C’era una volta un idillio che sembrava indissolubile, quello tra la sinistra e le classi popolari. Contadini e operai, in Italia così come nel resto dell’Europa occidentale, erano un immenso serbatoio elettorale per i partiti a tinta rossa. Oggi non è più così. Quell’idillio sembra essersi gradualmente sciupato e ne è derivata una diaspora elettorale di proletari e buona parte della classe media verso altri lidi politici. Non più i partiti di sinistra, diventati strenui difensori dei burocrati di Bruxelles e dei mercati, ma la destra sovranista e i movimenti non ideologici anti-sistema sono considerati i paladini dell’interesse nazionale e dei ceti più bassi. A questo epilogo non si rassegna Stefano Fassina, già viceministro dell’Economia del Governo Letta, uscito dal Pd nel 2015 ed oggi deputato nelle liste di Liberi e Uguali. Fassina è, insieme ad Alfredo D’Attorre, l’anima di “Patria e Costituzione”, neonata associazione politica e culturale che definiscono “un progetto per la rinascita della sinistra di popolo”. Una sorta di sinistra sovranista da contrapporre alla sinistra delle elite finanziarie.
Onorevole, cosa vi distingue dai sovranisti che l’opinione pubblica identifica come tali, quelli di destra per intenderci?
“La confusione è strumentale ed è creata da larga parte della classe dirigente cosiddetta progressista e liberale che si arrocca a difesa dei propri interessi. È loro il tentativo autolesionista di collocare il sovranismo in un’indistinta deriva nazionalista. In realtà la distinzione è netta e va ricercata nella Carta costituzionale. La nostra associazione si chiama ‘Patria e Costituzione’ perché la sovranità a cui si ispira è quella popolare dell’art. 1 della Costituzione: il nostro tentativo è declinare a sinistra una domanda di protezione sociale e identitaria che però non significa alzare muri”.
Il vostro progetto ha raccolto il sostegno della Linke, che alle elezioni in Baviera ha preso il 3,5% e non è entrata nel Landtag. Sempre in Baviera ha invece ottenuto un buon risultato l’AfD, con il 10,2%. Per l'elettorato la sovranità viene difesa dalla destra?
“Attualmente è così, non c’è dubbio. Non solo in Italia, ma in tutta Europa, sia la sinistra socialdemocratica che quella radicale sostengono l’europeismo liberista; quindi i lavoratori, le classi medie hanno come unico riferimento la destra o i cosiddetti movimenti anti-sistema. Noi siamo andati a Berlino ad incontrare Sahra Wagenknecht, la quale propone la nostra stessa analisi ed ha fondato un movimento fuori dalla Linke finalizzato a parlare, in nome della sovranità, con gli strati sociali che non si riconoscono più nella sinistra. A proposito delle elezioni bavaresi, c’è poi un altro dato che va sottolineato…”
Prego…
“Così come nel resto d’Europa, il voto di sinistra è diventato prerogativa delle upper class: il boom dei Verdi è stato possibile grazie ai ricchi, che vivono nei centri storici delle grandi città, tra gli operai i Verdi hanno preso l’8% e l’AfD il 22%. Dunque la sinistra deve porsi una domanda: vuole continuare a sostenere gli interessi di una ristretta parte della popolazione privilegiata oppure vuole riconquistare i settori di popolo e le classi medie, che negli ultimi trent’anni hanno subito le conseguenze dell’europeismo liberista?”.
È solo colpa della sinistra se temi un tempo a suo appannaggio sono ormai diventati cavalli di battaglia, almeno nell’immaginario collettivo, della destra? Penso alla critica alla globalizzazione…
“La sinistra ormai da circa trent’anni si è abbandonata al pensiero unico, si è resa protagonista di un ordine economico che ha colpito gli interessi di coloro che invece avrebbe dovuto rappresentare. Quindi la responsabilità primaria è delle classi dirigenti della sinistra, sia di quella socialdemocratica sia di quella radicale”.
Quindi colloca l’inizio del percorso di scollamento tra la sinistra e il popolo molto indietro nel tempo. Ma lei è stato viceministro dell’Economia del Governo Letta, nel 2013. Perché questa riflessione non l’ha fatta prima di accettare l’incarico?
“Mi è stato chiesto di contribuire, dopo una disfatta elettorale, entrando a far parte del Governo. Ho accettato, sperando di poter dare un'impronta di sinistra. Ma dopo sei mesi mi sono dimesso perché ho notato che lo spazio per correzioni di rotta non c’era. Anche da viceministro ho scritto, sia sul Corriere della Sera che sul Sole24Ore, sull’insostenibilità sia del mercato unico sia dell’Eurozona”.
È d’accordo con chi ritiene che l’aver spostato il baricentro della sinistra dalle battaglie sociali ai diritti civili abbia contribuito al suo declino? Già Pasolini definiva “chierici del potere” gli intellettuali che avevano “mutuato la lotta per i diritti civili”…
“Assolutamente d’accordo. La sinistra si è rassegnata all’impotenza sul terreno dei diritti sociali ed ha cercato il consenso cercando di supplire a questa mancanza con i diritti civili. Il caso più eloquente è quello di Zapatero, in Spagna, ma i diritti civili non sono distintivi della sinistra: ricordo che nel Regno Unito il matrimonio per i gay è stato approvato dal Governo Cameron. La sinistra, proponendosi come partito radicale di massa, ha confinato la propria capacità di rappresentanza nelle Ztl delle grandi città, cioè nei quartieri alti, tra chi ha risolto i propri problemi materiali e si preoccupa dunque dei propri diritti civili”.
Sul tema dell’immigrazione, qual è il vostro punto di vista?
“Dobbiamo riconoscere che la capacità d’accoglienza si tiene insieme con la capacità d’integrazione. È necessario governare i flussi migratori, perché altrimenti la situazione diventa insostenibile, per i migranti e, in generale, per la tenuta sociale, culturale e politica del Paese”.
Condivide la linea di Minniti e quella di Salvini al Viminale?
“Anzitutto non sono d’accordo con chi ritiene che ci sia continuità tra la politica di Minniti e quella di Salvini. In ogni caso, il problema non può essere affrontato con il blocco navale delle ong, ma va affrontato attraverso interventi nei Paesi d’origine e di transito, di gestione dei campi profughi in Paesi come la Libia affinché vi siano condizioni umane. Va poi cancellata la Bossi-Fini e vanno previste quote d’accesso regolari per i migranti”.
Che ne pensa della Manovra?
“Sforare il deficit è condizione necessaria per evitare recessione, sofferenza sociale e aumento del debito pubblico, realtà che si sono compiute nell’ultimo decennio attraverso le politiche di austerità. Il punto è che questo extra-deficit non viene speso in modo adeguato. Si insiste sul ‘reddito di cittadinanza’ quando ci sarebbe bisogno invece di un ‘lavoro di cittadinanza’, perché la lotta alla povertà non può essere scissa dalla promozione del lavoro; poi mancano gli investimenti pubblici e si premia invece un indecente condono fiscale. Così il Governo e poi l’Italia tutta rischiano di finire schiacciati dalla bocciatura dell’Unione europea, dal giudizio negativo delle agenzie di rating e dai disinvestimenti da parte degli operatori di mercato. Perseguire un obiettivo giusto in modo sbagliato porta al naufragio”.
Voi siete per l’uscita dall’Euro?
“No, siamo per una ridefinizione dell’impianto di politica economica europea, del mercato unico che ha aspetti devastanti sul lavoro e sulla giustizia sociale. Siamo dunque per un intervento sull’Eurozona, ma che sia utile”.
Come “Patria e Costituzione” vi state organizzando per le elezioni europee di maggio?
“Non ci stiamo pensando. Siamo un’associazione alla quale hanno aderito membri di vari partiti, dal Movimento Democratico Progressista a Sinistra Italiana passando per Potere al Popolo. Soprattutto, ci sono giovani che non hanno appartenenze politiche, perché noi vogliamo concentrarsi sul lavoro prepolitico, di carattere culturale”.
Che idea si è fatto del Fronte Repubblicano caldeggiato da Calenda? Un tentativo, agli antipodi dal vostro, di ricreare una forza di sinistra?
“Sono d’accordo che è un tentativo agli antipodi dal nostro, ma non sul fatto che abbia come obiettivo quello di ricreare una forza di sinistra. È il tentativo resistenziale di una classe dirigente di continuare a salvaguardare gli interessi più forti, quelli legati alle esportazioni, alla finanza. È un tentativo che favorisce l’avanzata delle forze nazionaliste, perché continua a sostenere un ordine economico e sociale che colpisce il popolo”.