Di fronte alle camere riunite in seduta comune le massime cariche della Repubblica hanno celebrato il 60esimo anniversario dei Trattati di Roma, in vista della ricorrenza del 25 marzo. Tutte presenti le forze politiche, a parte la Lega, che ha disertato l’evento, dando luogo a un sit in di protesta contro Bruxelles fuori da Montecitorio.
La prima a prendere la parola è stata la presidente della Camera, Laura Boldrini, che ha definito l’Ue “un modello esemplare per il mondo intero per quanto riguarda i diritti fondamentali della persone e per la democrazia”. Non ci si può quindi “rassegnare a una narrazione negativa che vede nell’Europa il capro espiatorio”. Anche perché la fine dell’Ue “condannerebbe il continente all’irrilevanza. La sicurezza dei nostri cittadini si realizza con il rafforzamento dell’unione non con la sua disgregazione”.
La Brexit, in tutto questo, rappresenta un momento doloroso che “dobbiamo però considerare non come il tramonto del progetto europeista, ma come un’altra battuta d’arresto rispetto a cui dobbiamo reagire. E reagire riprendendo con coraggio e convinzione quel cammino“. Tutte le crisi, ha aggiunto, “sono soprattutto occasioni di cambiamento. E il 60° anniversario dei Trattati di Roma deve rappresentare l’avvio di un cambiamento”.
La crisi economica, ha concluso Boldrini, “ha colpito pesantemente i nostri Paesi. Sono cresciute la disoccupazione, le diseguaglianze sociali e le fasce di povertà. E le politiche restrittive con le quali le istituzioni europee e gli Stati membri hanno scelto di rispondere alla crisi non hanno certo alleviato questi problemi. Ma a questo si reagisce con un cambiamento nella politica economica, non prospettando un ritorno al protezionismo nazionale. Più Europa sociale, questa è la priorità. Che significa più investimenti per la crescita e per l’occupazione“.
Significativo anche l’intervento del presidente Pietro Grasso. “Credo che sia comune a molti la convinzione che, di fronte alle sfide interne ed esterne cui dobbiamo tutti rispondere – ha sottolineato – il lungo cammino dell’integrazione non possa arrestarsi e che è necessario adesso un nuovo slancio, fondato sulla cooperazione rafforzata in certe materie condivise e nell’attuazione di politiche il più possibile unitarie. In gioco sono il futuro del continente e gli equilibri geopolitici globali”.
Serve, ha proseguito, “un vero, profondo dibattito pubblico europeo i cui attori naturali sono le assemblee rappresentative, le istituzioni in cui gli interessi, i diritti e le ambizioni dei cittadini trovano rappresentanza, tutela e ascolto. Penso che il dibattito debba avvenire nei Parlamenti nazionali, fra loro e in seno al Parlamento Ue”
Nei prossimi giorni, “i governi dovranno discutere al Vertice di Roma della strada da percorrere per proseguire nel cammino comune. Io credo che la chiave del futuro sarà nella determinazione a procedere con solidarietà e coesione, senza lasciare solo nessuno, ma anche senza frustrare le ambizioni e l’impegno di chi vuole più Europa in certe aree perché nella storia europea le ambizioni delle donne e degli uomini più visionari e coraggiosi hanno sempre portato progresso, democrazia e libertà per tutti”. Obiettivo prioritario “è il rafforzamento democratico dell’Unione, che può riavvicinare le persone all’Europa e consolidare la loro consapevolezza e percezione della propria cittadinanza europea, che è “la garanzia maggiore della continuità dell’Unione molto più degli intendimenti dei governi o delle opinioni dei commentatori”.
In chiusura l’intervento del presidente della Repubblica. “Oggi – ha detto Mattarella – l’Europa appare quasi ripiegata su se stessa. Spesso consapevole, nei suoi vertici, dei passi da compiere, eppure incerta nell’intraprendere la rotta. Come ieri, c’è bisogno di visioni lungimiranti, con la capacità di sperimentare percorsi ulteriori e coraggiosi. Capovolgendo l’espressione attribuita a Massimo d’Azeglio verrebbe da dire: ‘Fatti gli europei è ora necessario fare l’Europa’. Sono le persone, infatti, particolarmente i giovani, che già vivono l’Europa, ad essere la garanzia della irreversibilità della sua integrazione. Verso di essi vanno diretti l’attenzione e l’impegno dell’Unione”. La spinta all’unità, ha aggiunto, “si è sempre rivelata, comunque, più forte degli arroccamenti e delle puntigliose distinzioni pro-tempore di singoli governi o di gruppi di Paesi, giocando un ruolo significativo anche nel contributo alla evoluzione delle relazioni internazionali”. L’Europa “non può permettersi di rinviare gli appuntamenti con la storia, quando essi si presentano, né possono prevalere separatezze e, tantomeno, amputazioni. Va, piuttosto, praticata e accresciuta la vicendevole responsabilità, la solidarietà nei benefici e negli oneri”. Costruire il futuro, ha proseguito, “richiede all’Italia e all’Europa ogni possibile risorsa, una straordinaria unità d’intenti e una solida fiducia nei valori fondanti del processo di integrazione. Non impossibili ritorni a un passato che non c’è più, non muri che scarichino i problemi sugli altri senza risolverli, bensì solidarietà fra Paesi, fra generazioni, fra cittadini che condividono una stessa civiltà“. Ogni qual volta “abbiamo – singolarmente o collettivamente – dimenticato questa spinta ideale, abbiamo contribuito – ha detto ancora – a trasformare un grande progetto politico in un programma tecnico-burocratico nel quale i cittadini europei stentano, talvolta, a riconoscersi. La congiuntura economico-finanziaria ha lacerato il tessuto sociale dei nostri Paesi, mentre, alle nostre porte, instabilità diffusa e fenomeni di portata epocale hanno messo in crisi la capacità dell’Europa di rispondere alle aspettative dei suoi cittadini”.