La Cina annuncia giro di vite su Hong Kong

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La pandemia causata dal diffondersi del virus Covid-19 ha come congelato per mesi le proteste dei manifestanti pro democrazia a Hong Kong. Il calo dei contagi e l’allentamento delle misure di sicurezza, come il distanziamento sociale, hanno portato alcuni attivisti in piazza. Dallo scorso 26 aprile si sono svolte alcune manifestazioni.

La mossa della Cina

Parlando al Congresso nazionale del popolo, il premier cinese Li Keqiang ha annunciato una stretta sulla città-stato con l’obiettivo di “istituire solidi sistemi giuridici e meccanismi di applicazione per salvaguardare la sicurezza nazionale nelle due regioni amministrative speciali (Hong Kong e Macao, ndr) e vedere i governi delle due regioni adempiere alle loro responsabilità costituzionali“. La bozza della nuova legge della Cina sulla sicurezza nazionale è stata depositata il 22 maggio al Congresso nazionale del popolo: sanzionerà la secessione, l’eversione contro lo Stato, terrorismo e interferenze straniere. Diventerà operativa con la sua aggiunta all’Allegato 3 della Basic Law, la mini Costituzione locale. La mossa spianerebbe la stra dall’apertura nella città di un ufficio sulla sicurezza nazionale di Pechino, senza le autorizzazioni che devono essere richieste al governo locale.

Carrie Lam: “Collaboreremo pienamente”

Sulla vicenda, con una nota, è intervenuta la governatrice di Hong Kong, Carrie Lam che ha assicurato piena collaborazione con il Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo. La governatrice ha sottolineato la priorità di “svolgere i compiti di mantenimento della sicurezza nazionale e garantire la prosperità e la stabilità a lungo termine di Hong Kong, nel quadro del modello ‘un Paese, due sistemi'”. I giudizi della Lam, a Pechino per la sessione annuale del parlamento cinese, sono stati di poco preceduti da quelli di Andrew Leung, presidente del parlamentino dell’ex colonia (LegCo), a favore della mossa normativa sulla sicurezza nazionale che “rispetta, comprende e sostiene”. Leung ha respinto i timori sulla sostanziale fine del modello “un Paese, due sistemi”, citando le parole del premier Li Keqiang che ha confermato le politiche sulle regioni amministrative speciali, definite “centrali nell’azione del governo”. Hong Kong, ha notato, è “parte inalienabile della Repubblica popolare e ha le responsabilità costituzionali di approvare una legge in linea con l’articolo 23 della Basic Law”. Sull’azione di Pechino che salta la LegCo, Leung ha osservato che la Cina sta “esercitando i suoi poteri costituzionali” sulla vicenda. “Credo non vogliano più tollerare la situazione e di conseguenza puntino a rendere esecutivo il sistema legale per aiutare Hong Kong con questo appiglio sulla sicurezza nazionale”.

L’appello di Taiwan alla Cina

Il governo di Taiwan chiede alla Cina di evitare “grandi turbolenze” a Hong Kong dopo la proposta sulla nuova legislazione per rafforzare la sicurezza nazionale sull’ex colonia e stroncare nuove e possibili proteste. Il Consiglio per gli affari continentali di Taipei, in una nota, ha definito “sbagliato” il comportamento del Partito comunista di incolpare le influenze esterne e “i separatisti dell’indipendenza di Hong Kong” per l’instabilità nella città, sottolineando le ripercussioni sugli assetti regionali. La norma è destinata a scuotere alle fondamenta il modello “un Paese, due sistemi”, che regola attualmente i rapporti tra Hong Kong e Pechino, e a creare altra tensione nell’ex colonia con un nuovo round di prevedibili proteste del fronte anti governativo e pro democrazia.

Manuela Petrini: