Papa: “Proficua collaborazione tra Italia e Santa Sede”

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“Vorrei ringraziare voi, perché è stato bello per me entrare in sala con la nostalgia dell’autunno di Buenos Aires”. Con queste parole, pronunciate a braccio dopo che la musica del tango argentino ha fatto ingresso in Aula Paolo VI, il Papa ha cominciato l’udienza concessa alla “grande famiglia” dell’Ispettorato di Pubblica Sicurezza “Vaticano”, che festeggia il 75° anniversario di istituzione, alla presenza del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, e del capo della Polizia, Franco Gabrielli.

E – scrive Sir – ai musicisti sul palco il Santo Padre ha reso omaggio anche al termine dell’udienza, alzandosi in piedi e andando a ringraziarli personalmente rivolgendo a loro alcune parole.

Il discorso del Papa

Nel suo discorso, il Papa ha sottolineato il ruolo svolto “con competenza e passione” dagli uomini e dalle donne di polizia. “Una missione che trae origine dai Patti Lateranensi del 1929”, ha ricordato Francesco ripercorrendone la storia, le cui origini si collocano “in un contesto di precarietà e di emergenza nazionale, quando le forze politiche e sociali erano impegnate nella ripresa democratica”.

L’occupazione di Roma da parte delle truppe tedesche nel 1943, in particolare, “aveva creato non poche difficoltà e preoccupazioni: si era posto il problema del rispetto da parte dei soldati tedeschi della neutralità e sovranità della Città del Vaticano, come pure della persona del Papa. Per nove mesi, il confine tra lo Stato Italiano e la Città del Vaticano, tracciato sul pavimento di Piazza San Pietro, era stato luogo di tensioni e di timori. I fedeli non potevano accedere agevolmente alla Basilica per pregare, pertanto in molti desistevano”.

“Finalmente, il 4 giugno 1944 Roma fu liberata, ma la guerra lasciò ferite profonde nelle coscienze, macerie nelle strade, povertà e sofferenze nelle famiglie”: “il frutto della guerra è questo”, il commento a braccio. Subito dopo la guerra, “i romani, e quei pellegrini che potevano raggiungere la capitale, accorrevano sempre più numerosi a San Pietro, anche per esprimere gratitudine al Papa Pio XII, proclamato defensor civitatis”.

“Il nuovo Ufficio della Polizia di Stato presso il Vaticano era così in grado di rispondere adeguatamente alle nuove esigenze e di rendere un importante servizio sia all’Italia sia alla Santa Sede”, ha proseguito Francesco: “Dal giorno dell’istituzione di quell’Ufficio, che via via assunse altre denominazioni fino a quella attuale, si è dispiegato un cammino nel segno della proficua collaborazione tra Italia e Santa Sede, e tra l’Ispettorato e gli organismi vaticani preposti all’ordine pubblico e alla sicurezza del Papa”.

“Pur nel mutare degli scenari nazionali e internazionali e delle esigenze di sicurezza, non è cambiato lo spirito con cui gli uomini e le donne dell’Ispettorato hanno attuato la loro apprezzata opera”, l’omaggio del Papa.”Vi ringrazio tanto per il vostro prezioso servizio, caratterizzato da solerzia, professionalità e spirito di sacrificio”, ha aggiunto Bergoglio al termine dell’udienza in Aula Paolo Vi, salutando i funzionari e gli agenti di polizia dell’Ispettorato Vaticano.

Preti

“Soprattutto, ammiro la pazienza che esercitate nel dover trattare con persone di provenienze e culture così diverse”, ha rivelato Francesco. “E mi permetto di dire: di dover trattare con i preti”, ha aggiunto a braccio.

“La mia riconoscenza si estende anche al vostro impegno di accompagnarmi durante gli spostamenti a Roma e nelle visite a diocesi o comunità in Italia”, l’omaggio del Papa: “Un lavoro difficile, che richiede discrezione ed equilibrio, per far sì che gli itinerari del Papa non perdano il loro specifico carattere di incontro col Popolo di Dio. Per tutto questo, ancora una volta vi sono grato”.

Possa l’Ispettorato di Pubblica Sicurezza ‘Vaticano’ continuare a operare secondo la sua luminosa storia, sapendo ricavare da essa nuovi e abbondanti frutti”, l’auspicio finale: “Sono certo che lavorare in questo luogo costituisce per voi un richiamo costante ai valori più alti: a quei valori umani e spirituali che richiedono di essere ogni giorno accolti e testimoniati”.

