Due giorni fa ottimismi e totoministri, ieri un nuovo picco all'ingiù del grafico sull'andamento dei rapporti: Pd e Movimento 5 stelle tornano al tavolo, insieme al premier incaricato Giuseppe Conte, per fare il punto della situazione dopo le parole-dinamite di Luigi Di Maio in uscita dalle consultazioni a Montecitorio, con le quali aveva riaperto per l'ennesima volta il fronte dell'incertezza sul futuro del nuovo esecutivo. “Passi avanti”, ha detto il capogruppo dem Graziano Delrio, anche se il collega Andrea Marcucci ha precisato che “c'è bisogno di un chiarimento da qui a breve. Abbiamo avuto rassicurazioni sui contenuti”. Conte, però, prima del colloquio coi leader degli schieramenti torna al Colle dal Presidente della Repubblica: un colloquio a sorpresa, che conferma il momento di tensione nelle trattative, con alcune fonti riportate dall'Ansa che parlano addirittura di un premier pronto a farsi da parte. Tutto stava nel capire cosa avrebbe riservato il vertice di Palazzo Chigi, specie alla luce delle dichiarazioni di Di Maio. Venti punti, racchiusi in una lista programmatica, erano stati consegnati dal leader pentastellato con la condizione (letta dai dem come un ultimatum) che venissero approvati per procedere senza problemi al nuovo governo giallorosso (tra cui lo stop alla riforma del decreto Sicurezza, ritenuta non prioritaria). In caso contrario, voto immediato.
Incertezza
Condizioni che il Pd non aveva gradito e, a quanto pare, nemmeno Giuseppe Conte, irritato ma comunque padrone della situazione, tanto da dichiarare in serata che Luigi Di Maio “deve soltanto ricompattare la sua base, spostare l’attenzione dai ministeri ai programmi”, chiamando poi alcuni rappresentanti dei due partiti a Palazzo Chigi per cercare di capire se la situazione fosse o meno a un punto di rottura. Mini-vertice che aveva in parte tranquillizzato gli animi ma, già in mattinata, sul fronte pentastellato i toni sono tornati ambigui: “Abbiamo presentato al presidente 20 punti di programma precisi – ha detto il sottosegretario Manlio Di Stefano – chiedendogli di mediare col Pd perché siano quelli del Governo. Se così non fosse saremo pronti a tornare al voto, ma vogliamo provarci fino all'ultimo, per il bene di tutti”.
Puzzle
Certo è che, al netto delle (poche) rassicurazioni fornite, i toni usati da Di Maio, e soprattutto i contenuti del suo discorso, in casa dem sono stati accolti con più di qualche riserva, con la maggior parte degli esponenti a chiedere chiarezza sulle reali intenzioni del leader pentastellato di proseguire o meno le trattative per la formazione di un nuovo esecutivo a marca giallorossa. A Conte il compito di aggiustare il puzzle e cercare di far combaciare quanto più possibile i due programmi, alla presenza dei leader di partito che ieri, dopo la miccia accesa da Di Maio, non si erano più incontrati, come invece era previsto.