Vittorio Raso, arrestato sabato scorso dopo due anni di latitanza a Barcellona, in un’operazione congiunta tra la squadra mobile di Torino e la polizia spagnola, è stato scarcerato oggi.
Il boss della ‘Ndrangheta, con alle spalle una condanna a vent’anni in primo grado, è stato liberato a 48 ore dall’arresto per un cavillo da un giudice spagnolo.
Il cavillo
Soprannominato ‘Esaurito‘, Raso è risultato inserito nella consorteria della famiglia Crea e di rivestire la carica di ‘vangelo’, vale a dire colui che regge il cosiddetto ‘Crimine’ (il braccio più violento della ‘ndrangheta) del capoluogo.
Contro di lui, sul mandato europeo di cattura, c’erano vari reati che andavano dal traffico internazionale all’usura.
Nello specifico, Raso è accusato di aver organizzato con l’aiuto delle mogli di Adolfo e Aldo Cosimo Crea, un sistema di prestiti a tasso usuraio con soldi ricavati da una società che, per mezzo di un prestanome riusciva a ottenere fondi e finanziamenti pubblici.
Proprio quest’ultimo reato, l’usura – come anticipato sulle pagine locali del quotidiano La Stampa – è stato inserito in Spagna in un elenco di reati per cui non si va in carcere. Così per Raso la cella si è subito riaperta. Raso, catturato a inizio ottobre, era latitante dal 2018.
L’operazione della Dia di Reggio Calabria
Sempre oggi si è svolta un’importante operazione contro la ‘Ndrangheta. Si tratta del seguito dell’operazione Martingala, per la quale tre indagati sono stati rinviati a giudizio per associazione a delinquere aggravata dalle finalità mafiose.
Gli accertamenti della Dia hanno consentito di appurare come alcuni soggetti avrebbero gestito numerose società di comodo, allocate in Italia e all’estero, attraverso il transito di flussi finanziari, giustificati da apparenti rapporti commerciali, attestati da falsa documentazione contabile, fiscale e di trasporto.
Per tali motivi, otto società sono state sequestrate dalla Dia su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.
Il provvedimento di sequestro preventivo ha riguardato le quote e il patrimonio aziendale di tre società con sede a Milano, una a Vimercate, in provincia di Monza e Brianza, e quattro nella Locride. Sequestrati beni immobili, beni mobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 13 milioni di euro, ritenuti riconducibili a 7 indagati, la maggior parte dei quali residenti o comunque originari di Bianco e Africo, oltre ad un imprenditore lombardo.