiamento o no, per i pentastellati “mandare i cittadini nelle istituzioni” fa parte “del dna”.
Malcontento interno
Un invito, in sostanza, ad andarci piano nel voler tirare fuori il M5s dalla corsa regionale, nemmeno troppo implicito: “Vi invitiamo a votare 'no' – scrivono nel comunicato – al quesito proposto su Rousseau per permettere la presentazione della lista M5s alle prossime Regionali in Emilia-Romagna”. L'alternativa era una pausa, che avrebbe permesso di prepare gli stati generali di marzo e scavallare gli appuntamenti elettorali di gennaio. Il punto è che, mentre il capo politico Luigi Di Maio provava a smorzare la questione affermando che “le decisioni importanti vanno prese con gli iscritti” e che “i più grandi errori li ho commessi scegliendo da solo“, la scelta di aver dato la parola a Rousseau sulla questione voto è stata accolta con qualche riserva dall'ambiente pentastellato. La sola prospettiva del voto su Rousseau, infatti, è bastata a far alzare bandiera bianca al coordinatore della campagna elettorale calabrese, Paolo Parentela, che lascia l'incarico convinto che con il voto online “i vertici del Movimento 5 Stelle scelgono di non scegliere, deludono le migliaia di attivisti calabresi che con sacrifici e rischi hanno sempre lavorato sul territorio, ignorano il percorso che abbiamo già avviato e scaricano su tutti gli iscritti la responsabilità di una scelta inquadrata in termini profondamente sbagliati“. Una voce tutt'altro che fuori dal coro, alla quale fa eco, tra gli altri, il deputato Massimo Misiti: “Il voto mortifica noi parlamentari ed il lavoro che abbiamo fatto nell'affannosa ricerca di un candidato autorevole da candidare alla presidenza”.
Il verdetto alla fine è arrivato, con tutta la sua capacità di illuminare su buona parte del futuro regionale del M5s in Emilia-Romagna e Calabria ma, in buona sostanza, utile anche per capire l'aria che tira in casa pentastellata con la sensazione che uno stop, qualora avesse vinto, sarebbe andato a destabilizzare (su un piano politico) quasi di più di una sconfitta elettorale.