L’hotspot di Lampedusa è al collasso. Da ieri alle 23:00 a questa mattina alle 7:00 ci sono stati ben tredici sbarchi. Arrivati 314 tunisini. Ma l’hotspot dell’isola siciliana è già strapieno: dentro ci sono 1.101 migranti a fronte di 95 posti disponibili. I barchini, intercettati stanotte dalla Guardia di finanza, erano a circa 6 miglia di distanza dalla costa ed erano composti da un minimo di 7 persone a un massimo di 17. La Guardia costiera ha rintracciato, sempre a largo di Lampedusa, anche un grosso peschereccio con a bordo 160 tunisini.
Sbarchi autonomi
Ci sono stati inoltre tre sbarchi autonomi: a mezzanotte sono stati rintracciati alla Cupola bianca 12 persone, alle 4:20 i carabinieri hanno bloccato un’altra dozzina di persone a molo Madonnina e infine alle 7,30 sono stati 17 i migranti trovati nel medesimo luogo. Gli ultimi 154 migranti, arrivati con 11 barchini, non sono stati neanche portati in contrada Imbriacola, dove sorge la struttura di prima accoglienza, ma sono stati lasciati su molo Favarolo.
Il rapporto Unhcr
Migliaia di rifugiati e migranti muoiono e molti subiscono gravi violazioni dei diritti umani durante i loro viaggi lungo le rotte dall’Africa occidentale e orientale alle coste nordafricane del Mediterraneo, tra le più mortali al mondo. Lo denuncia un nuovo rapporto pubblicato oggi dall’agenzia Onu per i rifugiati Unhcr e dal Mixed Migration Centre (Mmc) del Danish Refugee Council. Il report – intitolato “In questo viaggio, a nessuno importa se vivi o muori” – descrive in che modo “la maggior parte delle persone in viaggio lungo queste rotte cada vittima o assista a episodi di inenarrabili brutalità e disumanità per mano di trafficanti, miliziani e, in alcuni casi, i funzionari pubblici”. Il rapporto segnala che almeno 1.750 migranti e rifugiati hanno perso la vita nel 2018 e nel 2019 durante questi viaggi. Si tratta di un tasso di almeno 72 decessi al mese, un andamento che rende la rotta una delle più mortali al mondo per rifugiati e migranti.
Anno 2020
Per quanto riguarda il 2020, sebbene la maggior parte delle testimonianze e dei dati siano ancora in fase di ricezione, è certo che siano almeno 70 i rifugiati o migranti che hanno già perso la vita nell’arco dell’anno, tra cui almeno 30 persone uccise per mano di trafficanti a Mizdah, in Libia, a fine maggio.
Violenze sessuali e sfruttamento
Circa il 31% delle persone intervistate dal Mmc che hanno assistito o sono sopravvissute a episodi di violenza sessuale nel 2018 o nel 2019, hanno vissuto tali aggressioni in più di una località. I trafficanti risultano essere stati i primi responsabili di violenza sessuale in Africa settentrionale e orientale, come registrato nel 60% e nel 90% delle testimonianze relative a ciascuna rotta, mentre in Africa occidentale, i principali responsabili di aggressioni sono stati funzionari delle forze di sicurezza, militari o di polizia, avendo commesso un quarto degli abusi denunciati. Molte persone hanno riferito di essere state costrette dai trafficanti a prostituirsi o a soddisfare altre forme di sfruttamento sessuale.
Donne e bambini
Tra gennaio 2017 e dicembre 2019, l’Unhcr ha registrato oltre 630 casi di tratta di rifugiati nel Sudan orientale, con quasi 200 donne o bambine che hanno denunciato di essere sopravvissute a violenza sessuale e di genere. Secondo l’Unhcr, sono necessari sforzi maggiori per rafforzare le capacità di protezione delle persone che percorrono tali rotte e per assicurare alternative credibili e legali a questi viaggi pericolosi e disperati. È necessaria una maggiore cooperazione tra Stati per identificare i criminali responsabili di questi orribili abusi e assicurare che rispondano della loro condotta.
Il commento
“Per troppo tempo, gli atroci abusi subiti da rifugiati e migranti lungo queste rotte via terra sono rimasti largamente invisibili”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario Onu per i rifugiati, ripreso da Ansa. “Questo rapporto documenta omicidi e diffuse violenze della più brutale natura, perpetrati contro persone disperate in fuga da guerre, violenze e persecuzioni. È necessario che gli Stati della regione mostrino forte leadership e intraprendano azioni concertate, col supporto della comunità internazionale, per porre fine a tali crudeltà, proteggere le vittime e perseguire i criminali responsabili”.