Poco più che trentenne, Federica Picchi era responsabile di una divisione in una banca d’affari a Londra. Ma ha deciso di lasciare il mondo della finanza per svolgere un’attività che la gratificasse anche dal punto di vista umano. Così è diventata imprenditrice fondando la Dominus Production, una società di produzione e distribuzione di film che ha l’obiettivo di diffondere valori. Ha portato in Italia, in un circuito di oltre trecento sale, pellicole diventate immancabili nelle cineteche dei cattolici militanti come Cristiada, God’s Not Dead 1 e 2, Marie Heurtin, Il Risveglio del gigante, La mia seconda volta. E ancora: ha creato una sezione editoriale e una discografica. Questa intraprendete ligure trasferitasi a Firenze non vuole però fermarsi; si è candidata alle Elezioni europee tra le fila di Fratelli d’Italia. Il suo nome sarà presente il 26 maggio nelle liste delle circoscrizioni del Centro e del Nord Ovest. In Terris l’ha intervistata.
Come è nata l’idea della candidatura?
“È stata una scelta molto difficile, perché la piccola impresa è vessata e portare avanti la Dominus Production è davvero un impegno enorme, che lascia poco spazio ad altro. Dopo aver fondato questa casa di produzioni, tuttavia, mi sono resa conto che non basta più il lavoro di testimonianza e di cultura e nemmeno l’impegno nella società civile. Mi sono stancata di delegare persone che, spesso, tradiscono la fiducia dei cittadini, così ho deciso di provare ad entrare io stessa nelle istituzioni per portare avanti i valori della vita, della famiglia, della piccola impresa (Federica Picchi è stata la seconda candidata a firmare il Manifesto di Pro Vita & Famiglia, ndr)”.
E perché ha deciso di portarli avanti proprio con Fratelli d’Italia?
“Quando ho ascoltato l’intervento di Giorgia Meloni al Congresso Mondiale delle Famiglie, a Verona, ho rotto gli indugi e ho accettato la loro proposta di candidarmi. Io non ho alle spalle un’appartenenza politica, ma ritengo che FdI sia il partito che meglio difende questi valori. Dunque ho l’obiettivo di andare in Europa non come una politica, ma come una tecnica che ha lavorato per anni nella finanza e che lavora oggi nell’impresa”.
L'altro ieri il Papa ha stigmatizzato i nazionalismi ed anche “un’eccessiva rivendicazione di sovranità da parte degli Stati”. Da cattolica, candidandosi con un partito che si definisce sovranista, si sente a disagio?
“Comprendo gli inviti al dialogo del Santo Padre, io faccio parte della Chiesa prima di far parte di qualsiasi associazione. Ma al di là dei termini e degli slogan – che spesso possono apparire forti – è necessario guardare alla concretezza delle proposte politiche. E non credo che quelle di FdI siano in contrasto con gli inviti del Papa. Quando FdI fa riferimento al sovranismo, non si riferisce ad un approccio aggressivo nei confronti delle altre nazioni. La sovranità intesa da FdI significa difesa del Made in Italy, ossia delle nostre eccellenze ed anche di regole molto severe ed importanti. Produrre in Paesi extracomunitari può costare meno in termini economici per l’impresa, ma può costare molto di più in termini di inquinamento ambientale, di qualità del prodotto, di diritto del lavoro. Credo che la difesa di questi temi stia a cuore al Santo Padre”.
A proposito di proposte concrete, Giorgia Meloni ha più volte ribadito la necessità di un blocco navale europeo nel Mediterraneo contro l’immigrazione clandestina. Lei è d’accordo?
“Io ritengo che troppo spesso, sul tema dell’immigrazione, noi ci concentriamo sulle conseguenze e non sulle cause del problema. Quando lavoravo per una banca d’affari, ho avuto un’esperienza di finanziamento ad opere infrastrutturali in Africa di sei anni. Conosco bene quelle realtà ed anche le loro storture, sono d’accordo con Giorgia Meloni: basta con le politiche di sfruttamento di quei Paesi. È ora di aiutare gli africani a sviluppare le loro terre meravigliose, piene di risorse. L’Africa ha bisogno di partnerariato con realtà che non la sfruttino, ma che costruiscano infrastrutture. L’Europa deve fare questo, è troppo facile sfruttare e poi occuparsi di chi fugge”.
Prima ha parlato dei valori della piccola impresa. Cosa fare per rilanciarla? L’Italia è il secondo beneficiario di fondi Ue, ma su 76miliardi previsti dal 2014 al 2020 finora ne abbiamo spesi poco più del 10%…
“Prima di decidere di candidarmi, ho fatto degli accordi con dei tecnici per avere un supporto qualora sarò eletta, perché il più non è prendere i voti necessari per andare in Europa, quanto lavorare nell’Europarlamento con preparazione. Il mio obiettivo è coinvolgere le realtà interessate per utilizzare questi fondi che stiamo dilapidando noi stessi. Anzitutto si tratta di mettere insieme degli studi commercialisti e farli lavorare per capire come scovare questi fondi e utilizzarli. L’Europa ha dimenticato certi valori come la vita e la famiglia, ma su altri mette a disposizione delle risorse che sta a noi utilizzare”.
Qualche risoluzione cara a chi difende i valori di vita e famiglia viene approvata anche nel Parlamento europeo. Un esempio: nel 2016 ne è passata una che invita gli Stati membri ad adottare politiche per la conciliazione lavoro-famiglia. In Italia è rimasta lettera morta. Come far recepire certe raccomandazioni?
“C’è un enorme lavoro da fare per tirare fuori quanto di buono è già presente. La prima fase è l’approvazione in Parlamento, ma è necessaria poi una seconda fase che prevede il coinvolgimento dei politici italiani per rilanciare certi temi. L’impegno che mi assumo, se sarò eletta, è quello di andare a riprendere, ad esempio, questa risoluzione sulla conciliazione lavoro-famiglia per renderla ‘lettera viva’ in Italia. Questo, come altri temi che riguardano la vita e la famiglia, è ciò che mi fa battere il cuore e che mi ha fatto decidere di candidarmi lasciando il lavoro e delle certezze economiche: sono pronta a lottare per questo”.
Pronta a lottare anche per “Uno di Noi”, per il riconoscimento giuridico dell’embrione umano? Un anno fa la Corte Ue ha respinto il ricorso contro la Commissione Ue che aveva rifiutato l'istanza popolare: è una battaglia ormai fallita?
“Per ‘Uno di Noi’ ho fatto ‘manovalanza’ io stessa, andando in strada a raccogliere le firme dei cittadini. Non è una battaglia fallita, non si possono ignorare oltre un milione di adesioni. Prima di candidarmi ho sentito il Centro Studi Livatino e ho concordato con loro che, se sarò eletta, mi supporteranno dal punto di vista giuridico per riprendere in mano quella petizione e rilanciarla”.
Per mutuare un celebre film della sua casa di produzione, c’è bisogno di una Cristiada in questa Europa scristianizzata?
(ride) Beh, tutti i miei sostenitori sul territorio stanno facendo dei gruppi che hanno ribattezzato di cristeros! In tanti mi stanno dando una mano ed è commovente, li ringrazio ad un ad uno: lavorano nell’ombra con grande umiltà. Spero, grazie al loro aiuto fondamentale, di fare una sorta di ‘cristiada europea’: ce n’è davvero bisogno perché troppo spesso l’Ue calpesta le radici cristiane ed anche i suoi principi costituenti”.