Ricorre oggi, 27 giugno, il 37mo anniversario della strage di Ustica, che nella coscienza del Paese è “una ferita sempre aperta”. Resta il “costante impegno” affinché “siano compiutamente accertate le responsabilità e vengano ricostruite in modo univoco le circostanze e il contesto che provocarono così tante morti innocenti”. Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si rivolge in un messaggio in occasione della ricorrenza, sottolineando che “alla domanda di giustizia le istituzioni hanno il dovere di dare risposta, percorrendo fino in fondo la strada della verità, percorrendo fino in fondo la strada della verità e facendo onore alla professionalità e alla dedizione di uomini dello Stato che sono riusciti ad aprire questo cammino superando ostacoli e difficoltà”. “Altri passi – conclude – potranno essere compiuti, nella auspicabile collaborazione con istituzioni di paesi amici, affinché la memoria di quanto avvenuto nel cielo di Ustica rafforzi la solidarietà e la speranza di quanti operano per il trionfo delle ragioni dello stato di diritto”.
Il telegramma alle famiglie delle vittime
Alla vigilia della ricorrenza, Mattarella ha invito un telegramma a Daria Bonfietti, presidente dell’associazione familiari delle vittime della strage di Ustica: “Alla domanda di giustizia le Istituzioni hanno il dovere di dare risposta, percorrendo fino in fondo la strada della verità e facendo onore alla professionalità e alla dedizione di uomini dello Stato che sono riusciti ad aprire questo cammino superando ostacoli e difficoltà”, ha scritto il Presidente.
Gli appelli per la verità
“Vogliamo che gli appelli a far luce su quanto accadde quella notte non restino facile retorica, ma si traducano in risultati concreti ed evitino di delegittimare i risultati consolidati nei giudizi penali di ogni ordine e grado”. E’ l’Associazione per la verità su Ustica a rivolgere un nuovo appello al Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, sottolineando di aver “di recente appurato che l’Italia non ha mai presentato all’Icao, l’agenzia dell’Onu che sovrintende all’aviazione civile mondiale, il rapporto finale sulle cause della distruzione del Dc-9. Si tratta di un atto richiesto dalle convenzioni internazionali, che vede l’Italia inadempiente. Più che chiedere di conoscere a chi spetti colmare la lacuna e perché a ciò’ non si sia provveduto, riteniamo necessario sottolineare la necessità di fare chiarezza su un evento cosi’ drammatico”.
Gli aspetti da chiarire
A 37 anni dalla tragedia, molti aspetti del disastro non sono stati ancora chiariti. Nel corso degli anni si è parlato di coinvolgimento francese, libico e statunitense, di collisione con un aereo militare, di un cedimento del mezzo e di un attentato terroristico. La strage fu rivendicata, subito dopo, dal gruppo neofascista dei Nuclei armati rivoluzionari, ma per i giudici si trattò di un vero e proprio depistaggio operato dal cosiddetto Super Sismi, formatosi all’interno dei servizi segreti militari.
Rendere pubblica la documentazione
Nell’appello si rileva che “gli esiti del processo penale hanno infatti recepito la perizia tecnica d’ufficio sottoscritta da 11 dei maggiori esperti mondiali di aviazione, che identificò senza alcun dubbio la causa della perdita del Dc-9 Itavia nella esplosione di una bomba nella toilette di bordo. Tale perizia è diffusamente accettata in tutto il mondo e non e’ mai stata smentita in giudizio, al contrario delle 29 fantasiose ipotesi che si sono succedute negli anni. La sua mancata ufficializzazione appare tanto più improvvida oggi che gli attentati terroristici agli aerei di linea sono una minaccia costante”. Dunque, scrivono ancora familiari delle vittime, militari ed esperti aeronautici, “le sentenze penali, passate in giudicato da tempo, hanno stabilito che non vi fu alcuna battaglia aerea, che non vi fu alcun missile e che le narrazioni giornalistiche sono materiale per romanzi di spionaggio sui quali non è possibile fondare sentenze. Hanno inoltre stabilito che non vi furono né depistaggi né comportamenti infedeli da parte dei vertici dell’Aeronautica Militare. Le sentenze civili che hanno accolto l’ipotesi del missile lo hanno fatto non solo applicando criteri di prova meno stringenti, ma soprattutto perché lo Stato non ha prodotto in giudizio le sentenze penali, lo ha fatto in ritardo e non ha in genere difeso l’impegno rigoroso dei giudici penali. Per questo i cittadini italiani, che hanno già versato 62 milioni di euro per il doveroso indennizzo ai familiari delle vittime, dovranno pagare altri 300 milioni di euro di risarcimento alla societa’ Itavia ed altri, sulla base di un’ipotesi che non ha mai superato il vaglio dibattimentale”. Su questo, si legge ancora nell’appello a Gentiloni, “potrebbero gettare nuova luce carte che, nonostante il presidente del Consiglio Matteo Renzi avesse annunciato di aver tolto il segreto di Stato su tutta l’enorme mole di documentazione dell’inchiesta su Ustica, restano ancora coperte da segreto e non divulgabili. Associandoci a quanto deliberato dal Senato il 6 aprile 2017, in questo 37esimo anniversario – concludono i firmatari del documento, rivolgendosi a Gentiloni – le chiediamo di voler rendere pubblica quella documentazione che abbiamo motivo di ritenere sgombererebbe il campo voci, falsità e manipolazioni che hanno creato sul caso Ustica un immaginario collettivo totalmente fuorviante”.