Il totonomine fa da sfondo alla consultazione europea mentre si tirano le somme sull'assegnazione dei seggi. L'ondata sovranista, alla fine, c'è stata, sia pur a macchia di leopardo e questo le impedirà, con ogni probabilità, di incidere sugli scenari futuri. Un problema con cui dovrà confrontarsi, nei prossimi mesi, anche l'Italia.
La partita
Sia pur mutata, la geografia dell'Europarlamento di Strasburgo resta grosso modo quella, con i partiti tradizionali destinati a farla da padrone quando si tratterà di scegliere il nome di chi occuperà le poltrone più ambite; quelle che muovono i processi decisionali e, quindi, finiscono col l'influenzare le scelte dei governi nazionali, in particolare in ambito economico. E' lì che si gioca la partita più importante. Ma un'Italia che esprime, come partito di maggioranza, una Lega fuori dalle principali “famiglie” politiche europee (Ppe, Liberali e Socialisti), quante possibilità ha di vincerla? E' questa la domanda che occorrerà porsi a partire da oggi.
Cariche
Il nostro Paese, sinora, occupa tre posizioni chiave: Bce (Mario Draghi), presidenza dell'Europarlamento (Antonio Tajani) e Politica estera e sicurezza comune (Federica Mogherini). Cariche destinate a scadere per decorrenza dei termini – è il caso del presidente della Banca centrale – o perché legate alla durata di una legislatura (gli altri).
La richiesta
All'esito dell'incontro con il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, il premier Giuseppe Conte ha reclamato per l'Italia “un ruolo primario” nel processo di nomine “dei vertici istituzionali dell'Ue” che verrà avviato con il vertice informale dei leader europei previsto per oggi. Questo, si legge nella nota di Palazzo Chigi, in quanto “Paese fondatore dell'Unione europea, terzo Paese dell'Euro-zona e secondo Paese manifatturiero d'Europa“. Due giorni prima del voto – quando ha visto Tusk – Conte, insomma, ha quasi messo le mani avanti, ponendo sul piatto della bilancia il peso “storico” dell'Italia piuttosto che quello politico.
Obiettivo
Oggi, con l'Italia fuori dai giri che contano, il rischio di un isolamento del nostro Paese esiste. Qualcosa si capirà quando si comincerà a parlare di commissari europei. All'Italia ne spetta uno di diritto e a esprimerlo – in virtù dei mutati rapporti di maggioranza – sarà la Lega. Matteo Salvini, sul punto, è stato chiarissimo: “Chiederemo un commissario di economia e non certo di filosofia: commercio, agricoltura o concorrenza. E come Lega avremo una chance in più di avere una voce in più”. Ma quali resistente incontreranno queste richieste? E' questo il punto. Sulla sua strada, infatti, il nostro Paese incontrerà un presidente di Commissione espressione della maggioranza conservatrice (Ppe più Liberali), sulla scia di Jean Claude Juncker. I margini di manovra – tanto sulla scelta di un commissario che si occupi di temi economici – quanto sulla stessa politica economica saranno minimi.
Perimetro
A oggi le linee guida seguite dall'Ue sul fronte nomine riguardano il criterio geografico, quello delle famiglie politiche e quello dei “candidati di punta” (Spitzenkandidat). In questo perimetro l'Italia dovrà condurre i suoi negoziati, consapevole che un ridimensionamento (sia pur minimo) della sua presenza ai vertici delle istituzioni europee è pressoché scontato. Nell'ambito di trattative da condurre abbassando i toni della campagna elettorale sarà, allora, fondamentale anche individuare candidati non italiani che possano far comodo alla causa. Sarebbe già un ottimo risultato.