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Le sfide economiche del nuovo governo: asili, economia verde e tasse

Si cambia musica e l'orchestra giallorossa vuole suonare il motivo principale. Lotta alle diseguaglianze, economia sostenibile e rinnovato ruolo politico del Belpaese in Europa. Sono queste le chiavi sul pentagramma del nuovo titolare del dicastero dell'Economia e della Finanze Roberto Gualtieri. Di nuovo un ministro politico a via XX settembre, undici anni dopo l'ultimo Giulio Tremonti del governo Berlusconi IV, e si vede dal piglio e dalla svolta sui temi rispetto all'esecutivo gialloverde caduto poco più di un mese fa. Ad alzargli la palla, la decisione del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi di rimettere il bazooka sul tavolo dell'Area euro, con un nuovo programma di acquisto di titoli a partire da novembre, l'abbassamento dei titoli sui depositi in territorio negativo, e l'invito a quei paesi membri con un notevole avanzo primario a dare stimoli all'economia dell'Unione.

Parole d'ordine

In una lunga intervista a La Repubblica, l'ex presidente della Commissione per i problemi economici e monetari ed erede di Giovanni Tria al Tesoro, elenca le sfide economiche e le parole d'ordine che il secondo governo Conte ha davanti a sè “per un orizzonte di tre anni“. Per prima cosa, traccia una linea netta con i predecessori: “Loro erano il governo della flat tax e dei minibot. Noi siamo quello lavoro, degli asili nido e degli investimenti per un'economia verde, che vanno scorporati dal debito”. Una programma congruente con quella della nuova Commissione europea di Ursula von der Leyen, che mette al centro le infrastrutture, la natalità e un Green New Deal dove viaggino affiancati soggetti pubblici e privati: “Credibilità, coerenza e fiducia sono decisive per se si vuole incidere sulle grandi scelte europee”.

I conti in tasca

Sul breve termine, l'obiettivo di Gualtieri in vista della nuova manovra di bilancio è trovare 23 miliardi per disinnescare l'aumento dell'Iva per il prossimo anno. Il resto del piatto è ricco e presenta alcune sorprese. Quota100 e Reddito di cittadinza sono confermati, così come gli 80 euro di Renzi. Per la prima misura “l'orientamento è che vada a esaurimento”. Per la seconda è prevista una revisione per farlo funzionare meglio. Queste le sorprese, in una tenue continuità. Poi ci sono “forti segni del cambiamento“, risponde Gualtieri al suo intervistatore e spara uno dopo l'altro tre colpi in sequenza. “Investimenti, lavoro e asili nido“. Per questi ultimi, il nuovo ministro  ha in mente un “un piano che punta ad azzerare le rette per i redditi medio bassi e ad aumentare i posti disponibili” con fondi italiani ed europei. Un aiuto indiretto all'occupazione femminile e al contrasto alla denatalità che affligge la Penisola. Gli investimenti invece cambieranno colore. Dal grigio del cemento dell'acciaio, passeranno al verde. “Sosteniamo l'idea di un Green New Deal fondato su un piano straordinario di investimenti pubblici e privati”, prosegue il ministro. Visti i disastrati conti pubblici italiani – siamo il paese con il secondo debito pubblico più alto dell'Eurozona, dopo la Grecia – a Palazzo Chigi si spera di ottenere una certa flessibilità. “Sarebbe opportuno che la quota di finanziamenti nazionali venisse scorporata dal calcolo del deficit strutturale“. Sul versante delle tasse e della spesa pubblica, si tenterà di far camminare insieme la riduzione della pressione fiscale per i redditi medio-bassi e per le imprese che fanno innovazione con “l'eliminazione della spesa inefficiente dal bilancio dello Stato”. Riecheggia il ritornello della Spending review, insomma. Per uscire dalla sabbie mobili del debito pubblico, le ricette sarebbero due. Il sostegno alla crescita e la lotta all'evasione fiscale. All'osservazione del giornalista che quest'ultima è un evergreen di ogni governo, Gualtieri risponde: “Intendiamo avvalerci della dell'innovazione tecnologica e della digitalizzazione“.

In Europa

L'ultimo anno ha visto l'Italia e le istituzioni europee venire spesso ai ferri corti a causa di “rapporto ambiguo e conflittuale” che, spiega Gualtieri, “ci è costato carissimo”. Bisogna riportare, sottolinea, l'interesse nazionale nel quadro comune dell'Unione in modo da non fomentare lo scontro. Anche perché alcuni pianeti si starebbero allineando. Si tratta della nomina di Paolo Gentiloni a commissario europeo agli Affari economici e la nuova inieizione di liquidità da parte della Bce a partire da novembre. Da uomo che è stato nelle istituzioni europee, Gualtieri sa di cosa parla quando sostiene che “la politica fiscale dell'Area euro dovrebbe essere più espansiva”, per far ripartire il Continente con un abbassamento delle tasse, e rispedisce ai mittenti alcune critiche sulla nomina dell'ex premier: “Non sarà il commissario della flessibilità, ma del rilancio“. 

 

Intanto all'Eurotower di Francoforte, ieri Draghi ha di nuovo posato il “bazooka” europeo sul tavolo. L'arma è carica e presto farà fuoco. Da novembre riparte il Quantitive easing, un programma di acquisto di titoli da 20 miliardi al mese. Un modo per tenere stabile il costo del denaro finché l'inflazione europea non raggiungerà i livello che il proprio Statuto impone alla Bce, cioè intorno o poco sotto al 2%. In aggiunta, c'è la riduzione da record dei tassi sui depositi. Scendono in territorio negativo a -0,50%. Un grande incentivo per la banche a prestare denaro, una serie di trasfusioni in un corpo anemico.  Draghi inoltre manda un messaggio forte e chiaro – anche grazie al parere unanime di tutti i banchieri centrali – a quei paesi con forte avanzo primario e deficit scarso o nullo che però non intervengono per stimolare l'economia: “I governi che hanno lo spazio fiscale per farlo, agiscano presto e in modo efficace”. Chi vuole intendere, ad esempio la Germania – che è sull'orlo della recession -, intenda.

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