“Fare luce, il tempo di attesa è finito” è ciò che chiede il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in una lettera indirizzata a suo omologo egiziano. I rapporti tra i due Paesi, chiarisce Di Maio, non possono prescindere dalla verità. In serata, è stato audito dalla commissione parlamentare di inchiesta il premier Conte, il quale ha riferito che “a poco più di 4 anni dalla barbara uccisione di Giulio l’Italia tutta, le sue istituzioni, la pubblica opinione continuano ad attribuire priorità alla ricerca della verità sulla sua morte. Nessuno deve dubitare, non abbiamo mai smesso di sollecitare all’Egitto progressi nell’identificazione dei responsabili dell’efferato delitto. Il Governo non ha mai lesinato sforzi ed impegno, è sempre stato in cima nei miei colloqui con il presidente al Sisi”. E ancora: “Ogni mia interlocuzione con Al Sisi è partita da un semplice quanto inevitabile assunto: i nostri rapporti bilaterali non potranno svilupparsi a pieno” se non si farà luce sul “barbaro assassinio di Giulio Regeni e non si assicureranno alla giustizia i suoi assassini”. Essenziale, a questo proposito, sarà “la cooperazione giudiziaria tra le due procure” che “ha dato segni di una certa ripresa dopo la nomina del nuova procuratore egiziano”.
Le procure
Il governo italiano ha fissato per il primo luglio, la data in cui si confronteranno nuovamente la Procura di Roma e quella del Cairo, dopo oltre un anno e mezzo di silenzio per far luce sulla vicenda di Giulio Regeni, il ricercatore italiano sequestrato ed ucciso nel 2016. Il secondo incontro, dopo quello di gennaio, con il nuovo procuratore generale Hamada Al Sawi. L’obiettivo degli inquirenti italiani è entrare nel merito della rogatoria inviata nell’aprile del 2019 al Cairo e sulla quale, al momento, non è giunta alcuna risposta.
Tra depistaggi e verità
L’incontro del primo luglio arriva a circa quattro mesi di distanza dall’audizione in Commissione d’inchiesta dei vertici della procura romana durante la quale, per la prima volta, sono stati illustrati i risultati dell’indagine: che si è tradotto in un vero e proprio atto d’accusa agli apparati egiziani. I pm hanno denunciato i tentativi di insabbiare le indagini, ci sono stati ben quattro depistaggi diversi, e le torture cui è stato sottoposto Giulio Regeni per giorni, “in piu’ fasi”. “Intorno a Regeni è stata stretta una ragnatela dalla National security – hanno detto i magistrati davanti ai parlamentari – già dall’ottobre prima del rapimento e dell’omicidio”.
Il caso Regeni accende il dibattito politico
Sullo sfondo, ad alimentare il dibattito, è la commessa del governo egiziano di due navi italiane che divide la politica, anche la maggioranza, tra chi sostiene che non sia il caso di accettarla come una parte del Movimento e chi invece chiede di non confondere i due piani come Delrio del Partito Democratico. Dall’opposizione, interviene Tajani e dice: serve un processo, l’Italia lo pretende senza colpire i nostri interessi industriali. Serve dunque arrivare alla verità ma – commenta – la giustizia non si può barattare con i rapporti commerciali.