Come stanno i giovani italiani? Il quadro della salute mentale e di alcuni comportamenti di bambini e soprattutto adolescenti contiene sia tonalità più scure, più preoccupanti, che altre più luminose, quindi positive. Negli ultimi anni, anche prima dello scoppio della pandemia con tutto il suo carico di incertezza, dolore e paura, si era registrato un aumento dei disturbi del comportamento alimentare, come anoressia e bulimia, incremento osservato negli ultimi due anni anche nei più piccoli, e dei problemi psichici legati al consumo di sostanze stupefacenti. Un dato positivo invece, emerso negli ultimi due anni, sono la consapevolezza e la sensibilità sviluppate proprio dalla parte più giovane della nostra società dell’importanza della salute mentale e del benessere psicologico. Un’esigenza avvertita esplicitamente, a cui i ragazzi e le ragazze danno voce. Il coraggio di chiedere aiuto quando si vive un disagio è sicuramente un elemento fondamentale nel percorso di soluzione del problema, di guarigione. La cura è una delle tre fasi in cui la società, intesa nel senso più largo e onnicomprensivo, dalla famiglia alla scuola ai servizi pubblici, così come anche tutti gli altri soggetti che svolgono nel proprio ambito una funzione educativa – gli allenatori sportivi, gli insegnanti di musica, gli educatori, i responsabili degli oratori parrocchiali -, si impegna e si deve impegnare sempre di più, insieme alla prevenzione e alla riduzione del danno. “La prevenzione a tappeto è importante perché consente di alzare il livello generale di benessere della popolazione”, spiega infatti a Interris.it la dottoressa Adelia Lucattini, psichiatria e psicoanalista membro della Società psicoanalitica italiana (Spi) e dell’International psychonalytical association (Ipa).
L’intervista
Dottoressa, ci può fare una panoramica sulla salute mentale dei giovani e dei giovanissimi?
“Le malattie gravi dello spettro psicotico come schizofrenia e disturbi dello spettro bipolare sono stabili poiché hanno componente genetica influenzata dall’ambiente, non aumentano sensibilmente. Numerosi studi evidenziano una predisposizione e che ci sono fattori relazionali, familiari, sociali che la possono attivare prima o dopo. Persone con patologie psichiatriche gravi ricevono cure dal Sistema sanitario nazionale pressoché per tutta la vita, per avere un miglioramento sintomatologico e soprattutto una buona qualità della vita. Per quanto riguarda le malattie gravi, dello spettro psicotico, uno studio pubblicato sulla rivista Lancet nel 2022 osserva come tra nei soggetti tra i 10 e i 24 anni la schizofrenia, sia rimasta al 4,65%. Per quanto riguarda i disturbi reattivi, come quelli ansioso-depressivi e post-traumatici, questi sono legati a fattori stressanti e possono subire una variazione nel tempo, a causa di fenomeni sociali e storici in essere. Tra i dati positivi, riscontriamo la diminuzione del 28% delle disabilità, soprattutto quella psichica, e dell’1,5% dei disturbi mentali in carico al servizio pubblico. Inoltre, nel 2019 si era registrata una diminuzione del 3% della depressione reattiva, grazie alle possibilità di cura, di psicoterapia e di assistenza farmacologica. Tra i dati negativi, invece, abbiamo che già prima della pandemia i disturbi del comportamento alimentare (dca) erano aumentati del 15%, così come i problemi psichici legati all’abuso di sostanze stupefacenti , +18,5% circa. Dobbiamo comunque dare atto ai giovani, agli adolescenti di oggi che hanno molti meno pregiudizi che in passato rispetto al ricorso alla psicoterapia e all’analisi, riscontriamo un aumento di richieste diretta da parte loro, sia per un aumento del disagio dovuto anche alla pandemia, che per le maggiori informazioni di cui dispongono. I giovani vogliono parlare di come si sentono e di come possono fare per stare bene e con la diffusione della psicoterapia e della psicoanalisi online stiamo cominciando a entrare nel loro mondo e ad usare il loro linguaggio. I disturbi psicologici gravi non sono frequenti e dagli anni Novanta c’è una maggior sensibilità per il mondo dei giovani, ma servono fondi per non lasciare tutti i costi a carico delle famiglie. Inoltre, gli stessi nuclei familiari vanno presi in carico, perché per i genitori la sofferenza dei propri figli è qualcosa che non si sente di poter tollerare”.
A cosa sarebbe dovuto l’incremento dei disturbi del comportamento alimentare?
“E’ importante ricordare che i dca sono forme di disturbo psicologico che si manifestano in queste specifiche forme, tanto che si riscontrano nei Paesi dove non c’è carenza di cibo a differenza di quelli dove scarseggia. Sono malattie giovanili e dello sviluppo psichico, hanno un’insorgenza tipica tra gli 8 e i 24 anni. I giovani e le giovani anoressici, circa lo 0,2%-0,8%, non mangiano perché sono depressi e corrono il rischio di morire, ad esempio per arresto cardiaco, mentre quelli bulimici, tra l’1 e l’1,5%, alternano episodi di abbuffate e di vomito autoindotto. Prima della pandemia le cause rimanevano sempre le stesse, perché i dca afferiscono anche a disturbi psichiatrici maggiori come disturbi affettivi dell’umore o disturbi di personalità gravi. L’aumento è dovuto probabilmente ai cambiamenti sociali che si riflettono sulle fragilità degli individui. Un aspetto di cui si parla molto poco sono i disturbi del comportamento alimentare nei bambini in questi anni di pandemia, probabilmente come manifestazione depressiva legata al timore di perdere i propri genitori e i propri nonni, e alla destabilizzante esperienza di non vedere più i compagni di classe e gli insegnanti”.
