“Quella del foggiano non è una mafia di serie B”. Lo ha affermato il procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti, intervenuto in merito alla strage di San Marco in Lamis (avvenuta ieri) alla trasmissione radiofonica “6 su Radio 1”, durante la quale ha invitato a non incorrere nell’errore di considerare quella pugliese come una forma minore di criminalità organizzata. Questo perché, in quest’area del tacco d’Italia, le faide vanno avanti da 30 anni e, nell’80% dei casi, sono rimaste impunite: “Purtroppo la criminalità pugliese e in particolare questa efferatissima forma di criminalità foggiana, è stata considerata troppo a lungo una ‘mafia di serie B’, meno pericolosa e meno efferata della ‘ndrangheta, di cosa nostra e della camorra napoletana”.
Roberti: “Bisogna fare di più”
Un’attività criminale ben radicata, quella della cosiddetta “mafia foggiana”, affiliata ai camorristi campani e, da anni impegnata, in una faida che, nel tempo, ha portato a circa 300 omicidi: “Oggi – ha spiegato ancora Roberti – lo scontro si è acceso attorno al traffico di stupefacenti, in particolare di droghe leggere dall’Albania. Un affare colossale che scatena gli appetiti dei clan e che investe, partendo dal foggiano, tutta la dorsale adriatica fino all’Europa”. Una situazione che ha portato a un rafforzamento delle strutture investigative sul territorio e all’apertura di una sezione del Ros a Foggia: “Naturalmente bisogna fare di più, anche sul piano della cooperazione internazionale per frenare i fiumi di droghe leggere che arrivano dall’Albania perché sono quelli che stanno scatenando la faida… Bisogna vincere l’omertà e per farlo bisogna creare una cultura della legalità che in quel territorio è ancora molto latente”.
Il meglio delle risorse investigative contro la criminalità
L’agguato di San Marco in Lamis aveva come obiettivo il boss Mario Luciano Romito (50 anni), freddato assieme a suo, cognato Matteo De Palma (44). Con loro, sono stati uccisi anche due contadini, Luigi e Aurelio Luciani (47 e 43), inseguiti e assassinati in quanto testimoni involontari: una strage che ha destato scalpore per la sua brutale violenza, indirizzata anche nei confronti dei malcapitati agricoltori che passavano di lì per caso, massacrati a colpi di kalashnikov: “Nell’ultimo processo importantissimo che si è celebrato a Foggia – ha detto ancora il Procuratore -, condotto dalla Procura Distrettuale di Bari per una catena enorme di estorsioni, purtroppo non si è registrata la partecipazione della società civile. Il Comune di Foggia non si è nemmeno costituito parte civile del processo e questo è un segnale estremamente negativo che va stigmatizzato”. Per avere collaborazione, ha sostenuto Roberti, è necessario “dimostrare che si incide efficacemente con le indagini e per questo servono più presidi di polizia, più professionalità nelle forze di polizia. Bisogna mandare in quel territorio il meglio delle professionalità investigative… non c’è dubbio che il contrasto alla criminalità foggiana sia una priorità assoluta e allora bisogna mettere in campo il meglio delle risorse”.