“Cari giovani, buon pomeriggio! Grazie per essere lƬ, per tutto il lavoro che avete fatto, per lāimpegno di questi mesi, malgrado i cambi di programma. Non vi siete scoraggiati, anzi, ho conosciuto il livello di riflessione, la qualitĆ , la serietĆ e la responsabilitĆ con cui avete lavorato: non avete tralasciato nulla di ciĆ² che vi dĆ gioia, vi preoccupa, vi indigna e vi spinge a cambiare. Lāidea originaria era di incontrarci ad Assisi per ispirarci sulle orme di San Francesco. Dal Crocifisso di San Damiano e da tanti altri volti ā come quello del lebbroso ā il Signore gli ĆØ andato incontro, lo ha chiamato e gli ha affidato una missione; lo ha spogliato degli idoli che lo isolavano, delle perplessitĆ che lo paralizzavano e lo chiudevano nella solita debolezza del āsi ĆØ sempre fatto cosƬā ā questa ĆØ una debolezza! ā o della tristezza dolciastra e insoddisfatta di quelli che vivono solo per sĆ© stessi e gli ha regalato la capacitĆ di intonare un canto di lode, espressione di gioia, libertĆ e dono di sĆ©. PerciĆ², questo incontro virtuale ad Assisi per me non ĆØ un punto di arrivo ma la spinta iniziale di un processo che siamo invitati a vivere come vocazione, come cultura e come patto.
āFrancesco vaā, ripara la mia casa che, come vedi, ĆØ in rovinaā. Queste furono le parole che smossero il giovane Francesco e che diventano un appello speciale per ognuno di noi. Quando vi sentite chiamati, coinvolti e protagonisti della ānormalitĆ ā da costruire, voi sapete dire āsƬā, e questo dĆ speranza. So che avete accettato immediatamente questa convocazione, perchĆ© siete in grado di vedere, analizzare e sperimentare che non possiamo andare avanti in questo modo: lo ha mostrato chiaramente il livello di adesione, di iscrizione e di partecipazione a questo patto, che ĆØ andato oltre le capacitĆ . Voi manifestate una sensibilitĆ e una preoccupazione speciali per identificare le questioni cruciali che ci interpellano. Lāavete fatto da una prospettiva particolare: lāeconomia, che ĆØ il vostro ambito di ricerca, di studio e di lavoro. Sapete che urge una diversa narrazione economica, urge prendere atto responsabilmente del fatto che Ā«lāattuale sistema mondiale ĆØ insostenibile da diversi punti di vistaĀ»[1] e colpisce nostra sorella terra, tanto gravemente maltrattata e spogliata, e insieme i piĆ¹ poveri e gli esclusi. Vanno insieme: tu spogli la terra e ci sono tanti poveri esclusi. Essi sono i primi danneggiatiā¦ e anche i primi dimenticati.
Attenzione perĆ² a non lasciarsi convincere che questo sia solo un ricorrente luogo comune. Voi siete molto piĆ¹ di un ārumoreā superficiale e passeggero che si puĆ² addormentare e narcotizzare con il tempo. Se non vogliamo che questo succeda, siete chiamati a incidere concretamente nelle vostre cittĆ e universitĆ , nel lavoro e nel sindacato, nelle imprese e nei movimenti, negli uffici pubblici e privati con intelligenza, impegno e convinzione, per arrivare al nucleo e al cuore dove si elaborano e si decidono i temi e i paradigmi.[2] Tutto ciĆ² mi ha spinto a invitarvi a realizzare questo patto. La gravitĆ della situazione attuale, che la pandemia del Covid ha fatto risaltare ancora di piĆ¹, esige una responsabile presa di coscienza di tutti gli attori sociali, di tutti noi, tra i quali voi avete un ruolo primario: le conseguenze delle nostre azioni e decisioni vi toccheranno in prima persona, pertanto non potete rimanere fuori dai luoghi in cui si genera, non dico il vostro futuro, ma il vostro presente. Voi non potete restare fuori da dove si genera il presente e il futuro. O siete coinvolti o la storia vi passerĆ sopra.
Abbiamo bisogno di un cambiamento, vogliamo un cambiamento, cerchiamo un cambiamento.[3] Il problema nasce quando ci accorgiamo che, per molte delle difficoltĆ che ci assillano, non possediamo risposte adeguate e inclusive; anzi, risentiamo di una frammentazione nelle analisi e nelle diagnosi che finisce per bloccare ogni possibile soluzione. In fondo, ci manca la cultura necessaria per consentire e stimolare lāapertura di visioni diverse, improntate a un tipo di pensiero, di politica, di programmi educativi, e anche di spiritualitĆ che non si lasci rinchiudere da unāunica logica dominante.[4] Se ĆØ urgente trovare risposte, ĆØ indispensabile far crescere e sostenere gruppi dirigenti capaci di elaborare cultura, avviare processi ā non dimenticatevi questa parola: avviare processi ā tracciare percorsi, allargare orizzonti, creare appartenenzeā¦ Ogni sforzo per amministrare, curare e migliorare la nostra casa comune, se vuole essere significativo, richiede di cambiare Ā«gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le societĆ Ā».[5] Senza fare questo, non farete nulla.
Abbiamo bisogno di gruppi dirigenti comunitari e istituzionali che possano farsi carico dei problemi senza restare prigionieri di essi e delle proprie insoddisfazioni, e cosƬ sfidare la sottomissione ā spesso inconsapevole ā a certe logiche (ideologiche) che finiscono per giustificare e paralizzare ogni azione di fronte alle ingiustizie. Ricordiamo, ad esempio, come bene osservĆ² Benedetto XVI, che la fame Ā«non dipende tanto da scarsitĆ materiale, quanto piuttosto da scarsitĆ di risorse sociali, la piĆ¹ importante delle quali ĆØ di natura istituzionaleĀ».[6] Se voi sarete capaci di risolvere questo, avrete la via aperta per il futuro. Ripeto il pensiero di Papa Benedetto: la fame non dipende tanto da scarsitĆ materiale, quanto piuttosto da scarsitĆ di risorse sociali, la piĆ¹ importante delle quali ĆØ di natura istituzionale.
La crisi sociale ed economica, che molti patiscono nella propria carne e che sta ipotecando il presente e il futuro nellāabbandono e nellāesclusione di tanti bambini e adolescenti e di intere famiglie, non tollera che privilegiamo gli interessi settoriali a scapito del bene comune. Dobbiamo ritornare un poā alla mistica [allo spirito] del bene comune. In questo senso, permettetemi di rilevare un esercizio che avete sperimentato come metodologia per una sana e rivoluzionaria risoluzione dei conflitti. Durante questi mesi avete condiviso varie riflessioni e importanti quadri teorici. Siete stati capaci di incontrarvi su 12 tematiche (i āvillaggiā, voi li avete chiamati): 12 tematiche per dibattere, discutere e individuare vie praticabili. Avete vissuto la tanto necessaria cultura dellāincontro, che ĆØ lāopposto della cultura dello scarto, che ĆØ alla moda. E questa cultura dellāincontro permette a molte voci di stare intorno a uno stesso tavolo per dialogare, pensare, discutere e creare, secondo una prospettiva poliedrica, le diverse dimensioni e risposte ai problemi globali che riguardano i nostri popoli e le nostre democrazie.[7] ComāĆØ difficile progredire verso soluzioni reali quando si ĆØ screditato, calunniato e decontestualizzato lāinterlocutore che non la pensa come noi! Questo screditare, calunniare o decontestualizzare lāinterlocutore che non la pensa come noi ĆØ un modo di difendersi codardamente dalle decisioni che io dovrei assumere per risolvere tanti problemi. Non dimentichiamo mai che Ā«il tutto ĆØ piĆ¹ delle parti, ed ĆØ anche piĆ¹ della loro semplice sommaĀ», e che Ā«la mera somma degli interessi individuali non ĆØ in grado di generare un mondo migliore per tutta lāumanitĆ Ā».
Questo esercizio di incontrarsi al di lĆ di tutte le legittime differenze ĆØ il passo fondamentale per qualsiasi trasformazione che aiuti a dar vita a una nuova mentalitĆ culturale e, quindi, economica, politica e sociale; perchĆ© non sarĆ possibile impegnarsi in grandi cose solo secondo una prospettiva teorica o individuale senza uno spirito che vi animi, senza alcune motivazioni interiori che diano senso, senza unāappartenenza e un radicamento che diano respiro allāazione personale e comunitaria.
CosƬ il futuro sarĆ un tempo speciale, in cui ci sentiamo chiamati a riconoscere lāurgenza e la bellezza della sfida che ci si presenta. Un tempo che ci ricorda che non siamo condannati a modelli economici che concentrino il loro interesse immediato sui profitti come unitĆ di misura e sulla ricerca di politiche pubbliche simili che ignorano il proprio costo umano, sociale e ambientale.[11] Come se potessimo contare su una disponibilitĆ assoluta, illimitata o neutra delle risorse. No, non siamo costretti a continuare ad ammettere e tollerare in silenzio nei nostri comportamenti Ā«che alcuni si sentano piĆ¹ umani di altri, come se fossero nati con maggiori dirittiĀ»[12] o privilegi per il godimento garantito di determinati beni o servizi essenziali.[13] Non basta neppure puntare sulla ricerca di palliativi nel terzo settore o in modelli filantropici. BenchĆ© la loro opera sia cruciale, non sempre sono capaci di affrontare strutturalmente gli attuali squilibri che colpiscono i piĆ¹ esclusi e, senza volerlo, perpetuano le ingiustizie che intendono contrastare. Infatti, non si tratta solo o esclusivamente di sovvenire alle necessitĆ piĆ¹ essenziali dei nostri fratelli. Occorre accettare strutturalmente che i poveri hanno la dignitĆ sufficiente per sedersi ai nostri incontri, partecipare alle nostre discussioni e portare il pane alle loro case. E questo ĆØ molto piĆ¹ che assistenzialismo: stiamo parlando di una conversione e trasformazione delle nostre prioritĆ e del posto dellāaltro nelle nostre politiche e nellāordine sociale.