C’è un maggiore consumo di abuso di bevande alcoliche tra i più giovani oggi?
“Nel periodo 2020-2021 si è avuto un aumento del 400% degli acquisti di alcolici avvenuti online, probabilmente tra questi ci sono stati anche dei giovani. Nel 2018 era emerso il dato che, tra gli 11 e i 17 anni, circa il 18%-18,8% ha consumato bevande alcoliche. Oggi alcol è vissuto come forma di trasgressione ed elemento di coesione del gruppo, ma non c’è percezione del danno, che è sia neurologico che epatico. La trasgressione non è un disturbo di per sé, fa parte della vita umana e in adolescenza è uno strumento per differenziarsi dai genitori, definire la propria identità e diventare sé stessi. Purtroppo ci sono comportamenti trasgressivi che sono nocivi e che mettono in pericolo la propria vita e quella degli altri”.
Che dati abbiamo, invece, per quanto riguarda l’uso di sostanze?
“Sulle droghe i dati sono dedotti in quanto non sono sostanze legali, si valuta comunque che si assesti intorno al 17%. C’è oggi un uso sociale della cannabis senza la percezione della sua tossicità e del rapporto tra il consumo e gli effetti che produce, ad esempio disturbi di attenzione e concentrazione, disturbi del pensiero fino a sindromi deliranti e infine anche dipendenza fisica, legata alla quantità di tetraidrocannabinolo, uno dei maggiori principi attivi, che oggi è molto alto. Un giovane su dieci ha reazioni avverse ai cannabinoidi e negli ultimi dieci anni sono aumentati i ricoveri di giovani con sintomi deliranti dopo aver fatto uso di cannabis. Negli ultimi vent’anni sono inoltre aumentati i giovani ricoverati in terapia intensiva coronarica per aver fatto uso di cocaina. Tornando sulla cannabis, con la pandemia si è osservato un nuovo fenomeno: quando i giovani italiani sono rimasti bloccati all’estero, durante i lockdown, in Paesi dove la cannabis è legale e contenuto di thc è definito per legge, coloro che ne fanno un uso ‘ricreativo’ si sono poi rivolti solo a quella legale”.
Com’è oggi il fenomeno dell’autolesionismo?
“I neuropsichiatri infantili che lavorano negli ospedali hanno lanciato l’allarme che, di fronte al cambiamento epocale dovuto pandemia, con la malattia, i decessi per Covid, la didattica a distanza, chi è più fragile ha avuto un’espressione sintomatica molto forte. Fortunatamente, questi adolescenti trovano oggi più possibilità di essere curati perché è ormai consolidato che hanno bisogno di aiuto e cure adeguate”.
Un altro tema di cui si parla molto sono le dipendenze tecnologiche. Com’è la situazione?
“Occorre per prima cosa distinguere tra l’uso adolescenziale della tecnologia, in cui il telefonino è un oggetto transazionale come in precedenza può essere stato un gioco o un libro, e un uso patologico degli strumenti tecnologici. Il 95% dei e delle giovani tra i 14 e i 19 anni usano internet, di questi di media circa 300mila si rivolgono ai Servizi perché hanno sviluppato una dipendenza. La domanda che ci si deve porre è se la dipendenza deriva da un disturbo precedente o è l’uso non controllato degli oggetti tecnologici che induce la dipendenza. Anche se è molto complicato non far usare la tecnologia ai propri figli e non farli navigare su Internet, i genitori devono assumersi la responsabilità di dire qualche ‘no’, proponendo sempre un’alternativa. Le cure dalle dipendenze tecnologiche sono complesse, i ragazzi sono fortemente attaccati ai loro dispositivi elettronici, hanno la percezione di non poter vivere senza e talvolta di non ‘esistere’ proprio. Se privati del telefonino o della Playstation possono manifestare crisi di astinenza con insonnia, perdita di lucidità e del controllo, reazioni autoaggressive o etero-aggressive ad esempio nei confronti dei genitori. Misure utili e importanti di prevenzione sono fare corsi di programmazione a scuola (coding), campagne di informazione e formazione da parte della Polizia postale e l’installazione del parental control”.
Cosa possono fare per il benessere e la salute mentale dei ragazzi i genitori e gli altri soggetti?
“I genitori, gli insegnanti, gli educatori, gli allenatori sportivi, le parrocchie, hanno un compito educativo a 360 gradi che si articola in tre fasi, la prevenzione primaria, l’intervento tempestivo quando il sintomo insorge, la cura e la mitigazione del danno. Se facciamo una campagna importante sulle prime due, si riduce il numero di giovani da curare. Il rapporto mente-corpo è molto stretto dalla prima infanzia fino all’adolescenza e l’attività sportiva è molto importante per sviluppo armonico, inoltre può aiutare chi ha problemi a raggiungere una maggior autonomia e a sviluppare delle abilità, come accade ai bambini con sindromi dello spettro autistico o con sindrome di Down che praticano il nuoto. Un’altra attività molto importante che dovrebbe essere implementata, a scuola e a livello sociale, è la musica. Il ritmo infatti favorisce l’apprendimento scolastico, permette di sviluppare il senso del tempo (timing) ed educa a rapportarsi con il gruppo, basti pensare ai benefici del cantare in un coro. Sono importanti anche le attività grafiche, come la pittura e il disegno con gessetti, matite e acquerelli, poiché sviluppano la fantasia, la motricità fine e la creatività utile in tutti gli aspetti e nelle varie fasi della vita. Infine, il rapporto con la natura e gli animali permette fin da piccoli di entrare in contatto con un altro essere vivente con dei propri bisogni. Questi insegna a prendersi cura, sviluppa l’empatia e in modo piacevole il senso di responsabilità”.