Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato oggi, 16 ottobre un messaggio all’Onorevole Maria Grazia Laganà Fortugno, per commemorare l’omicidio del marito, Francesco Fortugno, avvenuto a Locri il 16 ottobre 2005.
Il messaggio di Mattarella
“A quindici anni dal brutale assassinio di Francesco Fortugno – scrive il Capo di Stato – desidero rinnovare i sentimenti di vicinanza e solidarietà alla sua famiglia, a quanti gli furono amici, a coloro che seppero cogliere subito in quel delitto così vile e crudele il segno turpe dell’organizzazione mafiosa, la minaccia rivolta all’intera comunità civile, la sfida intollerabile alle istituzioni democratiche”.
“Fortugno era un uomo mite, un medico conosciuto e affermato, che con passione e spirito di servizio aveva deciso di impegnarsi per lo sviluppo della propria comunità. Era stato eletto da pochi mesi Vicepresidente del Consiglio Regionale della Calabria quando venne ucciso per mano di killer della ‘Ndrangheta“.
“L’organizzazione criminale intendeva, ancora una volta, riproporre il proprio ricatto di potere, attentare alla libertà dei cittadini, intimidire la società nel tentativo di sottometterla ai suoi traffici illegali”.
“La reazione della Locride e della Calabria, a partire dai suoi giovani, fu allora immediata e mise in luce una grande volontà di riscatto, di liberazione dalle mafie, di recupero della legalità contro ogni compromissione, omertà, zona grigia”.
“Le sentenze, a conclusione dei processi, hanno confermato quella matrice criminale e l’inaccettabile intento di violenza e oppressione. Anche questo giorno di memoria può contribuire a dare forza alla Calabria e all’Italia onesta che vuole liberarsi dalla sopraffazione criminale ed è consapevole che solo nella legalità è possibile uno sviluppo delle comunità e dei territori, tanto più di quelli che sentono la necessità di ridurre il divario di opportunità e di risorse”.
La vita di Fortugno
Francesco Fortugno, dopo la laurea in medicina nel 1975, si specializza in chirurgia generale e medicina legale, affermandosi come medico a Reggio Calabria. Muove i primi passi in politica nella Democrazia Cristiana, con cui sarà eletto consigliere comunale del suo paese nel 1986.
Nel 1992 diventa vicesegretario comunale della Democrazia Cristiana e successivamente aderisce alla corrente di Mino Martinazzoli che lo induce a schierarsi con il Partito Popolare Italiano di Gerardo Bianco e ad aderire al centrosinistra. Divenuto primario ospedaliero, fu inoltre professore a contratto presso la facoltà di Medicina dell’Università di Catanzaro.
Dopo essere stato segretario regionale aggiunto nella CISL medici di Reggio Calabria, entrò nell’esecutivo nazionale della stessa confederazione sindacale e della Commissione per la contrattazione degli accordi nazionali di lavoro e della legge di riforma sanitaria.
Dal 1996 al 1999 fu assessore a Reggio Calabria, mentre dal 1999 al 2001 fu vicesindaco di Locri nella giunta di Giuseppe Lombardo. In questo anno subentra come consigliere regionale a Luigi Meduri, eletto al Parlamento; nel 2005, entra a far parte subito del Consiglio Regionale, con la vittoria di Agazio Loiero, eletto con la Margherita, e viene scelto come vicepresidente del Consiglio Regionale.
L’omicidio
Il 16 ottobre 2005 a Locri, nel giorno delle primarie dell’Unione, viene ucciso all’interno del seggio da un killer a volto coperto con 5 colpi di pistola. Ai funerali ha partecipato anche Carlo Azeglio Ciampi, allora presidente della Repubblica.
Negli stessi giorni migliaia di studenti scendono in piazza a manifestare contro l’uccisione del politico e contro la ‘Ndrangheta. Nasce “Ammazzateci tutti“.
Gli subentra in Consiglio Regionale Domenico Crea, un politico che, secondo l’accusa, era al servizio delle famiglie della ‘Ndrangheta. Crea viene arrestato nel 2008 su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia nell’ambito di un’inchiesta sulla sanità.
L’arresto dei sicari e i processi
Il 21 marzo 2006, dopo 5 mesi di indagini, sono stati arrestati i nove presunti colpevoli dell’omicidio, tutti di Locri. Le accuse variano dall’associazione di tipo mafioso all’omicidio e alla rapina a mano armata.
Salvatore Ritorto è accusato di essere l’autore materiale dell’omicidio. Il 21 giugno 2006 vengono arrestati Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, rispettivamente caposala e infermiere in un ospedale di Locri. Sono accusati di essere i mandanti dell’assassinio di Francesco Fortugno.
Il 3 ottobre 2012 la Corte di cassazione conferma definitivamente le condanne all’ergastolo di Giuseppe Marcianò come mandante dell’omicidio, Salvatore Ritorto il Killer del politico e Domenico Audino. Il 17 luglio 2013 la Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria conferma la condanna all’ergastolo per Alessandro Marcianò. L’8 luglio 2014 la Cassazione rende definitivo il carcere a vita.