La voce degli ultimi

martedì 19 Novembre 2024
14 C
Città del Vaticano

La voce degli ultimi

martedì 19 Novembre 2024

UNA GIGANTESCA COLATA DI CEMENTO DIVORA LE COSTE ITALIANE

Le coste italiane sono sempre più soffocate dal cemento. Secondo il “Rapporto sul Consumo del Suolo 2015” dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, presentato a Milano durante il convegno collaterale ad Expo 2015 “Recuperiamo terreno”, circa il 20% del nostro litorale è ormai irrimediabilmente perso. E’ stato impermeabilizzato il 19,4% di suolo compreso tra 0 e 300 metri di distanza dalla costa e quasi e il 16% compreso tra i 300 e i 1.000 metri. Spazzati via anche 34.000 ettari all’interno di aree protette, il 9% delle zone a pericolosità idraulica e il 5% delle rive di fiumi e laghi. Il cemento è davvero andato oltre invadendo persino il 2% delle zone considerate non consumabili: montagne, aree a pendenza elevata, zone umide (guarda il video). Secondo lo studio l’Italia del 2014 perde ancora terreno, anche se più lentamente: le stime portano al 7% la percentuale di suolo direttamente impermeabilizzato (il 158% in più rispetto agli anni ’50) e oltre il 50% il territorio che, anche se non direttamente coinvolto, ne subisce gli impatti devastanti. Rallenta la velocità di consumo, tra il 2008 e il 2013, e viaggia ad una media di 6-7 mq al secondo. Le nuove stime confermano la perdita prevalente di aree agricole coltivate (60%), urbane (22%) e di terre naturali vegetali e non (19%). Stiamo cementificando anche alcuni tra i terreni più produttivi al mondo, come la Pianura Padana, dove il consumo è salito al 12%. Ancora, in un solo anno, oltre 100.000 persone hanno perso la possibilità di alimentarsi con prodotti di qualità italiani.

Le nuove stime Ispra “confermano la perdita prevalente di aree agricole coltivate (60%), urbane (22%) e di terre naturali vegetali e non (19%)”. Stiamo cementificando anche “alcuni tra i terreni più produttivi al mondo, come la Pianura Padana, dove il consumo e’ salito al 12%”. Ancora, in un solo anno, “oltre 100.000 persone hanno perso la possibilità di alimentarsi con prodotti di qualità italiani”. Sono le periferie e le aree a bassa densità le zone in cui il consumo è cresciuto più velocemente. Le città continuano ad espandersi disordinatamente (sprawl urbano) “esponendole sempre di più al rischio idrogeologico”.

Esistono province, come Catanzaro, dove oltre il 90% del tessuto urbano è a bassa densità. Nella classifica delle regioni “più consumate”, si confermano al primo posto Lombardia e Veneto (intorno al 10%), mentre alla Liguria vanno le maglie nere della copertura di territorio entro i 300 metri dalla costa (40%), della percentuale di suolo consumato entro i 150 metri dai corpi idrici e quella delle aree a pericolosità idraulica, ormai impermeabilizzate (il 30%). Tra le zone a rischio idrogeologico è invece l’Emilia Romagna, con oltre 100.000 ettari, a detenere il primato in termini di superfici. Monza e Brianza, ai vertici delle province più cementificate, raggiunge il 35%, mentre i comuni delle province di Napoli, Caserta, Milano e Torino oltrepassano il 50%, raggiungendo anche il 60%. Il record assoluto, con l’85% di suolo sigillato, va al piccolo comune di Casavatore nel napoletano.

Fino al 2013, il valore pro-capite ha segnato un progressivo aumento, passando dai 167 metri quadri del 1950 per ogni italiano, a quasi 350 metri quadri nel 2013. Le stime del 2014 mostrano una lieve diminuzione, principalmente dovuta alla crescita demografica, arrivando a un valore pro-capite di 345 metri quadri, segnala sempre Ispra. Le strade rimangono una delle principali causa di degrado del suolo, rappresentando nel 2013 circa il 40% del totale del territorio consumato (strade in aree agricole il 22,9%, urbane 10,6%, il 6,5% in aree ad alta valenza ambientale). L’Ispra ha anche effettuato una prima stima della variazione dello stock di carbonio, dovuta al consumo di suolo. “In 5 anni (2008-2013), sono state emesse 5 milioni di tonnellate di carbonio, un rilascio pari allo 0,22% dell’intero stock immagazzinato nel suolo e nella biomassa vegetale nel 2008”. Senza considerare gli effetti della “dispersione insediativa, che provoca un ulteriore aumento delle emissioni di carbonio (sotto forma di CO2), dovuto all’inevitabile dipendenza dai mezzi di trasporto, in particolare dalle autovetture”.

ARTICOLI CORRELATI

AUTORE

ARTICOLI DI ALTRI AUTORI

Ricevi sempre le ultime notizie

Ricevi comodamente e senza costi tutte le ultime notizie direttamente nella tua casella email.

Stay Connected

Seguici sui nostri social !

Scrivi a In Terris

Per inviare un messaggio al direttore o scrivere un tuo articolo:

Decimo Anniversario