Giornata intensa per Giuseppe Conte che, a uno a uno, ha ricevuto a Montecitorio le delegazioni dei vari partiti per un giro di consultazioni prima di formare la nuova squadra di governo, chiudendo le porte ragionando su quello che, a conti fatti, sembra un ennesimo ultimatum di Luigi Di Maio. In mattinata, il premier ha incontrato i rappresentanti di Fratelli d'Italia, arrivati a Piazza del Parlamento senza la leader Giorgia Meloni, per poi procedere con la Lega, anch'essa priva del suo segretario, Matteo Salvini. Entrambi hanno deciso di non presentarsi in segno di protesta contro la costruzione in corso del nuovo esecutivo. A prendre la parola dal palchetto, però, sono i sottosegretari del Carroccio, Claudio Durigon e Lucia Borgonzoni: “Volevamo avere dal presidente una rassicurazione che non verrano toccati certi provvedimenti voluti dalla Lega – ha detto quest'ultima -, un no netto non è stato detto”. Poi un augurio: “Speravamo di poter avere una discussione con Conte sul futuro per capire se si troveranno i voti. Speriamo che non si trovino e si torni al voto”. Sulla stessa linea anche il collega Durigon, che spiega l'esternazione: “Il nostro è un appello alla coscienza dei senatori a non votare questo mercificio. Non siamo riusciti a capire quale sarà l'indirizzo del presidente incaricato. Ha idee completamente diverse dalla Lega su immigrazione, quota 100 ed autonomie. Ha detto che difenderà i provvedimenti fatti ma si è detto pronto a modifiche, anche se non ci ha detto quali. I presidenti di commissione non si dimetteranno”.
Berlusconi: “Da noi un'opposizione coerente”
Dopo la Lega tocca a Forza Italia, con la delegazione guidata da Silvio Berlusconi che ha ribadito gran parte dei concetti emersi durante le consultazioni con Sergio Mattarella: “Dopo il fallimento del governo – ha detto l'ex premier – siamo convinti che le maggioranze per essere garanzia di efficienza e stabilità si devono formare prima del voto da forze politiche omogenee e valoriali. Sarebbe stato assolutamente meglio ridare la parola agli italiani”. Duro anche il commento sul Carroccio: “Il fatto che la Lega abbia proposto di risuscitare l'esperienza gialloverde rappresenta per noi un problema politico molto serio, su cui tutti gli elettori di centrodestra devono riflettere seriamente perchè così si è consegnato il Paese alla sinistra”. Poi, dopo aver discusso le “priorità programmatiche” del partito (a cominciare dall'emergenza terremoto), la promessa: “Faremo una opposizione ferma, coerente, senza sconti ma composta. La condurremo innanzitutto in Parlamento ma saremo pronti a mobilitarci se aumenteranno l'oppressione giudiziaria o la pressione fiscale mettendo le mani nelle tasche degli italiani”.
Zingaretti: “Meno tasse ai ceti medio-bassi”
La delegazione dem recatasi a colloquio con Conte ha precisato che “non si è parlato di nomi” ma di tutti i dossier in modo approfondito. Il segretario Nicola Zingaretti ha spiegato che i dem hanno “indicato al presidente incaricato quelli che devono essere i principali elementi di novità per un governo di svolta per questo nostro Paese: innanzitutto il taglio delle tasse sui salari medio bassi come elemento di giustizia e per il rilancio dei consumi”. In secondo luogo, “il tema del lavoro con un vero e proprio piano con investimenti pubblici e incentivi per investimenti privati, le infrastrutture green e per industria 4.0”. Parlando di quanto indicato dai dati Istat, il segretario dem ha sottolineato “la necessità di una svolta e di nuova stagione politica. Oltra alla riduzione delle tasse per i ceti medio-bassi, il rilancio del team scuola come grande mezzo di formazione del Paese: abbiamo proposto una rivoluzione del concetto di diritto allo studio, con la gratuità dall'asilo all'università per i redditi medio-bassi”. Sul capitolo sicurezza urbana, Zingaretti ha spiegato che una loro piena realizzazione “significa innanzitutto chiudere il contratto con le Forze del'ordine, significa investire sulle forze dell'ordine, sui presidi nei quartieri, riaprire la stagione del grande piano periferie, cioè di investimenti nelle nostre città nel campo della cultura, dell'aggregazione, dello sport, e quindi una strategia per rendere piu sicure le città del nostro Paese”.
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Di Maio: “Ok ai nostri punti o si vota”
La serie di colloqui è stata chiusa dalla delegazione del Movimento 5 stelle che, però, riapre il filone dell'incertezza sul futuro dell'esecutivo: “Se entreranno i nostri punti nel programma di governo – ha detto il leader Luigi Di Maio – si potrà partire altrimenti meglio il voto“. Secondo il capo politico pentastellato “o siamo d'accordo a realizzare i punti del nostro programma o non si va avanti. Non guardiamo a un governo solo per vivacchiare, consideriamo alcuni dei punti del documento imprescindibili”. Toni diversi dal Pd (che non ha preso bene il nuovo condizionale posto da Di Maio), che si è concertato più sui temi caldi della politica italiana, ma comunque anche qui il tutto si gioca sui programmi ritenuti più urgenti: “Il carico fiscale è anche disordinato a causa della burocrazia, e questo dovrà essere un governo pro-imprese. L'aumento dell'Iva va bloccato… Riteniamo che non abbia alcun senso parlare di modifiche ai decreti sicurezza. Vanno tenute in considerazioni le osservazioni del capo dello Stato ma senza modificare la ratio di quei provvedimenti. Ho detto che non rinneghiamo questi 14 mesi di governo”. Gelo immediato da parte dei dem. Per Delrio “è inaccettabile l'ultimatum di Di Maio”, ancora più duro Andrea Orlando: “Ha per caso cambiato idea? Lo dicesse“.