In pieno secolo XXI, Ā«non si tratta piĆ¹ semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dellāoppressione, ma di qualcosa di nuovo: con lāesclusione resta colpita, nella sua stessa radice, lāappartenenza alla societĆ in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensƬ si sta fuoriĀ».[14] State attenti a questo: con lāesclusione resta colpita, nella sua stessa radice, lāappartenenza alla societĆ in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensƬ si sta fuori. Ć la cultura dello scarto, che non solamente scarta, bensƬ obbliga a vivere nel proprio scarto, resi invisibili al di lĆ del muro dellāindifferenza e del confort.
Io ricordo la prima volta che ho visto un quartiere chiuso: non sapevo che esistessero. Ć stato nel 1970. Sono dovuto andare a visitare dei noviziati della Compagnia, e sono arrivato in un Paese, e poi, andando per la cittĆ , mi hanno detto: āNo, da quella parte non si puĆ² andare, perchĆ© quello ĆØ un quartiere chiusoā. Dentro cāerano dei muri, e dentro cāerano le case, le strade, ma chiuso: cioĆØ un quartiere che viveva nellāindifferenza. A me colpƬ tanto vedere questo. Ma poi questo ĆØ cresciuto, cresciuto, cresciutoā¦, ed era dappertutto. Ma io ti domando: il tuo cuore ĆØ come un quartiere chiuso?
Non possiamo permetterci di continuare a rimandare alcune questioni. Questo enorme e improrogabile compito richiede un impegno generoso nellāambito culturale, nella formazione accademica e nella ricerca scientifica, senza perdersi in mode intellettuali o pose ideologiche ā che sono isole ā, che ci isolino dalla vita e dalla sofferenza concreta della gente.[15] Ć tempo, cari giovani economisti, imprenditori, lavoratori e dirigenti dāazienda, ĆØ tempo di osare il rischio di favorire e stimolare modelli di sviluppo, di progresso e di sostenibilitĆ in cui le persone, e specialmente gli esclusi (e tra questi anche sorella terra), cessino di essere ā nel migliore dei casi ā una presenza meramente nominale, tecnica o funzionale per diventare protagonisti della loro vita come dellāintero tessuto sociale.
Questo non sia una cosa nominale: esistono i poveri, gli esclusiā¦ No, no, che quella presenza non sia nominale, non sia tecnica, non funzionale. Ć tempo che diventino protagonisti della loro vita come dellāintero tessuto sociale. Non pensiamo per loro, pensiamo con loro. Ricordatevi lāereditĆ dellāilluminismo, delle Ć©lites illuminate. Tutto per il popolo, niente con il popolo. E questo non va. Non pensiamo per loro, pensiamo con loro. E da loro impariamo a far avanzare modelli economici che andranno a vantaggio di tutti, perchĆ© lāimpostazione strutturale e decisionale sarĆ determinata dallo sviluppo umano integrale, cosƬ ben elaborato dalla dottrina sociale della Chiesa. La politica e lāeconomia non devono Ā«sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e lāeconomia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umanaĀ».[16] Senza questa centralitĆ e questo orientamento rimarremo prigionieri di una circolaritĆ alienante che perpetuerĆ soltanto dinamiche di degrado, esclusione, violenza e polarizzazione: Ā«Ogni programma, elaborato per aumentare la produzione, non ha in definitiva altra ragion dāessere che il servizio della persona. La sua funzione ĆØ di ridurre le disuguaglianze, combattere le discriminazioni, liberare lāuomo dalle sue servitĆ¹. [ā¦] Non basta accrescere la ricchezza comune perchĆ© sia equamente ripartita ā no, non basta questo ā, non basta promuovere la tecnica perchĆ© la terra diventi piĆ¹ umana da abitareĀ»[17]. Neppure questo basta.
La prospettiva dello sviluppo umano integrale ĆØ una buona notizia da profetizzare e da attuare ā e questi non sono sogni: questa ĆØ la strada ā , una buona notizia da profetizzare e da attuare, perchĆ© ci propone di ritrovarci come umanitĆ sulla base del meglio di noi stessi: il sogno di Dio che impariamo a farci carico del fratello, e del fratello piĆ¹ vulnerabile (cfr Gen 4,9). Ā«La misura dellāumanitĆ si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente ā la misura dellāumanitĆ ā. Questo vale per il singolo come per la societĆ Ā»;[18] misura che deve incarnarsi anche nelle nostre decisioni e nei modelli economici.
Come fa bene lasciar risuonare le parole di San Paolo VI, quando, nel desiderio che il messaggio evangelico permeasse e guidasse tutte le realtĆ umane, scriveva: Ā«Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto lāuomo. [ā¦] ā ogni uomo e tutto lāuomo! ā. Noi non accettiamo di separare lāeconomico dallāumano, lo sviluppo dalla civiltĆ dove si inserisce. CiĆ² che conta per noi ĆØ lāuomo, ogni uomo, ogni gruppo dāuomini, fino a comprendere lāumanitĆ interaĀ».[19]
In questo senso, molti di voi avranno la possibilitĆ di agire e di incidere su decisioni macroeconomiche, dove si gioca il destino di molte nazioni. Anche questi scenari hanno bisogno di persone preparate, Ā«prudenti come i serpenti e semplici come le colombeĀ» (Mt 10,16), capaci di Ā«vigilare in ordine allo sviluppo sostenibile dei Paesi e per evitare lāasfissiante sottomissione di tali Paesi a sistemi creditizi che, ben lungi dal promuovere il progresso, sottomettono le popolazioni a meccanismi di maggiore povertĆ , esclusione e dipendenzaĀ».[20] I sistemi creditizi da soli sono una strada per la povertĆ e la dipendenza. Questa legittima protesta chiede di suscitare e accompagnare un modello di solidarietĆ internazionale che riconosca e rispetti lāinterdipendenza tra le nazioni e favorisca i meccanismi di controllo capaci di evitare ogni tipo di sottomissione, come pure vigilare sulla promozione dei Paesi piĆ¹ svantaggiati e in via di sviluppo; ogni popolo ĆØ chiamato a rendersi artefice del proprio destino e di quello del mondo intero.[21]
Cari giovani, Ā«oggi siamo di fronte alla grande occasione di esprimere il nostro essere fratelli, di essere altri buoni samaritani che prendono su di sĆ© il dolore dei fallimenti, invece di fomentare odi e risentimentiĀ».[22] Un futuro imprevedibile ĆØ giĆ in gestazione; ciascuno di voi, a partire dal posto in cui opera e decide, puĆ² fare molto; non scegliete le scorciatoie, che seducono e vi impediscono di mescolarvi per essere lievito lƬ dove vi trovate (cfr Lc 13,20-21). Niente scorciatoie, lievito, sporcarsi le mani. Passata la crisi sanitaria che stiamo attraversando, la peggiore reazione sarebbe di cadere ancora di piĆ¹ in un febbrile consumismo e in nuove forme di autoprotezione egoistica. Non dimenticatevi, da una crisi mai si esce uguali: usciamo meglio o peggio. Facciamo crescere ciĆ² che ĆØ buono, cogliamo lāopportunitĆ e mettiamoci tutti al servizio del bene comune. Voglia il Cielo che alla fine non ci siano piĆ¹ āgli altriā, ma che impariamo a maturare uno stile di vita in cui sappiamo dire ānoiā.[23] Ma un ānoiā grande, non un ānoiā piccolino e poi āgli altriā, no, questo non va.
La storia ci insegna che non ci sono sistemi nĆ© crisi in grado di annullare completamente la capacitĆ , lāingegno e la creativitĆ che Dio non cessa di suscitare nei cuori.
Con dedizione e fedeltĆ ai vostri popoli, al vostro presente e al vostro futuro, voi potete unirvi ad altri per tessere un nuovo modo di fare la storia. Non temete di coinvolgervi e di toccare lāanima delle cittĆ con lo sguardo di GesĆ¹; non temete di abitare coraggiosamente i conflitti e i crocevia della storia per ungerli con lāaroma delle Beatitudini. Non temete, perchĆ© nessuno si salva da solo. Nessuno si salva da solo. A voi giovani, provenienti da 115 Paesi, rivolgo lāinvito a riconoscere che abbiamo bisogno gli uni degli altri per dar vita a questa cultura economica, capace di Ā«far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare unāalba di speranza, imparare lāuno dallāaltro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani, e ispiri ai giovani ā a tutti i giovani, nessuno escluso ā la visione di un futuro ricolmo della gioia del VangeloĀ».[24] Grazie!