“Auspico che la vostra fatica, compiuta non di rado con sacrificio e rischi, sia animata da una viva fede cristiana: essa è il più prezioso tesoro spirituale, che le vostre famiglie vi hanno affidato e che voi siete chiamati a trasmetterete ai vostri figli”, ha concluso il Papa.

Luciana Lamorgese

“Il sistema di sicurezza nazionale si è rivelato all’altezza dei gravosi compiti imposti dall’emergenza, confermando la sua indiscussa validità ed efficienza, che è un modello ed esempio anche in altri paesi”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, salutando il Papa all’inizio dell’udienza concessa in Aula Paolo VI ai dirigenti e agli agenti dell’Ispettorato di pubblica Sicurezza “Vaticano”.

“Siamo stati costretti a vivere sofferenze, limitazioni mai conosciute prima, affrontate con grande compostezza e disciplina”, ha proseguito il ministro a proposito del Covid-19: “La violenza del virus ha falcidiato vite umane anche tra le forze politiche, privandole di preziose risorse e soprattutto di straordinarie persone”.

“La pandemia ha evidenziato difficoltà sociali ed economiche che allungano una pericolosa ombra sul futuro, ma le misure europee aprono scenari incoraggianti per la ripresa economica occidentale”, la tesi di Lamorgese.

Ma “le misure finanziarie decise dall’Europa, salutate come una linfa poderosa e potente, aprono comunque scenari incoraggianti per la ripresa dell’economia continentale”.

“Dovremo farne un uso sollecito e lungimirante – ha detto la ministra riferendosi alle risorse in arrivo dall’Europa -, anche per combattere vecchie e nuove disuguaglianze che finiscono con il lacerare il tessuto civile e provocarne un avvilente decadimento. Curare il disagio delle periferie, di quelle geografiche e di quelle dell’anima, è uno sforzo che non possiamo rinviare, né lasciare incompiuto”.

“Non possiamo dimenticare il dramma dell’immigrazione”, l’appello finale del ministro dell’Interno: “Nessuna persona può ritrarsi di fronte alle sofferenze di un essere umano alla disperata ricerca di una via di salvezza, e che per questo è disposto a mettere in gioco la propria vita. Gli sforzi del nostro Paese di farsene carico sono una prova di generosa solidarietà che riesce a prevalere sul mare nero dell’indifferenza”.

“Il bisogno di coesione e unità, di ridare centralità alla tolleranza e al rispetto dell’altro, deve guidare la mano di chi regge la cosa pubblica, esortandolo a ricacciare pulsioni egoistiche e ad agire con senso comunitario”, ha concluso Lamorgese.

Franco Gabrielli

“Non esiste un rinnovamento delle strutture e del modello organizzativo se non è preceduto e accompagnato da un rinnovamento personale e motivazionale di tutti i nostri operatori”. Ed in questo Papa Francesco, “con il suo rigore, rappresenta un esempio al quale ispirarsi, indicandoci una via da percorrere”. Lo ha detto il prefetto Franco Gabrielli, Capo della Polizia e direttore generale della Pubblica sicurezza in Italia, salutando Papa Francesco.

Ricordando il processo riformatore che coinvolgerà nel 2020 tutti gli uffici sul territorio e le strutture centrali della Pubblica sicurezza, Gabrielli ha ribadito che questo “è destinato a risolversi in un impegno velleitario, se non preceduto e accompagnato da un rinnovamento personale e motivazionale di tutti i nostri operatori”.

A tale riguardo il Prefetto ha portato come esempio “il rigore del Pontefice”, “perché nulla è più rivoluzionario e dirompente dell’esempio che ciascuno di noi deve fornire attraverso il proprio comportamento. È impossibile richiedere il rispetto delle leggi quando si è i primi a trasgredirle o quando si è i primi a non uniformarsi alle regole che si ha il compito di far rispettare”.

“La nostra funzione – ha rimarcato Gabrielli – impone, infatti, prima di tutto credibilità. I cittadini devono riconoscersi nella nostra Istituzione, l’essere in mezzo alla gente è il significato più vero e profondo del nostro servizio”.

E la credibilità, per il prefetto, “non può prescindere dalla disciplina. Una parola oggi apparentemente desueta. Disciplina, che non è soltanto rispetto delle regole ma è anche competenza. Disciplina è anche e prima di tutto rigore morale”.

“Santità – ha concluso il Capo della Polizia – noi abbiamo la consapevolezza che il nostro non è un semplice lavoro. È tradizione, storia, abnegazione. Una tradizione che affonda le proprie radici nel sacrificio di tanti che hanno donato la propria vita per la sicurezza della nostra comunità, indicandoci la strada e il modo di percorrerla”.

Milena Castigli: